A novembre di questo anno il dr. Ignazio Visco lascerà la poltrona di Governatore di Banca d’Italia dopo dodici anni di mandato e dopo oltre cinquant’anni di servizio nell’istituzione, dal lontano 1972. I suoi due mandati hanno visto l’uscita dalla più acuta recessione mondiale dopo la crisi del 29, l’avvio della Sepa (2014) e dell’Unione bancaria (2014), l’entrata in vigore di importanti direttive comunitarie, compreso il nuovo schema di risoluzione delle crisi bancarie. L’entrata in vigore di nuovi strumenti europei e nazionali di intervento nella economia, a cominciare dal Next Generation Eu e dai Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza.
A livello nazionale, si sono avute le riforme delle banche popolari e di quelle cooperative, le crisi di numerose banche regionali, oggi pressochè scomparse, con fenomeni di distruzione del risparmio, l’avvio a soluzione della pluriennale vicenda Monte dei Paschi, con l’intervento statale. Da non scordare le inchieste parlamentari sulla vigilanza creditizia sulla qualità dell’esercizio dei controlli sulle banche. Visco si è confrontato con 9 governi, delle più variegate composizioni politiche, spesso in situazioni di emergenza. Durante la pandemia il debito pubblico è esploso fino al 160% del Pil e il Pil ha ceduto il 10%. Il rimbalzo è tuttora in corso. Ciò per ricordare i fatti principali.
Tempo dunque di bilanci e di ricordi che si sono addensati nella sua mente durante la lettura delle Considerazioni Finali, le sue ultime. Ed allora quale giudizio possiamo trarre dalla sua lunghissima permanenza alla guida di una istituzione così importante?
E’ stato il peggiore o il migliore della sua nobile schiatta? Per vari motivi è difficile rispondere, non siamo usi alle critiche e ai rimbrotti alle istituzioni ma possiamo avanzare un consuntivo sulla base del se e come egli abbia migliorato la Banca d’Italia dopo che Draghi andò a fare il Presidente di BCE a Francoforte. Nel fare queste considerazioni ci basiamo sulle fonti ufficiali e su ciò che egli ha detto oggi dallo scranno di Palazzo Koch alla Nazione.
Nel 2011 la Relazione al Governo e al Parlamento enumerava 6 macroaree o profili amministrativi mentre l’anno scorso la Relazione sulle gestione e sull’attività svolta ne prevedeva ben 14, una vera esplosione di funzioni e di attività, quasi una all’anno in più nel periodo considerato del suo governatorato. Vediamole più da vicino, trattandosi del vestito istituzionale con cui la Banca d’Italia si presenta ai cittadini e alle massime vestali della Repubblica Italiana.
In modo molto schematico, più di un decennio fa la banca era raccontata per le sue funzioni più rilevanti: funzioni in ambito Eurosistema, di Banca Centrale, di Vigilanza sugli intermediari finanziari, di Supervisione sui Mercati e sui Sistemi di Pagamento ed infine di Ricerca Economica e Organizzazione.
L’oggi vede la superfetazione di competenze estese mentre scompare la dizione delle funzioni, che aveva contrassegnato le precedenti analisi. Una miscellanea che spazia su tutto – la cultura, l’ambiente, la stabilità finanziaria, la società, ecc. – che è utile passare in rassegna perchè segna le caratteristiche dell’evoluzione generalista di via Nazionale.
1. LA GESTIONE DELLA BANCA
2. LA POLITICA MONETARIA
3. LE BANCONOTE E LE MONETE
4. I SISTEMI DI PAGAMENTO
5. LA SORVEGLIANZA SUI MERCATI, SUL SISTEMA
E SUGLI STRUMENTI DI PAGAMENTO
6. LA VIGILANZA SUGLI INTERMEDIARI BANCARI E FINANZIARI
7. LA GESTIONE DELLE CRISI
8. LA STABILITÀ FINANZIARIA E LE POLITICHE MACROPRUDENZIALI
9. LA RICERCA, L’ANALISI E LE RELAZIONI ECONOMICHE
E FINANZIARIE
10. LE STATISTICHE
11. I SERVIZI PER LO STATO
12. LA TUTELA DELLA CLIENTELA E L’EDUCAZIONE FINANZIARIA
13. L’IMPEGNO PER LA CULTURA, L’AMBIENTE E LA SOCIETÀ
14. L’ AMMINISTRAZIONE DELLA BANCA D’ITALIA
E’ tutto cambiato in modo radicale, ma come è stato possibile una implementazione di tanti compiti in così pochi anni, mentre la BCE diventava adulta e assorbiva rilevanti funzioni dalle banche centrali nazionali, vegliando da oltre 20 anni sulla circolazione dell’euro?
