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La guerra degli stretti: dalla rotta mediterranea alle rotte artica e africana

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Gli spazi marittimi in generale, ma in particolar modo il Mar Mediterraneo, sono da sempre luoghi strategici. Sono ventuno gli Stati che si affacciano sul Mar Mediterraneo, con strette interconnessioni tra di loro. Il Mar Mediterraneo mette in comunicazione l’Europa Occidentale con le risorse petrolifere del Medio Oriente, collega i trasporti marittimi dall’Oceano Atlantico all’Oceano Indiano, unisce i porti del Mar Nero con l’Oceano Indiano e l’Oceano Atlantico, riceve le merci cinesi.

Il Mediterraneo conferma la sua centralità anche negli abissi profondi, grazie ai cavi sottomarini che vi si allungano per migliaia di chilometri. Attraverso questi cavi passa il 99% del traffico digitale e vocale del mondo. Cercare di bloccarli, come hanno cercato di fare i terroristi Houthi bombardandoli nel Mar Rosso a fine febbraio, ha significato un danno del 25% alla rete di comunicazione tra Asia ed Europa. Mandare in tilt le telecomunicazioni internazionali del sistema informatico di molti paesi e’ un danno immenso alle forniture di energia, alla trasmissione dei dati, ad internet e alle transazioni bancarie.

Cavo sottomarino per trasmissione dati

L’anno 2024 è iniziato con le elezioni del Bangladesh, il 13 gennaio ha votato Taiwan eleggendo un indipendentista progressista: William Lai. La notte precedente, tra l’11 e il 12 gennaio, America, Regno Unito, Bahrein, Canada, Paesi Bassi e Australia hanno bombardato i terroristi Houthi Yemeniti, che con il sostegno di Hamas e dell’Iran attaccano le navi occidentali nel Mar Rosso. Le navi che attraversano il Canale di Suez entrano nel Mar di Aden, nel quale c’è una piccola strozzatura conosciuta come Bab el-Mandeb, la porta delle lacrime, che ha un’importanza enorme per l’economia mondiale. E’ un luogo strategico situato tra la punta sud occidentale della penisola Arabica e il Corno d’Africa. Non dimentichiamo che il Corno d’Africa è il ponte di coniugazioni tra Oriente ed Occidente, composto in gran parte da ex colonie italiane, come ricordato nel summit Italia-Africa di fine gennaio a Roma dove è stato firmato “il piano Mattei“, programma di crescita comune che mira a fare del nostro paese un ponte fra il continente europeo e quello africano. Somalia, Eritrea, Etiopia e Gibuti che è proprio la punta, sono il cuore delle rotte navali degli ultimi due secoli, ma anche il luogo più vicino allo Yemen.

A Gibuti l’Italia ha una base militare di supporto antipirateria denominata Amedeo Guillet, la Francia ha un contingente della Legione straniera; la presenza più rilevante sono però i 5000 militari americani della base di Camp Lemmonier, per operazioni contro obiettivi sensibili in tutto il medio oriente e, in particolar modo, contro i terroristi islamisti presenti Yemen e Somalia.

Anche la Cina, aderendo alle operazioni di contrasto della pirateria, è presente nell’area da alcuni anni, dove ha fatto investimenti importanti costruendo strade, aeroporti, alberghi, banche, centri commerciali, impianti eolici e solari e una rete idrica per il trasporto dell’acqua potabile dall’altopiano etiopico.

Gli attacchi terroristici portano le compagnie di navigazione a fermarsi oppure a circumnavigare l’Africa con 10 giorni in più rispetto alla rotta classica. Purtroppo a rimetterci sono i porti italiani, a favore di quelli spagnoli, olandesi, tedeschi, francesi, inglesi, sull’Atlantico e sul Mare del Nord.

Corno d’Africa

Questa “tempesta imperfetta” sta mostrando che il vero bersaglio da colpire è il commercio globale con tutto ciò che esso rappresenta. Quindi non solo un effetto collaterale della guerra tra Hamas ed Israele, ma un piano ben definito delle forze ribelli sciite di stanza in Yemen, che assume le sembianze di una strategia anti-occidentale e colpisce un motore economico importantissimo.

Creare instabilità nei passaggi commerciali attraverso alcuni snodi cruciali per la navigazione, causare danni alla principale motrice dei trasbordi intercontinentali di merci, dall’immensa fabbrica del mondo che è l’Asia ai consumatori per eccellenza, Europa e Nord America.

