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OBIT, il giornalismo sul dopo vita

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“Obit is the first documentary to look into the world of newspaper obituaries, via the obituary desk at The New York Times. Writers are interviewed as they research and compose obituaries, including one for William P. Wilson, who coached John F. Kennedy on his historic TV debate with Richard Nixon,[4] and one for Dick Rich, who developed ground-breaking advertising for Alka-Seltzer.[5] Along the way obits for many other people are discussed, with accompanying film clips of their lives. Writers attend editorial meetings and struggle to get their lede just right in time for the 6 pm print-edition deadline. The lone keeper of the Times’ morgue files, too massive to move to the paper’s new building, describes its functions and shows off some of its treasures, including “advances” — obits written well before a person dies and kept in a locked filing cabinet. One was prepared in 1931 for Elinor Smith, an early aviator who the Timesbelieved might die in a plane crash. When she died in 2010, age 98, her advance informed the obit desk almost 80 years after it was written.”

La presentazione e il commento sono tratti da Wikipedia, non ne ho trovati altri ed in effetti il docufilm è stato poco notato da critica e spettatori. L’ho visto in quella autentica miniera che è Mymovies nella sezione documentari. Feci l’abbonamento qualche anno fa e non ne sono assolutamente pentito, anzi.

Il film del 2016 ci propone come una vera arte comunicativa gli obituary, non esattamente i necrologi a pagamento ma il ricordo di qualche personaggio più o meno illustre che è venuto a mancare. Gli interpreti sono i giornalisti del NYT che si dedicano con grande professionalità a questo lavoro, apparentemente non esaltante. Eppure scorrendo le immagini emerge un costante e attento impegno dei redattori. Poca improvvisazione ma standard di comunicazione elevati nel trattare la morte di qualcuno. Assistiamo a una complessa catena di montaggio che deve portare a chiudere la notizia entro le 18 se si vuole farla comparire nell’edizione del giorno dopo. La ricerca febbrile delle fonti per avere conferma della morte, la scelta di una, due, tre foto a seconda dell’importanza della persona, il numero di parole dell’articolo tra le 800 e le 900, la consultazione dell’archivio praticamente sterminato e tale da non poterlo trasportare nel nuovo sito del quotidiano. La sintassi di questi articoli è strettamente controllata da regole semplici ma inderogabili. Va evitato un linguaggio incline al dolore e alla commozione: nell’apertura si dà la notizia e poi si informa il lettore su dove, quando e come la morte è avvenuta.

Quante e quali sono le parole necessarie a sintetizzare adeguatamente una vita? È la domanda che si pongono quotidianamente i giornalisti della redazione necrologi. Un necrologio, 800 parole, per riassumere un’intera vita. Un 90 per cento delle parole usate è infatti relativo alla vita. Solo il 10 per cento – basta solitamente una frase – descrive la morte. E così la morte dell’essere umano, pur presentandosi giorno dopo giorno nella sua fissità, non deprime i giornalisti nella loro missione. E gli articoli sono come tante voci lasciate dai trapassati che continuano a raccontare ai superstiti la loro vita, presumibilmente degna di attenzione e di ricordo.

Un piccolo gioiello di professionalità e meticolosità su come nascono le notizie, anche quelle un pò scabrose e non da prima pagina. Sarebbe interessante poter avere altri film che trattano con la stessa soavità e leggerezza i temi della comunicazione e dell’informazione, dalla cronaca, allo sport e alla finanza.

 

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1 COMMENT

  1. In argomento, un aticolo postato nel gennaio 2018 affrontava l’aspetto degli iscritti a “Facebook post mortem”, per disquisire su cosa accade all’account del defunto, specie sugli automatismi del portale social.
    La permanenza dei profili di soggetti deceduti, potrebbepure anche fare incorrere in spiacevoli defaiance. Specie riguardo ai conpleanni segnalati dal social in modo automatico in seguito alla data di nascita che era stata inserita dai vivi.
    Forse qualcosa intanto potrebbe essere cambiata ma non tanto. Il post era https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2018/01/facebook-post-mortem-cosa-accade.html

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