L’arcano si scopre ricorrendo alla parafrasi e cioè alla capacità, se non all’arte, di riscrivere un testo con altre parole più semplici facendo attenzione a non modificare il senso e il significato originario. Non è solo in letteratura che si può utilizzare la parafrasi, essendo diffusa anche nell’ordinamento giuridico e nella vita delle istituzioni (il latinorum di manzoniana memoria). La Banca d’Italia ha in qualche senso parafrasato se stessa. Negli anni le pagine che con dovizia raccontavano i suoi compiti sono diventate paragrafi ben strutturati e infine i paragrafi sono diventati veri e propri capitoli portanti, i 14 che abbiamo esaminato prendendoli dall’indice. E il gioco è fatto. Un esempio è la tanto pubblicizzata Educazione Finanziaria, cui era dedicata appena una pagina un decennio fa, mentre oggi costituisce insieme alla tutela del consumatore un capitolo a parte, il dodicesimo.
All’interno di questo meccanismo, vi è la ferma convinzione di Visco che le crisi bancarie siano state un passaggio doloroso sì ma di scarso impegno per le finanze dello Stato soprattutto se raffrontate con gli interventi in altri paesi. E’ singolare che ne abbia parlato anche oggi rimandando a un grafico allegato alle sue ultime CF. Vale la pena notare che tale pensiero minimalista ed autoassolutorio si scontra con la drammaticità di tanti salvataggi bancari che hanno azzerato il sistema di banche regionali, con la necessità di valutare non tanto gli interventi pubblici ma le perdite corrispondenti e i costi opportunità delle crisi e infine con la politica assistenziale profusa a piene mani nei confronti delle imprese industriali (ILVA,ALITALIA, ad esempio) e delle stesse banche durante la pandemia.
Abbiamo seri dubbi che negli anni a venire si possa continuare così anche perchè l’impressione è che istituzioni simili stiano evolvendo verso una verticalizzazione e un accentramento delle funzioni e dei compiti per un governo più incisivo della propria missione. Guardiamo ad esempio la Banque de France e la BCE.
La banca centrale francese individua tre obiettivi principali mentre la Banca Centrale Europea si configura in 12 aree come risulta dal suo ultimo Rapporto Annuale anche se i profili istituzionali sono in numero inferiore, otto o nove. Qui l’ampiezza dei compiti pare più che giustificata dalla complessità delle cose da fare per i paesi europei e per quelli di Eurolandia.
Il lascito di Visco è dunque il tentativo di arginare il declino della Banca d’Italia con funzioni e competenze più o meno nuove che, tuttavia, non possono compensare la perdita della politica monetaria e della vigilanza bancaria e finanziaria a vantaggio della istituzione europea. La memoria storica delle tante crisi bancarie che si sono verificate durante i suoi due mandati pesa come detto enormemente su tale trasformazione strutturale. Allo stesso tempo, proprio queste défaillance rendono più convincente l’altro tentativo, questo sì riuscito, da parte della BCE di acquisire la vigilanza bancaria oramai sull’intero sistema sia della Banca d’Italia, come pure delle altre BCN di Eurolandia. L’ultimo passaggio sarà quello dell’assicurazione dei depositi.
Il bilancio che possiamo trarre è che il nostro paese ci ha guadagnato, la Banca d’Italia no. Quindi puntare sulla volontaristica espansione di ruoli piuttosto che sulla efficienza nello svolgimento dei compiti rimasti appare uno sforzo, che porta ad occuparsi di argomenti poco tipici di una Banca Centrale Nazionale, per quanto in fase di ridimensionamento davanti alla avanzata della Banca Centrale Europea. Quale sarà dunque la Banca d’Italia del futuro?
Autorità, Signori Partecipanti……..