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Bankitalia a Milano

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Siamo alle solite, i dipendenti dell’istituto di emissione sono strapagati e sono in gran parte fruitori di ottime carriere. Dicono le cronache, con malcelata insofferenza populista. E’ ricorrente questo mantra, tipico di un certo provincialismo. Solletica gli istinti rivendicazionisti del popolo sovrano a cui si contrappongono disquisizioni a difesa sul sesso degli angeli, quali l’alta qualità del tutto, la media di Trilussa (un classico tra i classici) e il merito nazionale.

Bankitalia, Nun te regghe chiù. Sembra che venga da dire a molti, prendendo a prestito ia frase da una nota canzone di Rino Gaetano.

La questione è un’altra. I dipendenti meritano siffatte retribuzioni rispetto a quello che Bankitalia è chiamata oggi a svolgere come istituzione? O prevale, il motto italico del tengo famiglia dei sindacati che parlano di “noi mortali” colpiti dalla vita rincarata.

E’ innegabile che la Banca molte e altolocate mansioni le ha perse nel corso degli anni, molte filiali sono state chiuse e altre lo saranno a breve, le banche si sono ridotte di numero e le più grandi sono passate sotto la vigilanza della BCE, il personale si è ridotto di diverse centinaia di unità e l’educazione finanziaria non basta da sola a risalire la china delle tante funzioni istituzionali volate a Francoforte. E’ l’Europa e l’automazione, bellezza! Anche se la qualità è sempre di prim’ordine. Guai a dubitarne.

Vediamo come negli ultimi mesi si sono palesati i vertici nella più importante location della Banca a Milano, città da loro giudicata non più locomotiva economica del paese. E meno male che “dal sen non è fuggita la voce” che la città non sarebbe nemmeno più la capitale morale d’Italia. Apriti cielo!

A tale proposito, è però da segnalare la pesante incazzatura del Governatore della Regione Lombardia Attilio Fontana per via che qualcuno si è permesso di dire che l’economia lombarda non è poi così florida e non traina più il resto del paese.

Se Bankitalia ha dichiarato che la ‘Lombardia non è più la locomotiva d’Italia’, come titolano tutti i media nazionali, siamo di fronte a una affermazione che ha davvero dell’incredibile. Se, invece, è così, ci dicano chi è il nuovo motore trainante dell’Italia, in grado di garantire 56 miliardi di residuo fiscale all’anno al Paese”.

E Fontana ha così continuato:

“Mi auguro, ma soprattutto se lo augurano i lombardi, che Bankitalia chiarisca al più presto. La Lombardia – ha aggiunto il governatore – è una delle regioni più competitive d’Europa, il territorio che attrae in assoluto più investimenti dall’estero e che produce il 26% dell’export italiano ogni anno. Dati oggettivi che confermano la nostra capacità di essere leader economico d’Italia e a livello internazionale”.

Accidenti, si direbbe come si sono permessi il Dr. Gobbi – capo della Sede milanese – e i suoi economisti milanesi a formulare cotanta “offesa”.

Come riportano MilanoToday e altre testate giornalistiche, “La Lombardia non è più la locomotiva d’Italia – ha detto Giorgio Gobbi, direttore della sede milanese di Bankitalia -. La capacità di rimanere locomotiva dipende dai progetti innovativi. In assenza di innovazione, si perde competitività, soprattutto sui mercati esteri”

Insomma dobbiamo capire la portata di tale affermazione che se non fosse una tempesta in un bicchier d’acqua porterebbe da sola alla rimozione di un Direttore che si è fatto suggestionare troppo da qualche voce della politica, senza portare dati adeguati a sostegno. Un doppio errore di opportunità e di analisi, se questa non è l’interpretazione giusta della metafora ferroviaria.

Nel suo discorso di saluto a Visco, Panetta ricordo’ la prassi del suo predecessore (e forse anche la sua) dei double checks, dei doppi controlli su tutto quello che usciva dalla Banca d’Italia. Ci sono venuti in mente tanti ricordi in chi per anni ha subito e praticato la nobile arte del double check. Il quale metodo ha implicito un altro effetto: quello di concentrarsi solo su certi aspetti delle situazioni, senza ricordarne altri (ad esempio le tante crisi bancarie avvenute negli anni di quel Governatorato).

Sempre a Milano va in scena il governatore Panetta con una lectio magistralis alla Bocconi sull’inflazione (aspettative comprese), molto dotta e corredata da tabelle e grafici. Eppure molti di noi si aspettano dall’illustre oratore una qualche valutazione sulla situazione economica del paese: andrà in recessione oppure no? Silenzio! silenzio anche sulla incazzatura del governo regionale sul caso in questione. La quale ha forse interrotto la burning fever che anima i vertici, ispirati a una minor dose di centralismo e a una maggior dose di vicinanza ai poteri locali, in primis le regioni, che, però, a giudicare dalla partecipazione alle ultime elezioni regionali, interessano sempre meno il popolo italiano, a parte le incazzature pure sempre possibili?

Che dire, infine a mo’ di conclusioni? Questo breve articolo è di sicuro incompleto, ma non soffre di imparzialità. Dall’esterno le cose si vedono meglio che dall’interno. Che le cose stessero così lo avevamo capito dalla volontà del neo governatore di Bankitalia di stupirci, lui che pure rappresenta la continuità senza tante scosse.

Ma forse Milano non val bene una messa.

 

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