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Le ragioni per non approvare il bilancio 2022 della CSR e per cambiarne la governance

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A distanza di tre mesi dalla chiusura dell’esercizio 2022 finalmente inizia a circolare il bilancio della CSR, banca cooperativa con sede a Roma fondata nel lontano 1903 e posseduta da dipendenti e pensionati della Banca d’Italia.  Ne abbiamo parlato diverse volte in questi ultimi anni per varie ragioni.

Rimandiamo a quanto da ultimo scritto, aggiungendo una motivazione in più ad occuparcene ancora. La Cassa è parte inscindibile della storia di noi dipendenti, è il nostro salvadanaio per il tempo del lavoro e per quello della pensione. Molti sono azionisti, depositanti e destinatari di operazioni di credito, allo stesso tempo.

Non aveva obiettivi nè dimensionali nè di complessità operativa. Doveva restare nell’ambito dei servizi creditizi essenziali, in nome del cooperativismo solidale.

Alcune iniziative degli ultimi anni hanno invece apportato modifiche allo scopo primigenio del sodalizio, accentuandone la natura finanziaria.

Qualche osservazione può aiutare a spiegarci meglio.

Non ci dilungheremo su questioni giuridiche o di trasparenza del bilancio che pure sono essenziali riguardando, per quanto concerne la comunicazione con i soci, il terzo pilastro di Basilea che impone una rigorosa ed esaustiva informativa verso l’esterno.

Per farla breve, essa ci è apparsa in più di una occasione tardiva e incompleta. Alla fine dell’articolo ne forniremo un esempio: quello della comunicazione dei risultati di un accertamento ispettivo di vigilanza non proprio banali.

Al momento ci concentriamo su aspetti che interessano la strategia e le politiche di gestione della banca che non ci soddisfano e ci suggeriscono di non approvare il bilancio 2022 e di votare, per un sostanziale cambiamento degli organi sociali, dando fiducia alla lista n. 2 denominata “Competenze e solidarietà”.

Le perplessità, da un punto di vista generale, rimandano alla dimensione finanziaria della società, con una notevole esposizione in termini di rischio di tasso di interesse.

Su 6 miliardi circa di attività appena 1 miliardo è rappresentato da impieghi ai soci, essendo gran parte delle risorse disponibili investite in titoli azionari, quote di OICR, titoli di stato italiani, ma anche di paesi europei periferici quali Portogallo e Irlanda. Su queste attività si sono registrate, per l’impennata dei tassi, cospicue perdite sulla rilevante parte (poco meno di 2 mld) al fair value e molte minusvalenze sono presumibilmente annidate nella altrettanto rilevante quota (circa 2 mld) contabilizzata al costo ammortizzato. In bilancio non vengono date su queste ultime informazioni. Quasi tutta la raccolta dai depositanti è a vista, mentre l’attivo ha una durata intorno ai cinque anni, dando luogo a un mismatching strutturale delle scadenze dell’attivo e del passivo.

Strabismo reddituale

Negli ultimi quattro anni il margine di interesse è risultato negativo per diversi milioni, tornando positivo solo nel 2022.

Quest’anno, a fronte di utili netti per 42 milioni e da distribuire tra dividendi e beneficenza per oltre il 50%, si registra un reddito complessivo negativo per 139 milioni. Il segno opposto di queste due grandezze non è dato di riscontrare in altre banche.

E’ a questi elementi strutturalmente distonici che probabilmente si riferisce il volantino della lista di candidati avanti citata, quando recita che “i risultati di bilancio 2022, evidenziano gravi scompensi delle grandezze finanziarie che si sono tradotti in una perdita del patrimonio netto pari a 100 milioni di euro e in una redditività complessiva negativa pari a 139 mln, su cui ha pesato il minor valore del portafoglio titoli, diverso dalle azioni, per 182 mln di euro.”

Il rapporto causa-effetto tra scompensi e risultati di periodo sono palesi e non potrebbe essere altrimenti, come sanno coloro che hanno nozioni di base di banking e di regulation bancaria.

Senza volerci addentrare in dettaglio nei citati squilibri, è evidente che occorrerà riposizionare la Cassa su un sentiero di equilibrio economico/finanziario che consenta ogni attenzione ai bisogni dei Soci.

Ne consegue che i rimedi non possono non essere rivolti a un programma aziendale di ripristino di un più armonico rapporto tra le masse intermediate, a cominciare dal riequilibrio strutturale tra margini reddituali.

Questa operazione si presenta quanto meno complessa, sembrando di inseguire una sorta di quadratura del cerchio, se si intendono soddisfare contemporaneamente azionisti, depositanti e mutuatari, senza rispettare vincoli e compatibilità di bilancio.

Vediamo più in dettaglio le ragioni della nostra critica.

1. Il significativo aumento della raccolta da clientela, favorita da una politica generosa dei tassi di interesse, anche non allineata alle tendenze del mercato, non è giustificata dalla dinamica degli impieghi ai soci, limitati a poco più di un miliardo. Di contro la banca ha fatto crescere a dismisura gli investimenti in titoli di stato italiani ed esteri, azioni e obbligazioni di aziende private, quote di OICR, partecipazioni tra cui quella nella Banca d’Italia per oltre 200 milioni.

