Le aree terrestri del ferro
Il ferro ha segnato la storia dell’Umanità, ma il ferro di origine terrestre è raro. Esso si trova sulla Terra soprattutto grazie all’impatto con i meteoriti.
Proviene in gran parte dalla Svezia e dalla Russia e segnatamente dagli Urali, cioè da una zona considerata per molto tempo ai confini del mondo conosciuto. Ed era proprio negli Urali che lo zar Pietro il Grande aveva voluto far nascere un’importante industria del ferro. Per ottenerla l’ obiettivo fu di procurare alla Russia un accesso diretto al mar Baltico per incrementare i mercati dell’Europa occidentale. Ciò richiese una lunga guerra con la Svezia, che fu coronata da successo a Poltava, in Ucraina, nel 1709. Nel frattempo, a partire da 1703 era iniziata la costruzione di Pietroburgo, nuovo centro urbano, luogo sulle rive del Baltico, destinato a diventare la seconda capitale dell’Impero e la finestra politica e commerciale aperta verso l’Occidente.
Lo sviluppo dell’industria del ferro era però ostacolato dalla scarsità di imprenditori, di capitali, di tecnici e operai specializzati, nonché dalle difficoltà che incontrava la circolazione delle merci per effetto delle grandi distanze da percorrere e per mancanza di vie di comunicazione. Il non saper formare compagnie industriali, come era avvenuto con successo per l’Occidente, resero il suo progetto di Pietro il Grande ancora più ostico.
La regione degli Urali abbondava di giacimenti di ferro e risorse forestali necessarie per la fusione del minerale, che all’epoca veniva effettuata in forni a legna. Se la popolazione in quel luogo era scarsa, lo zar ovviò al problema imponendo ai contadini delle regioni circostanti di andare a lavorare in quelle fabbriche per una parte dell’anno. Dopo non molto tempo gli europei e gli inglesi in particolare divennero in grado di fare a meno del ferro russo, grazie all’affermarsi di una modalità di lavorazione e sopratutto di combustione. Non era più necessaria la disponibilità di ampie risorse forestali, avendo l’uso del carbone prese il posto della legna.
Dopo ossigeno, silicio ed alluminio, il ferro è l’elemento più diffuso sulla crosta terrestre, ma è disperso. Secondo gli scienziati e ricercatori di Oxford, sono stati scoperti i probabili meccanismi con cui il ferro ha influenzato lo sviluppo di forme di vita complesse sulla Terra. Il ferro è un nutriente essenziale per quasi tutte, per crescere e prosperare, e l’uomo ben lo sa, perché se ne ha carenza, avverte nel proprio corpo stanchezza e anche le piante hanno una crescita più stenta.
Il ferro fuori dalla Terra
Il telescopio James Webb sta valutando la quantità di ferro nel mantello degli esopianeti, in quanto le concentrazioni di ferro nella crosta terrestre sono ormai rari. Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Proceedings of the National Academy of Sciences.”
Gli scienziati “cosmochimici” sono scienziati che studiano l’origine e lo sviluppo degli elementi chimici nel cosmo, con prove di laboratorio, sono riusciti a dimostrare che il ferro potrebbe essere nascosto dentro molecole, in uno stato che finora non era stato rilevato dalle nostre conoscenze. Sappiamo che tutta la materia può bruciare aggiungendo ossigeno, ma trovare la giusta miscela e generare abbastanza calore fa sì che alcuni materiali brucino più facilmente di altri, per esempio il ferro che brucia non emette gas nocivi. E’ un fuoco puro.
