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Economia della castagna

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Castagna: Frutto del castagno, pianta appartenente al genere Castanea (famiglia delle Fagacee). Questo genere raggruppa diverse specie: la più importate, dal punto divista frutticolo e forestale è il Castagno comune (Castanea sativa), diffuso in Europa. Il Castagno comune è coltivato da tempi antichissimi. Attualmente la sua area di diffusione comprende l’Europa (ad eccezione delle zone più settentrionali), la Turchia, il Caucaso, le coste del Marocco, dell’Algeria, della Tunisia.

Il Castagno è una pianta che raggiunge età pluricentenarie e grandi dimensioni. Il suo portamento slanciato nei soggetti giovani, diventa globoso e espanso col passare degli anni. Il troco è tozzo, con corteccia grigia e liscia negli stadi giovanili, in seguito scura e profondamente fessurata in senso verticale. L’apparato radicale è superficiale. I rami sono dritti e flessibili. Le foglie sono grandi, lanceolate e appuntite, con bordi dentati, di consistenza coriacea.

Castagneto da frutto durante la fioritura

La specie è monoica, cioè con fiori maschili e femminili distinti e presenti sulla medesima pianta. I primi sono raggruppati in amenti lunghi 15-20 cm, che si originano dai germogli dell’anno. Ogni fiore presenta un perigonio esamero e 8-10 stami: questi possono a volte essere parzialmente o totalmente atrofizzati (maschiosterilità). Gli amenti sono detti unisessuali quando hanno unicamente fiori maschili, o bisessuali quando recano alla loro base le infiorescenze femminili, solidamente in numero di 2-3.Ognuna di queste è composta di 3 fiori e da origine all’infiorescenza (riccio) contenente i frutti. La fioritura avviene nei mesi di giugno-luglio. Il trasporto del polline dagli stami agli stili è operato dal vento e dagli insetti impollinatori, chiamati anche pronubi. L’ autofecondazione è possibile, ma a motivo della frequente scarsità di polline dimolte varietà coltivate è necessaria la fecondazione incrociata per raggiungere una buona fruttificazione. I frutti (castagne) sono acheni racchiusi in unriccio spinoso deiscente a maturità.

Essi hanno un pericarpio coriaceo, liscio, di colore variabile dal marrone al rossiccio, sovente striato. La polpa, di colore bianco crema o giallastra, è sovente divisa in porzioni irregolari da setti membranacei. Alla maturazione che avviene tra settembre e novembre, il riccio si apre spontaneamente lasciando fuoriuscire i frutti.

Il Castagno ama i climi temperati, freschi, con piovosità ben distribuita. Resistente ai freddi invernali, teme invece i lunghi periodi caldi e asciutti. La specie ha bisogno luce abbondante. Il tipico habitat del castagno in Italia è costituito da rilievi alpini e appenninici fino ad un’altezza di 1000 m sul mare. I terreni migliori per il castagno sono quelli silicei, permeabili bruschi e fertili, a reazione acida o neutra; sono del tutto inadatti, invece, i terrei compatti e asfittici o eccessivamente aridi, e quelli ricchi di calcare.

Le varietà coltivate sono numerosissime e in molti casi ne è difficile l’identificazione, dati i frequenti di sinonimia. La caratteristica maggiormente considerata nel valutare le diverse varietà di Castagni è il frutto da esse fornito: le castagne possono infatti differenziarsi notevolmente per forma e dimensioni. Tra le castagne di maggior pregio ricordiamo i marroni, che rappresentano una categoria di frutti a grossa pezzatura e privi di setti interni (Marrone fiorentino, Marrone di Avellino, Marrone di Chiusa Persio, Marrone Buono); tra le castagne vere e proprie, ossia dotate di setti interni e solidamente più piccole dei marroni, sono da citare la Marrubia e la Ruiana, piemontesi, la Carpinese o Carrarese, la Pistolese e la Raggiolana della Toscana, la Castagna di Montella (Avellino). Esistono infine, varietà ottenute in Francia per ibridazione.