2. Le suindicate dimensione e composizione di passività e attività ha generato, per rimanere agli ultimi quattro esercizi, una altalenante rincorsa tra margine di interesse negativo (tre volte su quattro, per oltre 30 milioni) ed utili sempre positivi (dai 40 ai 50 milioni ogni anno), ottenuto soprattutto mediante realizzo di plusvalenze su titoli, ora esauritesi, come segnalano le perdite da valutazioni su quelli al fair value. Esse hanno, come detto, inciso negativamente sul patrimonio di vigilanza per 100 milioni. Due miliardi di altri titoli sono immobilizzati, avendo insite perdite non quantificate. Senza rischi di credito stante la qualità dei debitori (personale della Banca d’Italia e loro famiglie) e con i costi di lavoro assorbiti dalla Banca d’Italia medesima), il risultato finale 2022 non è eclatante. Il Roa è intorno allo 0,6%, in media col sistema, e il Roe al 5%, contro una media del 9%.

3. Il patrimonio è robusto, ma non proporzionata appare la sua composizione. Il capitale sociale (circa 16 milioni di azioni per 16000 soci) è 1/10 dell’aggregato di vigilanza e potrebbe, più proficuamente per i soci, essere alimentato da aumenti di capitale gratuiti nell’ottica di massimizzare i dividendi di esercizio, oggi non più concorrenziali rispetto ad investimenti alternativi, che proteggono dall’inflazione.

L’ispezione di vigilanza

Il 2022 è stato anche contrassegnato da una ispezione di vigilanza della Banca d’Italia i cui esiti il socio ricava indirettamente dalla relazione del Collegio sindacale che illustra le criticità emerse (invero non secondarie), mentre il Consiglio si limita ad un fugace e asettico accenno all’evento e alle iniziative seguite. Cfr sempre volantino sottostante.

Scrive il Cda:

“Nel corso del 2022 (periodo aprile-luglio) la Cassa è stato oggetto di un accertamento ispettivo di Vigilanza in esito al quale sono state avviate iniziative di rafforzamento degli assetti tecnico-gestionali con la predisposizione di un piano di attività. In particolare, nell’ambito del cennato percorso di rafforzamento, il Consiglio di Amministrazione ha altresì valutato l’opportunità di avvalersi di società esterne di comprovata affidabilità e competenza per il supporto nella fase di implementazione delle misure aziendali individuate.”

Scrive il Collegio:

“In particolare, il Collegio Sindacale ha esaminato:
– le cause delle truffe on-line e le necessarie attività conseguenti, per quanto riguarda sia il bilancio sia i presidi operativi;
– il grado di adeguatezza del vigente statuto alle modifiche normative intervenute negli ultimi anni, tenuto conto dell’esito negativo del voto sulle modifiche statutarie proposte;
– l’applicabilità del limite statutario massimo dei tre mandati negli organi sociali anche con riguardo ai mandati espletati prima dell’entrata in vigore del limite medesimo;
– come negli anni precedenti, le debolezze dei controlli interni, dovute tra l’altro alla assenza della mappatura dei processi e al carattere monocratico delle funzioni di controllo di secondo livello;
– la mancanza di una funzione di organizzazione;
– la mancata mappatura delle abilitazioni e l’inadeguatezza, in termini di risorse, della funzione informatica.
Sugli aspetti suindicati, il Collegio sindacale ha richiamato l’attenzione del Consiglio di amministrazione e della Direzione, all’occorrenza sollecitandone l’azione.”

Insomma ci sono molti e importanti spazi di miglioramento in aree sensibili in termini di funzionalità organizzativa e conformità alle norme.

Sostenendo che il bilancio va criticato e che la gestione va cambiata, non intendiamo dire che, per quanto complessa, l’operazione di riaggiustamento non sia fattibile, a condizione di un’attenta rivisitazione delle poste principali di bilancio, analisi da porre a fondamento di un piano strategico, ora mancante (lo dice ancora il volantino), che si proponga di intervenire sui cennati squilibri, assicurando stabilmente le risorse necessarie al soddisfacimento dei vari e legittimi interessi dei soci.

Sopratutto è da evitare la continuazione di una gestione che, volendo accontentare tutti, non riservi il massimo della attenzione alle sorti future del sodalizio.

 

 

 

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4 COMMENTS

  1. Gli evidenti non nuovi squilibri gestionali portano a far riflettere sulla natura giuridica della istituzione CSR, vicina a realtà che da un giorno all’altro sono aimè scomparse nei panorami toscani e veneti in particolar modo.
    Al di là degli accertamenti di vigilanza che sembrerebbero aver focalizzato, tra i vari aspetti critici, anche osservazioni sollevate da questo portale in occasione del precedente bilancio, da tempo si ha quasi l’impressione di una gestione “fantasiosa”, molto ispirata forse al gioco del Monopoli, con investimenti che espongono a non pochi rischi la stabilità economica e, conseguenzialmente, la protezione dei risparmi di tanti soci, fondamentalmente stabili, di regola passivi e in maggioranza oltremodo fiduciosi.

