La prima volta che ho ascoltato Elisa è stata durante una trasmissione su RAI 3, in un programma in cui Caterina Caselli si proponeva come talent scout.
Elisa a quel tempo non era ancora maggiorenne, ma già mostrava pienamente il suo talento; cantava le sue canzoni in inglese e, pur non comprendendo le parole, le sue interpretazioni andavano oltre.
Fortunatamente nella musica sono in tanti i talenti creativi che riescono a introdurre in ambiti sospesi, attraverso melodie che costituiscono sintesi di sensazioni, sentimenti, che riescono, come detto ad andare oltre, a penetrare l’anima.
Da Battiato a Paoli, da De Gregori a De Andrè, da Dalla a Guccini, per non parlare del combinato Mogol/Battisti, sono già moltissimi gli esempi italiani di cantautori con caratteristiche simili ad Elisa e i citati sono alcune delle vette di iceberg comparabili al riguardo.
Così come nelle generazioni si sono succedute diversificate genialità palesatesi eccelse in vari campi, ogni forma artistica ha visto un turbinio di soggetti che hanno avuto occasione di manifestare il loro talento, lasciandone tracce.
Con i quattro termini “m’illumino d’immenso” Ungaretti ha lasciato un messaggio d’intensità che non presenta confini. John Lennon, dal canto suo, con la sua straordinaria melodia di “imagine” ha musicato una poesia utopica sull’obiettivo supremo dell’esistenza umana.
Se provassimo a pensare a quante generazioni si sono succedute nelle sequenze esistenziali, ovviamente relazionandole ai loro tempi, emergerebbe una folla di geni (manifesti, riconosciuti, compresi, incompresi) che hanno saputo illuminare l’avventura umana. Con tutti i possibili pregi e difetti derivati o ad essi collegati.
Anche in un campo artistico relativamente giovane, quale quello costituito dalla fotografia, sono moltissimi gli esempi di coloro che, ottimizzando l’utilizzo del mezzo disponibile per lo scopo, sono riusciti a illustrare e a raccontare fissando, su una pellicola sensibile prima o su pixel adesso, la luce.
Ciascuno di noi, assecondando i gusti, la sensibilità e il proprio bagaglio culturale, sarà facilmente in grado di crearsi una scala di valori, distinguendo tra i vari autori; ma è sufficiente accedere ad internet per constatare quante centinaia di migliaia di personaggi e relativi scatti vengono proposti. Questo interrogando con la sola parola fotografie o fotografi.
Si vedrà anche qui un crescendo temporale legato alla democratizzazione del fenomeno, prima prerogativa quasi esclusiva per pochi agiati, anche per la non indifferente incidenza dei costi da dover sostenere, e oggi accessibile a tutti tramite l’utilizzo di un semplice cellulare, alla portata di tutti.
Al riguardo sbaglia chi denuncia e lamenta un’eccessiva produzione o enfatizza utilizzi a mo’ di giocattolo (selfie) dello strumento. Le quantità pur producendo per lo più tanta spazzatura non impedisce, infatti, l’emergere di talenti.
È pur vero che anche l’indole mercantile presente in ogni essere umano contribuisce ad inquinare qualità. Per lo più attraverso l’attività di critici e galleristi che pilotano tendenze e mode per evidenti tornaconti economici o aspettative di glorie, ma questo rappresenta un altro capitolo e costituisce un’altra storia.
Dopo questa lunga premessa veniamo però al dunque di questo articolo, ovvero accingiamoci a concentrarci su un determinato scatto e a disquisire sui tanti aspetti della fotografia prodotta.
L’immagine che in questo caso si viene a proporre è una foto in bianco e nero che, nella sua semplicità compositiva, può ben rappresentare una sintesi estrema di simboli e concetti,
Il ballo che ne è ritratto rappresenta quello di una coppia, ma potrebbe pure riferirsi ad uno degli incontri che il lui o il lei (e comunque importa poco il genere) viene a intrattenere con i propri simili in ogni attimo dell’esistenza.
Le figure, volutamente mosse e forse un po’ sfocate, vogliono rappresentare il fluttuare o il turbinio (scelga autonomamente l’osservatore) del suo rapporto con gli altri.
Paradossalmente si potrebbe intendere anche come un ballare da soli, pur ritrovandosi con tanti soggetti immersi in una affollata sala.
In ogni caso chi ha la fortuna di nascere e vivere l’avventura della vita si troverà a dover ballare nei meandri più nascosti d’ambienti che andranno a costituire il proprio mondo. Dopo il primo vagito, si cerca di capire e di adattarsi a ogni possibile ballo.
Nell’immagine, il bianco e nero scelto dall’autore per il suo racconto introduce anche alla nebulosa atmosfera dell’onirico, mescolando il reale con fantasie e ricordi.
La musica, che non è ovviamente udibile, in verità c’è; sottintesa e ciascuno potrà sentire il suo brano.
Conseguenzialmente individuare il ritmo del ballo, convenzionale, codificato o legato a una estemporaneità coreografica del momento che rimane pure esso interpretabile, secondo l’umore e la predisposizione del momento.
La fotografia che è stata scelta come esempio potrà anche essere intesa e, quindi, essere letta in vari modi. Come un auspicio o come documento che racconti il momento di un vissuto. Altresì come un’attesa o un desiderio agognato insito al momento creativo dell’autore. In ultimo anche come un epitaffio rappresentativo di un’intera esistenza.
In qualsiasi di questi casi i colori non occorrono per enfatizzare l’idea, per il semplice fatto che ogni scelta resta personalizzata ed ognuno sarà in grado di selezionare i propri; non trascurando che anche il bianco e nero presentano delle gradazioni interne, fatte d’infiniti grigi che, comunque, rientrano anch’essi nella gamma intera dei miliarrdi di colori possibili.
Buona luce a tutti!
grande Toti..sempre