Per questo motivo si presenta sempre più appetibile la Rotta Artica, detta Northern Sea Route (NSR), la via marittima che attraversa l’Oceano Artico lungo la costa nord della Russia.

Rotta Artica

La Rotta Artica consentirebbe, sulle tratte tra l’Europa e l’Asia, percorsi più brevi anche rispetto ai tradizionali canali di Suez e di Panama, con un risparmio di carburante e di costi, ed ovviamente di nocive emissioni di CO2. Grazie ai dati satellitari che hanno monitorato l’area ambientale, la regione artica si surriscalda a velocità quattro volte superiore alle medie mondiali, cambiando le dinamiche globali. Le ripercussioni sulla regione polare, si riflettono sull’economia, l’energia, la navigazione e i trasporti, con notevoli implicazioni su sicurezza e difesa.

Marzio Mian “Artico. La battaglia per il Grande Nord” (Neri Pozza, 2018) 

L’Artico è un’area particolarmente sensibile ai cambiamenti climatici. L’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, definì l’Artico come: “il canarino nella miniera di carbone del mondo“, primo allarme della spirale negativa alla base del surriscaldamento globale. Lo scioglimento dei ghiacci implica l’innalzamento del livello dei mari, ma anche l’assottigliamento del Permafrost, lo strato di terreno permanentemente gelato che si trova fino alla profondità di qualche metro.

Questo consente all’Artico di divenire più accessibile, acquisendo un’importante rilevanza strategica. I geologi e gli scienziati che da anni studiano il permafrost ritengono che l’artico custodisca un’elevata quantità di riserve di petrolio, di gas e di risorse naturali. Il vero cambio economico, il rovesciamento della clessidra, sono però le rotte di navigazione artiche, con una crescita del traffico navale, lungo il Passaggio a Nord-Ovest e la Northern Sea Route. Entrambe le rotte potrebbero apportare significativi cambiamenti nel commercio marittimo.

Un convoglio lungo la Rotta Artica

A dimostrazione di ciò, va detto che anche la piccola Taiwan ha aperto una base scientifica nelle isole Svalbard, che si propone come un “near-arctic state”, un quasi stato artico. La Cina si è dedicata al momento al Polo Sud con una propria stazione.

L’importanza dell’Artico si ritrova anche sul piano militare, riacquistando un’importanza che aveva perso con il crollo dell’Unione Sovietica. Il potenziamento della Flotta russa del Nord dimostra l’interesse verso la regione artica.

I luoghi d’azione della Northern Fleet russa

L’invasione russa dell’Ucraina ha favorito l’abbandono della neutralità di Finlandia e Svezia e con il loro ingresso nella Nato aumentano gli Stati Artici appartenenti alla Alleanza: Canada, Danimarca, compresa la Groenlandia, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia.

Il cambio di baricentro rispetto a Suez induce a creare altre basi di passaggio del traffico commerciale anche a Sud, ad esempio lungo le coste dell’Africa occidentale, da parte delle navi indotte a circumnavigare l’Africa. Per quanto più lunga, la rotta potrebbe schiudere nuove opportunità.
I Paesi che hanno investito in infrastrutture logistiche e portuali come il Marocco si ritroveranno avvantaggiati. Il Marocco, non a caso, è stato il primo a investire sui porti e su una linea ferroviaria che arriva fino alla Mauritania, candidandosi a svolgere il ruolo di collegamento tra i paesi industrializzati europei e nord americani e i nuovi potenziali mercati dell’Africa sub sahariana e dell’Africa occidentale. Il maggior peso del Marocco, paese da sempre filo occidentale, può essere utile anche per contrastare la penetrazione cinese che sta avvenendo per lo più dal lato orientale del continente africano.

Si preannuncia dunque un aggiramento del Mediterraneo da parte di nuove rotte marittime sia da nord che da sud. E qualche domanda sul nostro destino appare inevitabile.

Quali conseguenze avranno questi fenomeni? Per adesso stiamo osservando come la geopolitica stia facendo i primi tentativi di ridisegnare il commercio e l’economia mondiale. Calcolarne gli effetti pratici sarà un compito essenziale dei prossimi anni. Ma il rischio che il Mare Nostrum, dopo la sua storia millenaria al centro dei rapporti tra Europa, Africa e Asia, perda il suo peso è sempre più probabile. Il Grande Giuoco su scala planetaria del nuovo millennio è appena cominciato e noi andremo incontro a un nuovo periodo di decadenza come accadde nel Cinque-Seicento, dopo la scoperta delle rotte oceaniche?

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