5° episodio della serie “In 5 minuti le idee che hanno cambiato il mondo”. |
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1. Adam Smith: la nascita dell’economia politica
2. Gustave Le Bon: psicologia sociale e psicologia individuale
3. Kurt Gödel: il cervello non funziona come un computer
4. Hilary Putman: il cervello nella tinozza
5. Karl Popper: le società aperte
Oggi, torna il nostro Guglielmo Piombini. Questo giovedì di primavera vi proponiamo l’origine di un’idea che ha avuto una fortuna immensa nel mondo contemporaneo in tutti gli ambiti del pensiero e in tutte le discipline. È l’idea di un sistema aperto. La ritroviamo pure nel mondo dei computer e della cibernetica. |
Non è che ci sia niente di spaventosamente nuovo: cotto-crudo, aperto-chiuso, freddo-caldo sono coppie concettuali primigenie.
La critica definitiva all’episteme
Cio che è nuovo è il modo con il quale Popper, un epistemologo formatosi nella Vienna del primo dopoguerra, ha saputo trasferire il suo metodo dall’ambito della filosofia della scienza a quello dell’agire politico e sociale.
Nelle teorie sociali, secondo Popper, si ha quello che si ha nelle teorie scientifiche, le quali «sono, e restano, delle ipotesi, sono congetture (dóxa), contrapposte alla conoscenza indubitabile (epistéme)… L’idea della conoscenza assolutamente certa, dimostrabile – si è rivelato un idolo.»
Scrive Emanuele Severino a proposito dell’approccio di Popper ai problemi della società:
«Secondo Popper in campo sociale, sono possibili solo trasformazioni parziali (“ingegneria sociale gradualistica”), operate in base al metodo che è proprio della scienza: per tentativi ed errori – dove i tentativi sono le ipotesi che vengono poste al vaglio della critica razionale, e gli errori sono queste stesse ipotesi quando, poste così al vaglio, vengono smentite dall’esperienza.»
Karl Popper ha attraversato quasi interamente il secolo scorso all’interno di varie culture e di differenti ambiti tematici.
Al termine di questo lungo viaggio nella notte del XX secolo ci ha consegnato la cognizione che meglio racchiude l’insieme di eventi, esperienze e riflessioni accadute in quel secolo.
La necessità, cioè, di un sistema aperto di pensiero e di azione per guardare, interpretare e gestire la complessità che accompagna il procedere delle società moderne.
Buona lettura.
La società aperta e i suoi nemici
di Guglielmo Piombini
In 3 secondi: In nome della tolleranza non dobbiamo tollerare gli intolleranti.
Karl Raimund Popper (Vienna, 1902 – Londra, 1994) è stato un filosofo politico liberale e un epistemologo fra i maggiori del ’900. In seguito all’annessione dell’Austria da parte di Hitler dovette emigrare e si rifugiò in Nuova Zelanda. Amico di Hayek, grazie al suo intervento riuscì a diventare un professore della London School of Economics. La sua opera politica più importante e nota è La società aperta e i suoi nemici, dove esamina le radici del pensiero storicista, da Platone fino ad Hegel e Marx, e ne dimostra l’infondatezza.
In un minuto
- La società aperta accoglie il maggior numero possibile di idee diverse e permette la discussione di ogni punto di vista
- La società chiusa ha la pretesa di possedere le verità ultime, totali e incontrovertibili
- La democrazia è il sistema politico della società aperta
- Ciò che caratterizza la democrazia è la possibilità dei governati di cambiare i governanti al potere senza spargimenti di sangue
- Platone tradì il suo maestro Socrate abbracciando l’ideale di una società chiusa e totalitaria
- Platone fu il primo storicista, perché individuò nella storia una tendenza alla decadenza e alla degenerazione
- Lo stato perfetto di Platone è immune al cambiamento ed è governato da una casta di filosofi
- La filosofia di Hegel rappresenta l’anello di congiunzione tra il totalitarismo platonico e quello moderno
- Le oscure idee oracolari Hegel sono state adottate dai movimenti autoritari di destra e di sinistra
- Malgrado la sua elevata aspirazione ideale, Marx fu un falso profeta
- L’errore di Marx fu quello di scambiare una tendenza per una legge della storia
- Tutte le filosofie storiciste, secondo cui la storia segue una certa direzione, sono sbagliate
- La storia umana non ha alcun senso, ma noi possiamo darglielo
Per chi ha più di 5 minuti
Società aperta e società chiusa
Nel 1937 Karl Popper, a causa delle sue origini ebraiche, lasciò la nativa Austria e si rifugiò in Nuova Zelanda. Qui scrisse il suo testo di filosofia politica più importante, La società aperta e i suoi nemici. L’opera, uscita nel 1945, gli diede una fama immediata.
