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The Whale, un film manifesto

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The Whale, è un film la cui trama ruota attorno alla vita di un uomo patologicamente obeso di quasi 300 chili interpretato da Brendan Fraser.  Segna il ritorno dietro la macchina da presa di uno dei più visionari registi del cinema contemporaneo: Darren Aronofsky. Darren mette in scena un dramma straordinariamente intimo e teatrale, ispirandosi all’omonima pièce del 2012 scritta da Samuel D. Hunter – che firma anche la sceneggiatura di questo adattamento cinematografico. Gli americani e il loro cinema riescono a stupirci perchè hanno la capacità di rendere monumentale la narrazione della natura umana. Raramente cadono nella caricatura o nel profilo macchiettistico dei personaggi che portano sullo schermo. E per due ore nel chiuso di una stanza di periferia di una anonima città americana Charlie l’obeso si muove con la grazia di una balena, recluso nel suo stesso grasso prorompente. E lì, in questo ridotto della umana condizione, inizia a girargli intorno la vita con le sue pretese e le sue disillusioni. Il ricordo vivido dell’amore passato,l’omosessualità che divide, la moglie e la figlia che lo accusano di aver rovinato la loro vita, la presenza scenica e continua quasi fisica della sua infermiera, l’unica che si prende cura della sua malattia. Dunque, non è un film sul dolore come tanti che riescono a strappare a buon prezzo empatia e commozione allo spettatore. E’ invece un film potente sulla condizione umana, di chi arriva a capire di quanti nodi irrisolti è costellata la sua vita e non riesce ad uscirne. Come il capitano Achab che insegue la balena ma in realtà insegue i suoi demoni e le sue angosce. L’assenza di Dio che quasi si materializza, per contrappasso,in un giovane predicatore metodista che invece vuole riportare Charlie e la sua disastrata famiglia sulla retta via. La bontà, il perbenismo che ti aspetti scendano come miele per risolvere la trama del film e per dare anche a noi spettatori una via di uscita dai meandri della nostra vita. Soprattutto se è costellata da sensi di colpa.

Non c’è redenzione, invece, in questa moderna tragedia greca ma solo l’accettazione del proprio destino con la dolcezza che riesce ad infondere agli altri il meraviglioso professore di inglese Charlie. In questa consapevolezza la metafora dell’obesità, gabbia dell’esistenza umana, si risolve e lo mantiene attivo e ancora vivo. Va alla spasmodica ricerca degli altri, dei suoi affetti trascurati da tempo, dei suoi studenti del corso di scrittura creativa. Proprio come Melville che nel capitano delle baleniere Achab vi vede il riscatto della condizione umana, fatta di dolori e di sensi di colpa ma anche di forza e coraggio.

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1 COMMENT

  1. Da vedere, fra i più belli che ho visto negli ultimi tempi. Un film che affronta un insieme di questioni e, fra le tante, di certo anche aspetti che riguardano molti di noi e il nostro quotidiano (direttamente o indirettamente).
    Un’opera complessa che chiude con un finale adeguato allo spessore culturale delle problematiche che affrontata. Sfiorate, focalizzate, accennate ……. ciascuno certamente saprà vedere e scoprirà sfumature e dettagli, secondo la propria sensibilità, le esperienze e le proprie conoscenze.

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