Le celebrazioni per il trentennale dall’entrata in vigore del Testo Unico Bancario e l’articolo di oggi del Corriere della Sera a firma di Mario Gerevini che rievoca storie di fallimenti bancari e di scandali finanziari del Bel Paese nello stesso periodo ci induce a ripubblicare questo articolo di pochi mesi fa. Buona lettura e meditazione.
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Prologo, la partenza da Bari
Dal sito di Bankitalia riportiamo:
“Parte da Bari “In viaggio con la Banca d’Italia”, la nuova iniziativa a tappe per promuovere la cultura finanziaria, raccontare la banca centrale e aprire un dialogo diretto con persone, imprese e istituzioni.
La registrazione dell’evento di apertura del 28 aprile, con la partecipazione del Governatore Ignazio Visco, è disponibile sul canale YouTube della Banca d’Italia.
Il progetto, orientato a coinvolgere i territori e le comunità locali, nei prossimi mesi toccherà altre 12 città: Genova, Trieste, Cagliari, Palermo, Napoli, Firenze, Torino, Bologna, Venezia, Ancona, Milano e Roma.”
In proposito, ci è parso utile una ricapitolazione della storia bancaria in tutti questi territori per verificare se almeno uno solo sia rimasto esente dagli scossoni delle crisi bancarie, da Nord a Sud e per tutta la penisola seguendo pedissequamente il viaggio del Governatore e dei suoi funzionari. Vuoi per parlare di educazione finanziaria ma anche per celebrare i 30 anni del Testo Unico Bancario e tentare un bilancio, absit iniuria verbis, del Governatorato di Visco che a novembre lascia. Dopo oltre 50 anni di permanenza in Banca d’Italia, vero record di attaccamento istituzionale non solo in Italia, ma tra noi umani, almeno a quanto risulta. Facciamo anche noi questo viaggio con i nostri ricordi, perchè non disponiamo di statistiche ufficiali sulla sequenza delle crisi e financo la stessa definizione di crisi è piuttosto labile ed oscura.
Significativo ed emblematico ci pare la partenza da Bari, sede della Banca Popolare di Bari, la più grande banca del Sud che ci era rimasta, devastata da malaffare e crediti inesigibili, dopo una incredibile corsa negli anni più recenti a raccattare banche in difficoltà di mezza Italia, dalla Sicilia, alla Campania e fino ad Orvieto. La crisi ha interessato più di 70.000 azionisti, che hanno perso 1,4 miliardi di euro, oltre ad un certo numero di obbligazionisti. Nel 2020, l’assemblea straordinaria della Banca ha approvato la trasformazione in S.p.A. dell’azienda e l’aumento del capitale, salvando così la banca dal fallimento. Oggi fa parte del gruppo pubblico Invitalia-Mediocredito Centrale.
Agli albori del viaggio, prima del Testo Unico Bancario
1982 Banco Ambrosiano, crisi da intreccio tra poteri più o meno forti e più o meno occulti (la famigerata P2) e imbarazzanti vicinanze con la finanza vaticana. Soltanto un mese prima dell’esplosione finale, le autorità avevano autorizzato la quotazione in borsa delle azioni del Banco. Memorabile per senso dello Stato l’intervento del cattolico Andreatta (allora Ministro del Tesoro) a difesa delle ragioni italiane nei confronti del Vaticano. Il costo del fallimento fu di alcune migliaia di miliardi di lire, risolto grazie alla sparizione del Banco dentro la ricca Banca Cattolica del Veneto, divenuta Banco Ambrosiano Veneto.
1987 Cassa di Risparmio di Prato, banca locale con finanziamenti concentrati nel tessile, fu gestita a lungo da banchieri legati alla politica. Finanziò speculazioni e accrebbe i propri rischi in misura sproporzionata. Fu il primo intervento del Fondo di Tutela dei Depositi, appena costituto ai sensi di legge e ne assorbì in un sol colpo le disponibilità raccolte presso il sistema.
1989 Scandalo della Filiale di Atlanta della Banca Nazionale del lavoro per fidi concessi al regime iracheno di Saddam Hussein, impegnato nella guerra contro l’Iran, con perdite di alcuni miliardi di dollari e impatti sulla reputazione internazionale della Banca, che fino agli anni Settanta compariva tra le prime dieci banche del mondo.
