La scuola fu nota per la conoscenza chirurgica di patologie dell’occhio quali la cataratta, per l’urologia e per il trattamento dei calcoli renali. Nella scuola si seguiva la regola di San Benedetto, il quale era nato nella vicina Norcia. Benedetto in persona chiedeva ai suoi monaci di imparare l’arte della chirurgia e l’arte della farmacologia.
Il suo motto era «infirmorum cura ante omnia et super omnia adhibenda es” “Devi prenderti cura dei malati prima di tutto e soprattutto”.
Con il quarto Concilio lateranense del 1215, fu vietato ai monaci l’arte chirurgica; essi potevano solo occuparsi di piante officinali per la farmacologia, ma non più esercitare la chirurgia che li avrebbe distratti dal loro ruolo teologico-spirituale.
Per questo motivo, anche quali “intermediari” dell’antica Scuola Medica Salernitana, la prima e più importante istituzione medica dell’Europa Medioevale, antesignana delle moderne università, i monaci Benedettini insegnarono ai propri concittadini l’arte della chirurgia. Si consolidò in ambito prima contadino e familiare, con esperienze tramandate di padre in figlio, fino a costituire nel tempo vere e proprie dinastie di chirurghi. Le famiglie di chirurghi preciani raggiunsero l’apice della propria fama nel Cinquecento. La regina Elisabetta I, giorno dopo giorno vedeva sempre meno avendo il terrore di divenire cieca.
L’intervento era rischioso, ma non c’era in tutta l’Inghilterra qualcuno che avesse le capacità e le conoscenze adeguate per affrontare la difficile operazione. Il migliore medico al mondo abitava in Italia, il suo nome era Durante Scacchi, nativo di Preci, un piccolo borgo umbro conosciuto per la scuola chirurgica, famosa per aver dato i natali ai chirurghi più famosi dell’epoca.
Ma vi era un ostacolo insormontabile. Durante Scacchi era il medico personale di Sisto V, il papa cattolico, grande nemico della regina Elisabetta I. Per l’Archiatra non era una scelta facile, era lusingato di essere stato scelto dalla regina, ma non poteva creare un “caso diplomatico” nei confronti del Papa .
Fu allora che il chirurgo ebbe la brillante idea da riferire ai messaggeri londinesi, proponendo il nome di un altro medico, il suo allievo prediletto, che altri non era che suo fratello: Cesare Scacchi, notissimo per la sua perizia in anatomia e chirurgia.
Cesare Scacchi affrontò il viaggio a Londra dove ebbe molti incontri con i medici inglesi della corte. La salute di Elisabetta non solo era “un affare di Stato”, ma anche un segreto che tale doveva rimanere.
I nemici del trono che affollavano la Torre di Londra non dovevano sapere di questo “inconveniente” che rendeva debole la Regina. Elisabetta parlava sei lingue in modo fluente e da giovane, nei duri giorni dei sospetti e della prigionia, aveva studiato l’italiano. Furono giorni di intensi scambi tra la regina e il suo chirurgo, che le raccontò della scuola chirurgica di Preci. Il loro successo era dovuto anche alla grande attenzione che prestavano all’igiene e alla sterilizzazione degli strumenti usati nelle operazioni. Purtroppo le infezioni erano la causa più frequente di morte. I preciani introdussero l’uso del rasoio cauterizzatore, che limitava le emorragie. Erano famosi anche per le medicazioni con impasti di erbe officinali, che favorivano una rapida cicatrizzazione delle ferite.
Arrivò il giorno dell’operazione, Cesare Scacchi prima bendò l’occhio che non era oggetto dell’operazione. Poi, con mano ferma, introdusse un ago d’oro nel bulbo oculare: raggiunse la cataratta e con una abile rotazione l’abbassò sotto la pupilla. Poi ripeté l’operazione sull’altro occhio, usando l’altra mano. Dopo nove giorni di cure la regina recuperò la vista e il buonumore. Il chirurgo preciano seguì il decorso post operatorio fino alla completa guarigione della importante paziente. Elisabetta I, felice di aver riavuto la vista, in segno di riconoscenza, ricompensò il medico umbro con mille scudi d’oro.
La Regina fu salvata, Dio le aveva concesso nuovamente la vista, il popolo, felice celebrò la sovrana. Elisabetta I aveva 55 anni e regnava da 30, era all’apice della sua potenza.
Ma il 1588 sarà anche un anno nefasto per la Regina conosciuta come la “Vergine Guerriera”; quell’anno morirà il suo amatissimo Leicester, l’antico favorito. Leicester era l’amante, ma anche il consigliere fidato che, come nessuno conosceva il suo carattere e i suoi segreti, sapendole stare vicino anche nei momenti difficili come quello dell’operazione.
Una leggenda si tramanda da secoli, grazie alle infermiere della scuola chirurgica di Preci, le quali provenivano dalla vicina Norcia, sembra che Elisabetta I appena tolse le bende e si accorse che i suoi occhi erano guariti, rivolgendosi alla sua infermiera abbia esclamato: “Grazie nursia!”.
Da questa esclamazione si pensa che il termine inglese nurse, infermiera, richiami proprio la città di Norcia.
Brava Elena, come al solito fonte inesauribile di cultura profonda!