In questi due volumi Popper difese la tradizione razionalistica e individualistica occidentale contro le ideologie collettiviste di destra e di sinistra che stavano sconvolgendo il mondo. Egli individuò nello storicismo, cioè nella presunzione di conoscere la marcia di direzione della storia umana, il vizio principale delle dottrine di Platone, di Hegel e di Marx che avevano ispirato i regimi totalitari. La civiltà a suo avviso può sopravvivere solo se difende i principi della società aperta e rifiuta le logiche della società chiusa.
La prima si basa sulla continua messa in discussione di ogni proposta e di ogni valore, la seconda ritiene di possedere e di poter imporre un’unica verità indiscutibile
La società aperta, spiega Karl Popper, accoglie il maggior numero possibile di idee e ideali diversi. Ammette più valori, più visioni del mondo filosofiche e religiose, più proposte politiche. Accetta la critica incessante e severa dei diversi punti di vista perché riconosce la fallibilità della conoscenza umana e l’esistenza di valori ultimi diversi.
Possiamo considerare Atene come il simbolo della città aperta. La società chiusa ha invece la pretesa di possedere le verità ultime, totali e incontrovertibili, e di poterle imporre a tutti.
La democrazia come sistema politico della società aperta
Di frequente i filosofi della politica hanno sollevato la domanda: “Chi deve comandare?”. Questa domanda ha ricevuto, di volta in volta, diverse risposte: devono comandare i filosofi, i sacerdoti, i re di stirpe divina, i militari, i migliori del popolo, i tecnici, questa o quella razza, questa o quella classe.
La teoria della politica è andata insomma alla ricerca della giustificazione e della legittimazione del potere di qualcuno. Questa pretesa, secondo Popper, è tuttavia irrazionale e fuorviante.
Razionale non è la domanda “chi deve comandare?”. Lo è piuttosto quest’altra domanda: “Come possiamo organizzare le istituzioni politiche in modo da impedire che i governanti cattivi o incompetenti facciano troppo danno?”.
È questa la domanda sottesa alla società aperta. Non chi deve comandare, ma come controllare chi comanda: questo vogliono sapere uomini fallibili che convivono con altri uomini fallibili, nella continua proposta di alternative e nella critica incessante delle soluzioni proposte.
La società aperta è una società democratica. La democrazia tuttavia non va confusa con il governo della maggioranza, dato che anch’essa può governare in maniera tirannica. L’idea di democrazia come governo del popolo deve essere sostituita dall’idea di democrazia come giudizio del popolo.
Ciò che caratterizza la democrazia è la possibilità dei governati di licenziare i governanti al potere senza spargimenti di sangue.
I paradossi della società aperta
Se noi concepiamo la democrazia come governo della maggioranza ci potremmo trovare, e la cosa è tristemente accaduta, dinanzi al fatto che salga al potere un partito, come il nazismo in Germania, che non crede alle istituzioni democratiche e che le distrugge appena al potere.
Una costituzione democratica coerente deve quindi escludere soltanto un tipo di cambiamento nel sistema legale: quello che può mettere in pericolo il suo carattere democratico.
In una democrazia, pertanto, l’integrale protezione delle minoranze non deve estendersi a coloro che incitano gli altri al rovesciamento violento della democrazia.
Popper parla al riguardo di “paradosso della tolleranza”: se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro l’attacco degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti, e la tolleranza con essi.
Per questo noi dovremmo proclamare, in nome della tolleranza, il diritto di non tollerare gli intolleranti. La società aperta è chiusa solo agli intolleranti.
La dottrina platonica dello stato perfetto
Platone nacque durante la lunga guerra del Peloponneso e, e soffrì terribilmente la situazione di insicurezza e di instabilità politica del suo tempo. Era sconvolto da quanto vedeva accadere intorno a lui, la società andava in pezzi e non vedeva soluzioni nel futuro.
Formulò una legge dello sviluppo storico, in base alla quale ogni mutamento sociale è corruzione o decadenza o degenerazione. Platone era però convinto che fosse possibile aprire un varco attraverso la fatale tendenza storica e porre fine al processo di decadimento. Nel campo politico era possibile interrompere l’ulteriore processo di corruzione arrestando ogni cambiamento politico. Il suo modello politico consiste nella descrizione idealizzata delle antiche aristocrazie tribali di Creta e Sparta. Lo Stato perfetto di Platone è uno stato schiavista, fondato su distinzioni di casta estremamente rigide: custodi, guerrieri e classe lavoratrice.
Secondo Popper, le idee politiche di Platone «sono puramente totalitarie» (I, p. 120). Mai un uomo dimostrò una più radicale ostilità nei confronti dell’individuo di quanto fece Platone: per lui il collettivo è tutto mentre l’individuo è niente.
Egli vede nell’individuo il male supremo, perché identifica individualismo con egoismo. Per lui il criterio della moralità è l’interesse dello stato. Questa è appunto la teoria collettivistica, tribale e totalitaria dello stato: buono è ciò che è nell’interesse del corpo collettivo.
Chi è che deve governare? Con questa domanda Platone ha creato una durevole confusione nel campo della filosofia politica. La sua risposta è che devono governare i migliori e i sapienti, formati e selezionati istituzionalmente.