I primi anni del TUB
1992 Montedison, crisi finanziaria del maggiore gruppo chimico privato, con perdite stimate in 30.000 miliardi di lire, dovute a imprese speculative del suo massimo esponente. Si rifletté sugli equilibri della Banca Commerciale Italiana, al cui conto economico i ricavi provenienti da quella relazione di affari contribuivano per il 15% del totale.
Era sempre il 1992 quando la Cassa di Risparmio di Venezia, la più antica d’Italia, fondata nel 1822, andava in default per una serie di previsioni errate sui cambi, a seguito della svalutazione decretata dal Governo Amato, data l’impossibilità di sostenere il rapporto sopravvalutato della lira con il marco tedesco. La crisi bancaria era stata infatti preceduta dall’abnorme sviluppo dei crediti in valuta, senza pretendere la copertura del rischio di cambio da parte prenditori, gran parte dei quali con la svalutazione della lira divennero insolventi. La dimensione delle perdite, da un lato, chiamò a raccolta le consorelle venete, dall’altro, fece da detonatore alla crisi di altre casse di risparmio e degli istituti di credito speciale della regione. Quel che rimase confluì gradualmente nel gruppo Intesa alla fine di un complicato processo di assorbimento protrattosi fino al 2014.
A poca distanza di tempo, seguirà l’ondata più virulenta, che spazzerà quasi per intero il sistema delle banche venete, alcune eredi di istituzioni risalenti all’epoca napoleonica, altre alle prime istituzioni bancarie del cattolicesimo sociale di fine Ottocento. A ricordarne gli antichi fasti rimangono i palazzi sul Canal Grande, oggi adibiti ad alberghi di lusso, le ville palladiane e i parchi adagiati sui colli trevigiani, prestigiose sedi ora semivuote e i jet personali usati dal top management per inseguire improbabili sogni di espansione anche internazionali (vedi infra).
1995 e seguenti Casse di Risparmio meridionali (operanti in Puglia, Campania, Calabria, Sicilia). Furono crisi generate da relazioni clientelari, concentrazione del credito, rapporti con la politica. Sono state aggregate in banche più solide, come Cariplo, poi confluita in Banca Intesa.
1995 Banco di Napoli, originata dopo la fine degli interventi pubblici all’economia meridionale tramite la Cassa del Mezzogiorno, costò 12.000 miliardi di lire, con intervento pubblico a mezzo del cosiddetto Decreto Sindona. Tra le crisi del periodo vanno ricordate anche quelle della Cassa di Risparmio delle Province siciliane, dell’Isveimer, del Credito industriale sardo, della Banca popolare di Sassari, del Banco di Sicilia.
Si determinò la scomparsa del sistema bancario meridionale.
1998 Bipop di Brescia, uno dei tanti casi ricollegabile al fenomeno dell’uomo solo al comando. Gli esempi si sono replicati in un crescendo che arriva fino agli ultimi inquietanti episodi di mala gestio nelle banche di molte regioni d’Italia. Fu inglobata in Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, del gruppo Banco di Roma, poi Capitalia.
2002 Collocamento di prodotti bancari tossici denominati My way e Four you da parte del Monte dei Paschi di Siena e sue controllate. Lo scandalo costrinse alle dimissioni il vertice della banca e al rimborso di molti risparmiatori traditi. Ma molti furono anche danneggiati, per essere stati indotti ad indebitarsi per acquistare quei prodotti. Le gesta della Banca 121, partecipata pugliese del Monte, sono ancora citate dagli addetti ai lavori come esempio di truffa finanziaria. Il vertice si rigenerò presto tornando alla guida di altre banche.
2003 Cirio, Parmalat e titoli di stato argentini. Le banche lucrarono commissioni collocando questi titoli ad altissimo rischio, senza avvertimenti particolari nei confronti di sottoscrittori molti dei quali del tutto impreparati a valutare la pericolosità di tali strumenti. Alcuni di questi titoli figurarono, anzi, fino all’ultimo tra quelli privi di rischio elencati dall’ABI. Dimensioni della crisi finanziaria di Parmalat: 14 miliardi di euro. Decine di migliaia i risparmiatori colpiti dai Bond Cirio e da quelli emessi dalla Repubblica Argentina.