  2. Per approfondire, con una pillola di mero buon senso in tema di assetti di governo.
    A p. 27 del bilancio si legge:
    “In linea con gli impegni assunti dalla Cassa in esito al già richiamato accertamento ispettivo di Vigilanza, nel dicembre 2022 il Consiglio d’Amministrazione ha deliberato una revisione dell’assetto organizzativo della Cassa con la previsione di un rafforzamento qualitativo e quantitativo dell’organico, l’aggiornamento degli assetti interni (con la creazione di 5 Settori e 1 Nucleo) oltre che la costituzione di una nuova Divisione con competenze in tema di Organizzazione. La completa implementazione del riassetto è prevista nel corso del 2023.”

    Si parla di impegni assunti dalla Cassa ma il Collegio Sindacale non spende una parola sulla revisione dell’assetto organizzativo. Ne è al corrente e che cosa pensa in proposito ?
    Siamo in aprile e quindi che cosa è stato fatto finora ?

  3. Giustamente, gli estensori dell’articolo ci dicono che la situazione non ha riscontro presso altre banche. Il riferimento è all’utile positivo e alla redditività complessiva negativa. Ed infatti, nella valutazione delle banche conta molto il contesto e l’evoluzione del mercato. Osservazione banale ma mi pare che il bilancio che presentano per l’approvazione naviga in ben altre acque. Chi fa il bilancio dovrebbe spiegare e dilungarsi sul perchè di questa situazione nei confronti dei soci che saranno anche “passivi” e poco interessati ma meritano tutte le informazioni possibili. Poi sta a loro valutarle semmai sollecitando alla Cassa interventi di Educazione Finanziaria per capire il significato delle poste di bilancio. Signori sveglia, esigiamo professionalità per gestire i soldi altrui.

  4. Volendo puntualizzare due aspetti esposti nell’articolo e forse non messi adeguatamente a fuoco nelle note esplicative del bilancio ufficiale pubblicato, si potrebbe osservare che l’utile d’esercizio di 42,5 mln conseguito nel 2022 (-16,8%, rispetto al 2021) beneficia del tasso di rendimento su base annua delle quote azionarie di Banca d’Italia (del 4,53%, con un dividendo di 10,2 mln, che corrisponde al 24% dell’ammontare dell’utile d’esercizio).
    L’ammontare dell’utile ufficiale, in ogni caso, non può certamente oscurare la significativa negatività generatasi nella diminuzione delle riserve patrimoniali, a causa di svalutazioni di poste dell’attivo. La consistenza di fine 2022 del Patrimonio della CSR, pari a 779 mln (era di 877 mln), si è ridotta dell’11,7% per 162 mln di fondi di riserva utilizzati (pag.19).
    L’esposizione ad elevati rischi di svalutazione latenti su ulteriori poste dell’attivo, configurano anche negatività potenziali che, abbinate al risultato economico d’esercizio, dovrebbero indurre a riflettere sulla qualità della operatività gestionale delle risorse amministrate e sull’opportunità del continuare a perseguire una politica di raccolta palesemente eccessiva rispetto alle necessità cooperativistiche istituzionali primarie, improntate a offrire forme assistenziali e di finanziamento per rispondere alla necessità dei soci. A tal proposito potrà tornare utile ricordare a cosa corrisponde la sigla C.S.R. nella sua denominazione completa: “Cassa di Sovvenzioni e Risparmio fra il personale della Banca d’Italia”.
    La Cassa è oggi sottoposta a nuove regole europee che, in qualche modo espongono a rischio il patrimonio sociale e non solo quello. Prima o poi potrebbe anche accadere che, per chi mantiene i propri risparmi in depositi liberi o vincolati in CSR ritenendoli sicuri, di domandarsi se non possa essere più conveniente e prudente investire in proprio direttamente sui Titoli di debito pubblico nazionali (Buoni postali compresi), piuttosto che continuare a orientarsi verso la Cassa che, a sua volta, oltre a porsi come parziale intermediario in acquisizioni di dette tipologie obbligazionarie si rivolge a investimenti altri, esponendosi – senza le adeguate coperture e i necessari strumenti (per quest’ultimo aspetto parlano i rilievi dell’ispezione di vigilanza)- verso mercati finanziari più rischiosi.
    Potrebbe infine risultare interessante poter per una volta introdurre una possibilità di garanzia rafforzata, come accade in politica per le nomine nelle commissioni di vigilanza, apportando una novità sostanziale riguardo alla composizione del Collegio sindacale chiamato a sorvegliare sull’attività amministrativa del Consiglio di Amministrazione.
    Con le prassi attuali che prevedono liste unitarie nell’elezione degli organi (CdA e CS), leggendo le relazioni dei sindaci di qualsivoglia bilancio, non capita quasi mai di rilevare posizioni critiche sull’operato gestionale complessivo.
    La sperimentazione potrebbe svincolare da potenziali ovvie sudditanze o commistioni, se la carica di sindaco potesse attingere ad un elenco unico e comune a tutte le liste (creando di fatto una specie di voto disgiunto). Potrebbe creare altre alternative nelle formule elettive. Chissà.

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