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“Un altro ferragosto”, il nuovo film di Paolo Virzì

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Nel visionare l’ultimo film di Paolo Virzì non si può non pensare a “Il Caimano” di Nanni Moretti.

Un superbo Silvio Orlando anche in quest’opera cinematografica incarna il personaggio chiave che, dietro un’apparente demenza, continua a rifiutare tutto quello che nella vita non vuole accettare, mantenendo la lucidità per la nobile funzione di leggere la storia.

La regia di Virzì non si limita prendere in giro i social e ad attaccare violentemente la politica, perché affronta anche le profonde e variegate crisi sociali che attraversano il mondo occidentale in generale e quello italiano in particolare.

Personaggi inverosimili rappresentano caricature di tante realtà che ci circondano e spesso ci condizionano.

Intorno al racconto di un evento riferito ad un improbabile influencer – ignorante e di successo – ruotano individui riconducibili ad un’area politica di centrodestra, mentre confusi idealisti radical chic si associano a Sandro Molino (giornalista di sinistra interpretato da Silvio Orlando).

Ma, nel messaggio di Virzì, gli opportunisti, i fanculisti, i qualunquisti, i confusi, sono presenti in entrambe le sponde. E pure tanti sono i miserabili.

Nel racconto lucidi e puri appaiono solo i bambini che, pur cogliendo ogni cosa, sembrano volersi tenere lontani dalle vicende miserevoli dei grandi.

Nel film il regista intreccia scene del precedente “Ferie d’agosto” per mettere a fuoco retroscena e casualità che hanno condizionato la vita degli stessi personaggi, ieri giovanili e oggi in età matura.

L’autodeterminazione sul fine vita è anch’esso efficacemente rappresentato, con la figura dell’anziana madre/nonna un po’ svampita che, in una delle scene finali, dopo aver sparso nel mare le ceneri del marito, decide di farla finita, inabissandosi anche lei nelle stesse acque di Ventotene.

Presenti anche personaggi e scene che mettono in campo questioni transgender, le problematiche connesse all’omofobia e ai tanti altri problemi esistenziali che interessano la vita umana.

Senza indulgenza vengono descritte burocrazie e classi sociali che molto di frequente, nella vita reale, esprimono figure ambigue, faziose, ambiziose, sciatte.

In certi passaggi il film può risultare confuso, per sovrapposizioni temporali dei personaggi, per l’affollamento dei messaggi che vogliono mettere a fuoco tante cose, per l’irriverenza palese rivolta alla politica e altro ancora, ma quanto vuole comunicarci Virzì è chiaro e diretto.

Una pellicola, insomma,che merita di essere vista (quasi obbligatoriamente da dirigenti e militanti della politica) e della quale già si discute sui media per ostracismi e tentativi di oscuramento. Del film si parlerà a lungo.

Buona luce a tutti!

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