2006 Banca Italease era la più grande banca italiana specializzata nel leasing immobiliare. Fu anche essa vittima della concentrazione di potere nelle mani di un solo uomo e di affari con i “furbetti del quartierino”, già noti per altre scorribande bancarie (Popolare di Lodi e Bnl). La Banca è stato un boccone amaro da digerire da parte del Banco Popolare, che l’ha definitivamente incorporata nel 2015.
2005/6 Banca popolare italiana (già Popolare di Lodi assorbita alla fine dal Banco popolare) affidata alle virtù taumaturgiche del banchiere Fiorani. Puntando ad una crescita oltre ogni limite di prudenza, egli si accreditò nella difesa della italianità di banche diventate appetibili da parte di banchieri francesi, olandesi e spagnoli. La difesa, organizzata picarescamente, fallì, portando alle dimissioni il Governatore della Banca d’Italia, che aveva ingenuamente creduto in lui. In quella fase, passò ai francesi di Bnp Paribas la proprietà di BNL, come già detto una delle più importanti istituzioni della storia bancaria italiana del Novecento.
Gli anni del Far West
In questa seconda parte si completa l’elencazione delle crisi intervenute negli ultimi trentacinque anni, premettendo il riferimento alla lunga gestazione delle fragilità del Banco di Roma, poi Banca di Roma e infine Capitalia, da ultimo assorbita da Unicredit, insieme alle banche a rischio da essa in precedenza incorporate (tra cui il Banco di Sicilia).
Va fatta anche menzione della vicenda della Banca Commerciale Italiana, incorporata da Intesa San Paolo, dopo essere stata un’istituzione profondamente intrecciata con la storia non solo economica del Paese. È ancora comune tra gli addetti la costatazione amara della perdita di uno dei pochi campioni bancari di livello internazionale.
2008 Monte dei Paschi, la più grave e la più lunga crisi bancaria, dagli sviluppi ancora non prevedibili, tuttora in mano pubblica. Ha assorbito risorse per 30 mld, imponendo alla fine l’ingresso nel capitale dello Stato come socio di maggioranza. La causa, ben nota, fu l’azzardato acquisto di Banca Antonveneta, avendo ottenuto l’autorizzazione delle autorità di controllo pur in assenza di due diligence. Quando, nel 2011, erano già in piena evidenza gli effetti deleteri dell’acquisizione, lasciò interdetti la nomina del Presidente del Monte a Presidente dell’ABI. Lo Stato Italiano è intervenuto nella prospettiva del suo ricollocamento sul mercato, una volta completato il processo di risanamento. Le cause giudiziarie ancora in corso coinvolgono anche i banchieri chiamati nel tempo al suo capezzale. La soluzione definitiva nonostante il pesante ridimensionamento di quella che fu la terza banca del Paese vede ancora sullo sfondo ipotesi di aggregazioni, con altre banche di cui si sussurrano debolezze.
2011 Crisi finanziarie di Alitalia e Ilva, ancora aperte; i debiti richiederanno la garanzia dello stato, per non gravare sulle banche che le hanno finanziate.
2012/2018 Carige, decima banca per dimensione del sistema, compresa nel 2014 tra quelle significant secondo la normativa europea di vigilanza. Scandali legati al rapporto tra banca e assicurazione e al lungo dominio del suo storico esponente sono le cause di una profonda crisi che è stata difficile da superare, per le incertezze che ne contrassegnavano la governance. Dal 28 novembre 2022 è ufficiale il passaggio di Carige all’interno del gruppo BPER, che interessa quasi un milione e di correntisti.
2015 Banca Etruria, Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara, Carichieti, prime banche in risoluzione secondo la nuova normativa europea. Cause: mala gestio, ingerenze politiche, conflitti di interesse, strapotere nelle mani di pochi, operazioni creditizie non coerenti con le caratteristiche di banca locale. Acquistate per un euro dalle banche popolari UBI e Biper. Costi per il sistema e la collettività: più o meno 5 mld.
2013/2017 crisi di tutte le ex casse di risparmio delle quattro province abruzzesi, e delle Casse di risparmio di Cesena, di Rimini e di San Miniato; per le cause vedi sopra. Aggregate in gruppi di maggiori dimensioni, con la distruzione di valore per azionisti e obbligazionisti. In questi anni si registra la forte espansione del gruppo Credit Agricole sul mercato italiano che, per diverse vie, acquisisce C.R.Parma, Banca Popolare Friuladria, CariSpezia, Banca Leonardo, oltre alle tre ultime banche prima menzionate, collocandosi al settimo posto tra i gruppi bancari e una solida presenza anche nel risparmio gestito grazie ad Amundi, che ha incorporato le attività di Pioneer, società di gestione del risparmio già di Unicredit.