La scienza tecnologica ha dato risposte positive nell’usufruire di strutture e infrastrutture della ricerca spaziale da parte delle Istituzioni e Agenzie Governative. È lo studio di fenomeni fisici che aiutino gli scienziati a migliorare le conoscenze fondamentali in varie discipline, con la conseguenza di accelerare lo sviluppo di applicazioni innovative. Le sperimentazioni che avvengono in ambito diverso da quello terrestre devono superare l’assenza di gravità, come avviene nelle stazioni spaziali o nei veicoli che orbitano vicino alla terra. Per poter ovviare a questo “problema”, sono nate le “microgravity platform” , piattaforme per effettuare voli parabolici e torri di caduta. Ognuna di queste manovre permette di ottenere fino a circa ventidue secondi di assenza di peso.
Il ferro come combustibile
Siamo ad un punto di studio, in cui le condizioni di microgravità possono dare un contributo essenziale alla realizzazione di applicazioni innovative, di esperimenti scientifici e allo studio di fenomeni fisici, chimici e biologici che potrebbero essere mascherati o modificati dalla gravità terrestre. Tutti elementi che dimostrano che il ferro potrebbe essere nascosto dentro molecole e legato a strutture di carbonio che ne rendono difficile la rivelazione. Gli scienziati sono convinti di aver fatto un passo in avanti: Il ferro sarebbe legato al carbonio per formare lunghe catene molecolari, abbondanti nel mezzo interstellare. Il ferro come combustibile può diventare un accumulo di energia circolare e riciclabile all’infinito.
L’impianto dimostrativo del combustibile ferroso è già attivo e funzionante a Budel, vicino a Eindhoven, nei Paesi Bassi. Utilizzando il ferro come fonte di combustibile, questo generatore può produrre un milione di watt di vapore in un’unità che si trova in un solo magazzino. Una centrale elettrica in ferro potrebbe produrre ancora più energia.
L’utilizzo del ferro come fonte di combustibile sulla Terra è iniziato circa un decennio fa. Ora la comunità dei combustibili metallici è formata da centinaia di scienziati e ingegneri sparsi in tutto il mondo, ed è una tecnologia molto importante per combustibili alternativi privi di carbonio.
L’ ENEA svolge attività a zero-gravità fin dal 2004, nell’ambito della ricerca sulla trasmissione di calore per applicazioni spaziali, in particolare per la strumentazione elettronica di veicoli spaziali, satelliti e stazioni orbitanti. Le Agenzie Spaziali, come l’ESA si stanno preparando a costruire avamposti lunari sostenibili. Per questo motivo sono stati stanziati 57 milioni di euro dal PNNR, per la costruzione delle Space Factory, per la progettazione di tecnologie innovative per i servizi di esperimenti scientifici in microgravità: la ricerca del miglior combustibile serve a fornire energia agli astronauti sulla Luna.
Ma questa è solo una delle tante sfide da superare. Utilizzando l’energia solare, non solo le polveri di alluminio e silicio, ma anche dai minerali lunari, l’idrogeno e l’ossigeno possono essere sfruttati dal ghiaccio lunare trovato in grande abbondanza. L’idrogeno può essere utilizzato per convertire la polvere lunare che è ricca di ferro e titanio per produrre acqua e polvere di ferro. Le polveri metalliche e l’ossigeno del ghiaccio d’acqua possono essere usati come propellenti per razzi o per il trasporto via terra, l’acqua può essere usata come acqua potabile. Insomma al ferro, oltre che del nostro passato, saremo probabilmente debitori del nostro futuro.
Torna con un suo articolo Elena Tempestini, la quale, nel suo interessante scritto sottolinea l’ambiguità della cultura umana. In questo senso il suo pezzo ha una doppia veste ovvero propone, se vogliamo, due differenti chiavi di lettura.
Per un aspetto evidenzia come la scienza e le conoscenze siano sempre la base per la sussistenza dell’essere umano.
Dall’altro mettono in chiara luce quanto spesso l’ignoranza e ogni oscurantismo sono agevolate da forme di sfruttamento e d’interesse di parte; che tendono a frenare la possibilità di incentivare nuove scoperte e a rallentare la sostanziale indispensabilità di qualunque formula di stimolo al progresso!