Con questo articolo inizia la collaborazione alla nostra piattaforma il dr. Biagio Adile, cultore di questioni bancarie in funzione della tutela della clientela. Il commento è a un caso deciso dall’ABF, interessante perchè l’organismo da’ ragione al cliente bancario, ma non gli risolve tutti i problemi….solo una metà di quelli lamentati. Possiamo accontentarci.
La Banca riduce il fido unilateralmente. Ma il Cliente non ci sta.
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Il caso recensito in questo primo intervento di educazione finanziaria riguarda la riduzione unilaterale, da parte della Banca intermediaria, del fido di una scopertura in conto corrente “a revoca” (cioè a tempo indeterminato) concesso al Cliente.
Vedremo come tale riduzione abbia danneggiato il Cliente sul piano reputazionale e su quello finanziario e come il Cliente, dopo aver presentato reclamo alla Banca, si sia dichiarato insoddisfatto della risposta avutane e si sia pertanto rivolto all’Arbitro Bancario e Finanziario per ottenere giustizia.
Racconteremo in che modo la Banca si è difesa, chiedendo il rigetto del reclamo.
Vedremo, infine, come l’Arbitro ha risolto la questione.
Le motivazioni del Cliente
Il Cliente, titolare di un’apertura di credito in conto corrente di 50.000 euro, sapendo di poter contare su una disponibilità di 29mila euro, stacca un assegno, sul proprio conto, di 25mila euro e lo presenta all’incasso presso una diversa banca.
Il giorno successivo, il Cliente riceve una raccomandata, da parte della Banca che aveva concesso il fido, con la quale gli viene comunicata la riduzione unilaterale del fido medesimo da 50 a 23mila euro a partire dal giorno precedente all’emissione dell’assegno di 25mila euro.
La circostanza riduce automaticamente la disponibilità del conto e pertanto l’assegno risulta privo di provvista (n.d.r.).
Infatti, successivamente, la banca presso la quale era stato presentato l’assegno all’incasso comunica l’esito di “impagato” del titolo, con la causale “correntista deceduto” (vedremo peraltrocome tale causale, per quanto stravagante, non abbia avuto alcun peso nella risoluzione della questione).
Il Cliente, pertanto, dopo l’usuale reclamo alla Banca, si rivolge all’ABF per lamentare:
e per chiedere:
La risposta della banca
La Banca chiede il rigetto del reclamo, affermando che il mancato pagamento dipende da due circostanze entrambe ritenute del tutto legittime:
La Banca precisa, altresì, che la riduzione del fido sarebbe dipesa dall’immobilizzo del conto protrattosi per almeno due anni e dalla necessità di allineare, pertanto, il fido alle reali “esigenze di impiego mostrate dai medesimi correntisti”.
Circa la richiesta di risarcimento dei danni che il Cliente ritiene di aver patito, la Banca contesta la mancanza di prove e la loro genericità.
Cosa dice la legge in proposito
Le questioni in analisi sono sostanzialmente due:
Rispetto al punto a), va preliminarmente precisato che l’assegno in questione “non viene propriamente in considerazione nella sua specifica veste di titolo di credito, ma come semplice documento attestante un ordine di pagamento” (così il Collegio nelle motivazioni della decisione), potendosi perciò ritenere che una più precisa indicazione del luogo di emissione non sia elemento essenziale per validità del titolo stesso.
Ma, soprattutto, sul punto sembra pacifico che la semplice indicazione della provincia soddisfi il precetto della normativa sull’assegno “quando – nel concreto della fattispecie – la dicitura apposta consenta di individuare senza incertezze il luogo di emissione del titolo” (così il Collegio nelle motivazioni della decisione).
Circa l’idoneità della sigla della provincia si vedano anche le decisioni del Collegio di Milano n. 1281/2010 e 2977/2013.
E veniamo al secondo più intrigante punto della questione.
L’art. 1334 c.c. è lapidario nella sua affermazione secondo la quale “gli atti unilaterali producono effetto dal momento in cui pervengono a conoscenza della persona alla quale sono destinati”.
Sul punto la giurisprudenza precisa che la norma si riferisce agli atti unilaterali (ciò deliberati da uno solo dei contraenti) cosidetti “recettizi”, che producono effetti solo dal momento in cui il destinatario ne viene a conoscenza (a differenza degli atti non recettizi, che sono validi sin dal momento in cui vengono attuati). Tale principio trova applicazione anche nei confronti dei rapporti bancari (cfr., da ultimo, Cass., 18 gennaio 2019, n. 1454). La riduzione del fido appartiene, dunque,alla categoria degli atti unilaterali recettizi.
In altri termini: la Banca può legittimamente decidere unilateralmente di ridurre il fido concesso al proprio cliente, ma l’effetto della decisione non può anticipare la conoscenza che ne abbia il destinatario.
La banca, oltre tutto, non può variare immotivatamente il rapporto contrattuale posto in essere col cliente: la disciplina dettata dalla norma dell’art. 118 TUB, infatti, prevede, tra l’altro, il rispetto del requisito del “giustificato motivo” dettando anche modalità e procedure di attuazione della decisione (commi 1 e 2).
Dalla documentazione fornita dalle parti si evince, inoltre, che la lettera con la quale la Banca ha comunicato la riduzione del fido non contiene l’indicazione del motivo a supporto della decisione.
Queste, in estrema sintesi, le ragioni del diritto. Vediamo, quindi, cosa ha deciso l’Arbitro.
La decisione dell’Arbitro
L’ABF ha accolto solo parzialmente le richieste del Cliente. Infatti:
L’Arbitro ha altresì disposto, come previsto dalla normativa vigente, “che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00 quale contributo alle spese della procedura e al ricorrente la somma di € 20,00 quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso”.
Consentitemi, infine, una parentesi che, seppure irrilevante per la questione trattata, nasce dalla perplessità circa la causale “correntista deceduto” utilizzata dall’anonimo impiegato di banca per respingere l’assegno posto all’incasso (e non “mancanza di fondi”).
La lettura degli atti disponibili nell’archivio dell’ABF non consente di capire la bizzarria. Si tratta, secondo me, di uno di quegli inciampi dell’intelligenza in cui incorre il burocrate quando alla ragione preferisce un facile accomodamento della prassi. Sul punto ci consoli ricordare che una delle leggi sulla stupidità enunciate da Carlo Cipolla (Le leggi fondamentali della stupidità, 1976) afferma che “la percentuale degli stupidi è la stessa in qualunque categoria di persone”, dunque anche fra i bancari (e, ahimè, tra noi che ne scriviamo!).
La decisione trattata in questo articolo è la n. N. 6424 del 22 aprile 2022 del Collegio di Napoli. È possibile visionarla al seguente link:
https://www.arbitrobancariofinanziario.it/decisioni/index.html?dotcache=refresh