2014-presente Banca Popolare di Vicenza e Veneto banca, entrambe tra le prime 15 banche italiane classificate come sistemiche, al debutto nel 2014 dell’Unione bancaria. Cresciute in misura abnorme, per le velleità dei loro esponenti più noti, sperimenteranno per anni tutte le possibili soluzioni di salvataggio con gravissime perdite per gli azionisti, obbligati a diventare tali con operazioni baciate. Solo il costoso intervento dello Stato ne ha assicurato la liquidazione e l’assorbimento di attivi e passivi in bonis da parte di Banca Intesa. Il costo complessivo viene stimato in 35 mld. Il Tribunale di Treviso ha decretato il fallimento di Veneto Banca, rimettendo in discussione le modalità seguite dall’intervento pubblico. I processi in corso svelano prassi di come non si dovrebbe fare banca.
2014 e seguenti crisi di numerose banche di credito cooperativo, di dimensioni importanti per la categoria, operanti nel nord e nel centro Italia. Tredici nel solo Veneto, ma casi importanti si sono avuti in Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana. Hanno richiesto interventi a ripetizione da parte del Fondo di Garanzia dei Depositanti e di quello temporaneo previsto dalla legge di riforma del settore, evitando impatti diretti sul risparmiatore. Il salvataggio è stato costoso per la categoria che con la costituzione di gruppi bancari cooperativi opera ora per rafforzare la stabilità complessiva del sistema, dovendo risolvere comunque punti di crisi sparsi qua e là sul territorio.
2017 Ricapitalizzazione indispensabile di Unicredit, da parte di fondi di investimento esteri per 13 mld di euro, per abbattere l’enorme quantità di crediti anomali. Sul commento di alcuni dati tratti dal Bilancio 2017, si veda su questa piattaforma Unicredit dopo la PM, la SSM e il QE di Draghi.
2018 Altre ricapitalizzazioni per Creval e Banca Popolare di Bari, per diverse centinaia di milioni, valutate da parte delle Autorità anche per quanto riguarda la possibilità che le banche restassero sul mercato come entità autonome.
L’economia di questo racconto ha portato certamente ad omettere altri scandali finanziari.
Fine del nostro viaggio (per ora)
In sintesi, le crisi nel volgere di una generazione sono state diverse decine e hanno riguardato nel tempo:
- tutte le tipologie istituzionali (Banche SpA, banche popolari, banche di credito cooperativo) e di tutte le dimensioni (banche grandi, medie e piccole);
- estese aree territoriali, con la sparizione del sistema meridionale e il forte indebolimento di regioni bancariamente importanti per l’economia (Veneto, Toscana, Liguria, dorsale adriatica del credito, dall’Emilia Romagna alla Puglia).
E hanno prodotto:
- irreversibile ridimensionamento della banca locale, come categoria di intermediario che ha rappresentato negli ultimi decenni il nerbo della intermediazione creditizia dove più massiccia è la presenza della piccola e media impresa;
- processi di consolidamento di cui non sempre sono apparse chiare le ragioni industriali;
- forte distruzione di ricchezza pubblica e privata. Non si dispone di stime, ma le crisi degli ultimi tre anni, portano ad una cifra non lontana dai 90/100 miliardi di euro.
Le crisi hanno visto:
- il frequente collocamento di prodotti finanziari ad elevato rischio, senza adeguata informazione o con informazione addirittura distorta a danno del risparmiatore;
- l’avventurismo di non pochi banchieri, che non ha ricevuto a tempo debito adeguato contrasto dalle autorità;
- situazioni abnormi di conflitto di interesse, che hanno fortemente aggravato gli effetti delle fasi cicliche negative dell’economia, in specie nella più recente recessione e, più in generale, marcate inadeguatezze di governance.
Al tempo dell’entrata in vigore del TUB nel 1993, che sancì la trasformazione della banca da istituzione pubblica in impresa privata e l’affermazione del modello di banca universale, qualcuno chiese se le autorità avessero una propria mappa per gestire la riconfigurazione industriale implicita nei mutamenti promossi con il nuovo quadro regolamentare.