I Paesi Europei principali produttori di castagne sono Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia; la produzione nazionale, proviene in gran parte dalle province di Salerno, Cuneo, Avellino, Cosenza, Caserta, Catanzaro, Viterbo.

Tecnica colturale. Il castagno da frutto viene propagato di norma per innesto su semenzali che si ottengono facilmente dalle castagne seminate in febbraio-marzo, previa stratificazione. Tipo di innesto usato è quello ad anello, a zufolo a corona su soggetti di 3-5 anni o a doppio spacco inglese su soggetti di un anno. Frequentemente si pratica l’innesto su piante già poste a dimora. I castagneti tradizionali sono costituiti da piante allevate ad alto fusto disposte a notevoli distanze fra loro (12-15 m e più); in essi salvo poche eccezioni non si compiono regolari pratiche colturali come potature, concimazioni, trattamenti antiparassitari.

L’avvento in Europa delle due gravissime malattie crittogamiche, il mal dell’inchiostro e il cancro corticale ha decimato i castagneti da frutto quasi dovunque. Anche lo spopolamento di molte zone montane ha contribuito al contrarsi di questa coltura. Attualmente, però, si assiste in molte zone ad uno spontaneo regresso della malattia corticale, nonché ad un rinnovato interesse per questa coltura a motivo dei prezzi altamente remunerativi ottenuti dal prodotto di qualità.

I frutti vengono raccolti in seguito alla loro caduta spontanea dalla pianta. Nei moderni impianti la raccolta è eseguita meccanicamente. Se destinate al consumo fresco le castagne vanno trattate contro il balanino mediante immersione in acqua per 5-6 giorni, o accumulandole nei loro ricci e ricoprendole con uno strato compatto di terra, foglie e ricci (ricciaia).

Attrezzi rudimentali per la raccolta delle castagne contenute nei ricci – pinze e ammacco.

Le castagne essiccate (calo di peso del 60-70%) e quindi sbucciate possono conservarsi molto a lungo. Mentre è ormai in regresso il consumo della castagna come alimento base, ha assunto notevole importanza la sua utilizzazione nell’industria dolciaria (marrons glacès, crema di marroni).

Non va dimenticata la grande importanza del castagno quale pianta forestale. In Italia (dove il castagno caratterizza la zona vegetativa detta Castanetum), esso forma estesi popolamenti boschivi soprattutto sulle Alpi e sugli Appennini, ma è presente quasi ovunque anche sui rilievi collinari.

L’estensione del castagneto era in relazione con l’esistenza della piccola proprietà coltivatrice nell’unità poderale unito a un piccolo appezzamento di bosco ceduo, nonché a terreni seminativi di superficie modesta.

L’albero del pane “Pan di bosco e vin di nugoli” dicevano una volta i nostri montanari alludendo ironicamente alla propria alimentazione, fondata sulla farina di castagne innaffiata quasi sempre da sola acqua anche se di sorgente.

Castagno dunque come vero albero del pane e non solo nel dettato popolare se Pierre Lieutaghi afferma che il suo seme “può essere paragonato a un piccolo pane” dal punto di vista nutrizionale e se Galeno a suo tempo aveva definito “la castagna più nutritiva di tutti i granelli, intanto che è prossima a granelli del pane”.

Bosco e pane sono molto meno contrastanti di acqua e vino, anche perché per le cure che gli vengono prestate, il castagno sta a metà strada tra il colto e l’incolto: basta camminare in un castagneto per capire come questa sia una vera e propria contraddizione in temini: un bosco coltivato. “non si saprebbe dire se il castagno interessi più la selvicoltura o l’arboricoltura, se sia piuttosto pianta di bosco o pianta agraria”. La presenza massiccia del castagno in Italia non è ab eterno, con ogni probabilità basso medievale e ottenuta a spese della quercia simbolo dell’incolto.

Un indizio in tal senso lo si può ricavare dai criteri di misurazione dei boschi: nell’alto Medioevo la loro estensione è spesso indicata dal numero di maiali (mangiatori di ghiande) che era possibile farvi pascolare; poi ci si servirà invece del numero delle piante di castagno.

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