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Cento Domeniche

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Il film di Antonio Albanese ci restituisce l’Italia degli scandali bancari che ha rovinato la vita a tante persone oneste. Ormai il più che dovuto battage pubblicitario ci fa conoscere la storia anche se non abbiamo visto il film che consiglio vivamente. Qui vorrei affrontare due miei personalissimi punti di vista, di uno che ci ha lavorato per un po’ di anni nel settore.

Il primo e’ inerente alla fiducia, un umano sentimento che ci porta a credere che chi incontriamo corrisponda alle nostre aspettative. È talmente importante che si eredita, passa da una generazione all’altra, i figli che tenevano i soldi nelle banche popolari dove tenevano i soldi i loro genitori e i loro nonni. Sentimento solidissimo ed incredibile perchè porta a non credere che essa possa essere dissipata. Si diventa increduli: ma come è possibile non ci posso credere. Sarà una montatura giornalistica, uno sbaglio passeggero che si risolve in poco tempo. Ma poi, in città ci conosciamo tutti non è come nei mercati finanziari dove si gioca con i soldi come al tavolo verde della roulette. Questa parvenza di perbenismo ad oltranza rafforza la fiducia ed ovviamente finisce per aggravare ancora di più la situazione di crisi di una banca, come rappresentato magistralmente nel film. Avere ancora fiducia ma hai già perso tutto. Zero capacità di reazione da parte dei risparmiatori truffati, a cui il film è dedicato. Viene sbobinata tutta la geremia della truffa delle famigerate operazioni baciate, di coloro che ne hanno beneficiato e dei drammi umani che hanno accompagnato queste situazioni. Il panico, sentimento opposto alla fiducia, arriva dopo tempo ed annichilisce, paralizza e si diventa preda di tutto e tutti perchè non vi sono rimedi di nessun tipo per recuperare quel che si è perso. Davanti, purtroppo e con tanta tristezza, trovi solo la morte: difficile che le traballanti istituzioni del nostro paese possano dare dei rimedi e dei ristori. Sappiamo dalla storia che si sono difese adducendo che hanno fatto il proprio dovere, tra codicilli, procedure, carte bollate e scartoffie varie. Tutte si badi bene sono a posto con la coscienza e le proprie competenze istituzionali.

Altro punto che vorrei sottolineare, rimasto un po’ in ombra in queste storie di paese e delle osannate banche del territorio, è la vergogna. Dei soldi persi non se ne parla in pubblico per l’imbarazzo che si prova. Onesti tornitori di una fabbrica metalmeccanica provano vergogna per il disonore che deriva loro dal crollo delle azioni della banca di paese, azioni che credevano di aver comprato come obbligazioni. Passerebbero per stupidi, perderebbero la faccia allo sguardo dei compaesani fino a provare un insopportabile senso di colpa.  Fare finta di nulla per quanto possibile ma tutto si svela anche perchè in paese la gente parla e soprattutto sono finiti i soldi non solo per far sposare la figlia ma anche per tirare a campare. L’epopea del film a questo punto sale e si trasforma in tragedia, l’onta non è più sopportabile e si commettono sciocchezze. Una espressione che ritorna dal passato recente è la richiesta pressante dell’operaio Antonio di pretendere a tutti i costi di sapere dove sono finiti i soldi, suoi e di tanti per miliardi di euro. Pare strano ma in realtà la domanda di Antonio è anche la nostra perchè non sappiamo a distanza di anni dove sono finiti, dove si sono persi. Da qualche parte staranno ovviamente ma non se ne parla più.

Il j’accuse è fortissimo, lancinante, sale verso l’alto,  verso chi avrebbe dovuto controllare e non lo ha fatto. Il film si ferma qui forse per non aggiungere altra benzina al dolore o per pietà umana, tanto a che serve. Chissà che qualcuno non abbia in mente di raccontarci come il Palazzo ha gestito le banche del territorio che saltavano come pop corn, come hanno sedato le possibili rivolte popolari. Ci siamo abituati, potremmo concludere come in tanti altri casi, fino ad anestetizzarci perchè pochissimi pagheranno per il credito malato e il risparmio tradito, anzi.

Film dal forte impegno civile, da far vedere nelle scuole e nei convegni di Educazione Finanziaria e che può lanciare un messaggio nuovo di prevenzione nel mondo della finanza per il futuro, di certo non per le cose passate, al latte versato. Rispetto al film e per quel che mi risulta non è infatti cambiato granché, come ci insegnano i professionisti della finanza ogni giorno sui giornali, in televisione e con i consigli porta a porta.

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1 COMMENT

  1. Nel mondo bancario, il trasferire a entità superiori eventuali liquidità eccessive, era una prassi che bcc e popolari adottavano per ottenere maggiori remunerazioni di mercato.
    La ridotta estensione territoriale e conseguente limitata operatività bancaria le portava, infatti, a trasferire le liquidità verso investimenti sull’interbancario (su banche di maggiori dimensioni) che di regola non comportavano a quei tempi alcun rischio.
    Nelle sedi di Banca d’Italia si svolgeva la cosiddetta “Stanza di Compensazione” dei recapiti (assegni bancari) e accadeva che alle fine realtà minori – ma fortissime nella raccolta da clientela – destinavano a fine sessione cospicue quote dei saldi positivi alle convenute banche maggiori, che operando nell’intero territorio nazionale necessitavano di liquidità per espandere i loro impieghi.
    La famosa determinazione delle ROB mensile (d’area vigilanza) era destinata a creare forme di garanzia nazionale e, contemporaneamente, a limitare progressivamente anche la potenziale replicazione multipla degli impieghi a clientela.
    Poi venne il tempo dei “derivati” e il desiderio diffuso di lucrare su tutto e tutti che, con una vigilanza “ballerina” e amministratori “disinvolti” hanno dirottato il risparmio verso buchi neri.
    Il film sostanzialmente focalizza gli effetti di quest’ultima fase che ha messo in secondo piano la “sana e prudente gestione” e procurato tanti tracolli.

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