Mentre per Socrate il saggio è colui che sa di non sapere ed è un amante della verità, per Platone il filosofo non è più il modesto ricercatore ma l’orgoglioso possessore della verità. Il filosofo ideale di Platone è prossimo sia all’onniscienza che all’onnipotenza.
È impossibile concepire un contrasto più radicale di quello esistente fra l’ideale socratico e l’ideale platonico del filosofo.
Hegel, l’oracolo oscuro
L’importanza storica di Hegel può essere vista nel fatto che egli rappresenta l’anello mancante fra Platone e la forma moderna di totalitarismo, ma è poco probabile che Hegel sarebbe mai diventato la figura di maggior spicco e più influente della filosofia tedesca senza l’interessato appoggio delle autorità dello stato prussiano.
L’immenso campo di influenza spirituale che è stato messo a disposizione di Hegel da coloro che erano al potere gli ha consentito di perpetrare la corruzione intellettuale di intere generazioni. Il suo successo, afferma polemicamente Popper, segnò l’avvio dell’era della disonestà intellettuale e dell’irresponsabilità morale.
Con Hegel iniziò una nuova era dominata dalla magia delle parole altisonanti e dal linguaggio enfatico e mistificante. Il suo oscuro metodo dialettico negava il principio logico di non contraddizione su cui si basa il progresso scientifico e intellettuale. In questo modo egli intese rendere la propria filosofia impermeabile ad ogni critica razionale.
La sua dottrina serviva a giustificare l’ordine costituito, e la sua esaltazione della monarchia prussiana trasformò la filosofia nella più servile ancella del potere. Fu proprio Hegel, infatti, a raccogliere e a conservare tutte quelle idee che costituiscono l’arsenale d’armi dei movimenti autoritari, a partire dell’esaltazione dello stato.
Troviamo poi l’idea nazionalistica secondo cui lo stato è un’incarnazione dello Spirito della nazione, e che una nazione eletta è destinata al dominio del mondo; che lo stato, in quanto nemico naturale di tutti gli altri stati, deve affermare la sua esistenza in guerra; che lo stato è esente da qualsiasi genere di obbligazione morale, che il successo storico è il solo giudice.
Queste idee sono state raccolte e rese pronte per l’uso da Hegel, dai suoi seguaci e da una classe intellettuale che per tre generazioni si è alimentata con questo degradante nutrimento spirituale.
Marx falso profeta
Non si possono invece avere dubbi, secondo Popper, sulla carica umanitaria del marxismo. Marx fece un onesto tentativo di applicare i metodi razionali ai più pressanti problemi sociali. Egli provava un bruciante desiderio di andare in aiuto degli oppressi ed era pienamente conscio della necessità di cimentarsi nei fatti e non solo a parole.
L’interesse di Marx per la scienza sociale e per la filosofia fu fondamentalmente un interesse pratico. Egli vedeva nella conoscenza un mezzo per promuovere il progresso dell’uomo.
Tuttavia, nonostante i suoi meriti, Marx fu un falso profeta. Il marxismo infatti è stata la più pura, la più elaborata e la più pericolosa forma di storicismo: una teoria che si propone di predire il futuro corso degli sviluppi economici e politici e specialmente delle rivoluzioni.
Marx profetizzò l’inevitabile tendenza verso un aumento della ricchezza di una classe borghese sempre più ristretta e un aumento della miseria di un proletariato sempre più esteso, che porterà alla rivoluzione. I fatti però hanno confutato questa previsione, perché il livello di vita dei lavoratori occupati è dovunque salito dai tempi di Marx.
Gli argomenti utilizzati da Marx per fondare le sue profezie, secondo Popper, non sono validi. La ragione del suo fallimento come profeta va ricercato nella povertà dello storicismo in quanto tale, cioè nel fatto che, se anche constatiamo oggi il manifestarsi di una certa direzione storica, non posiamo sapere quale aspetto essa potrà assumere domani.
Marx cadde dunque nel deleterio errore di scambiare una tendenza per una legge della storia. Lo storicismo è impegnato a scoprire il cammino sul quale il genere umano è destinato a marciare, ma esiste un senso di marcia della storia? No, in verità la storia non ha alcun senso.
Invece di posare a profeti dobbiamo diventare i creatori del nostro destino. Sta a noi decidere quale sarà lo scopo della nostra vita. Questo vuol dire che «benché la storia non abbia alcun senso, noi possiamo dare ad essa un senso» (II, p. 328).
CITAZIONE RILEVANTE
Il collettivismo della società chiusa
«La società magica o tribale o collettivistica sarà chiamata anche società chiusa e la società nella quale i singoli sono chiamati a prendere decisioni personali società aperta. Una società chiusa può essere giustamente paragonata ad un organismo. La cosiddetta teoria organica o biologica dello stato può essere applicata in larga misura ad essa. Una società chiusa assomiglia ad un gregge o ad una tribù per il fatto che è un’unità semi-organica i cui membri sono tenuti insieme da vincoli semi-biologici» (I, p. 216).