La risposta fu che la selezione naturale da parte del mercato sarebbe stata più efficiente di qualsiasi intervento esogeno, che avrebbe avuto sapore dirigistico. Il sistema da allora si è senza dubbio trasformato, concentrandosi attraverso operazioni one by one, spesso molto onerose.
Il nostro viaggio è per ora finito e non è stato un viaggio tranquillo, ha toccato le 12 città più altre ancora quasi che i morbi delle crisi bancarie siano impossibili da contrastare, in ogni tempo e in ogni luogo, seguendo sia le regole antiche che quelle nuove. La mancata prevenzione di alcune e la lunghezza nella soluzione di quelle più acute sono a ricordarci che il tema della efficienza non è stato un fattore guida della politica bancaria.
La valutazione degli effetti delle crisi è in ogni caso un fatto complesso, avendo a che fare con la difesa del risparmio e con il supporto delle ragioni della economia reale, cioè della sua competitività e della sua spinta a rinnovarsi. Siamo in una condizione ancora di frammentazione produttiva e di ritardi nella digitalizzazione da parte della pmi che rappresentano elementi in base ai quali è importante valutare anche il mancato contributo del sistema bancario alla loro soluzione. Intanto ritornano venti di crisi dovuti a meno accomodanti politiche monetarie e alla ripresa della inflazione. Ci sono banche più esposte di altre a questi nuovi squilibri? Il consumatore/risparmiatore le deve conoscere in anticipo per modificare le proprie scelte o la crisi bancaria è solo da scoprire (e subire) ex-post?
La storia finanziaria del Paese e della Banca d’Italia è soprattutto questa. Chi avrà la voglia e il coraggio di scriverla?
Il Grand Tour era un lungo viaggio in Europa intrapreso dai ricchi dell’aristocrazia europea a partire dal XVIII secolo e destinato a perfezionare il loro sapere con partenza e arrivo in una medesima città. Aveva una durata non definita e di solito aveva come destinazione l’Italia. Ora sarà sempre più europeo, cioè dovremo fare i conti con una normativa più pervasiva, ma anche più attenta alla tutela del consumatore.
Noi oggi con questo breve articolo speriamo di aver fatto cosa utile, per scorrazzare su e giù in tanti luoghi della nostra patria bancaria. A tutti coloro che intendono celebrare i 30 anni del Testo Unico Bancario ci permettiamo di suggerire di leggerne gli impatti alla luce dei fatti che abbiamo provato a ricordare.
Ogni cosa ha un suo tempo e, chissà perchè, talvolta ritrovarsi a leggere scritti eccessivi su rievocazioni storicizzanti di momenti gloriosi può risultare fuorviante, con il rischio – ignorando le evoluzioni maturate – di sfiorare il patetico, per gli accadimenti intervenuti nel tempo.
Così si ripropongono nella mente le sequente simili al famosissimo “Viale del tramonto”.
“Un film dal titolo azzeccatissimo, che citando il famoso viale hollywoodiano nel quale sorge la villa teatro della vicenda (il Sunset Boulevard) definisce subito i contorni della storia di un’ex diva del cinema muto, Norma Desmond (Gloria Swanson), che vive sola nella speranza di essere richiamata in attività, e c’è un giovane soggettista in disgrazia (William Holden) che finisce nella di lei villa non riuscendo più ad uscirne. Troppi i vantaggi di una vita agiata, anche se per goderne c’è da soddisfare il profondo bisogno d’affetto della diva tramontata. …. La conclusione tragica è inevitabile e il regista Billy Wilder ha l’intuizione di farcela conoscere fin dalla prima scena …. Indimenticabile la figura del maggiordomo-factotum Max (Erich Von Stroheim, che davvero diresse la Swanson, a suo tempo), pronto ad assecondare la sua padrona in tutto e per tutto fino al delirante epilogo.
Magnifici gli interni della villa, scenografati con sfarzo destinato a diventare oggetto d’ironia nella crudele, ultima mezz’ora, quando il film subisce l’imprevedibile impennata conclusiva. Qualche pausa, qualche frase superflua e più stanca, comunque un classico imprescindibile.” (Virgolettato assunto dal sito https://www.davinotti.com/film/viale-del-tramonto/129)