❇ 1° episodio della serie “I numeri nella storia” Oggi iniziamo una nuova serie, “I numeri nella storia”. Ogni altro giovedì, i post della serie ci accompagneranno fino all’estate. Poi, come fa l’algoritmo di Netflix, vediamo se vale la pena di continuare. Anche The Walking Dead (su Disney +) l’hanno terminato dopo 11 stagioni e 177 episodi. Alla fine erano rimasti solo gli intossicati, zombi pure loro. Presentazione della serieIl gruppo 3MRA proposito di algoritmi. I post di questa serie sono ideati e creati dal gruppo 3MR che non è un bot, adesso che ci sono ChatGPT o Character.AI a renderci impossibile distinguere se la fonte di un testo o il conversante remoto abbia delle sinapsi o una circuiteria. Neppure Alan Turing riuscirebbe a scoprirlo. Il gruppo 3MR è composto da persone. Sono storici che lavorano in modo simile all’algoritmo d’intelligenza generativa, cioè andando a cercare le informazioni nell’oceano dei dati conosciuti con la differenza, però, che il gruppo 3MR esprime una capacità di sintesi, di astrazione e di connessione che una rete neurale, aggiungo per ora, non è in grado di esprimere. Ed è assai meno energivoro di quest’ultima. Il numero nella storiaDifficile sopravvalutare il ruolo del numero nella storia. Già le date sono numeri con le quali è possibile fare computi che illuminano singoli eventi e processi di lungo periodo. Le date sono il regno dei numerologi e dei cercatori di coincidenze. Più prosaicamente… Come si potrebbe spiegare l’esito della battaglia di Maratona o quella di Azincourt senza indugiare sui numeri? Il numero è il principio di tutte le cose, diceva appunto Pitagora. Il genio di Samo, poi crotonese, non fu solo l’autore del famoso teorema ma anche una sorta di yogi cosmico. Andando all’estremo della connessione tra numeri e storia, troviamo pure la storiometria che si occupa di stabilire il quoziente di intelligenza delle grandi figure della storia, della scienza e delle discipline artistiche. Da questi studi si evince, per esempio, che il più intelligente presidente degli Stati Uniti è stato John Quincy Adams con un QI tra 165 e 175, non lontano da quota 190 di Newton. Non tutti i presidenti sono stati così, c’ è stato pure W (su Prime Video). Il nostro scopoMa lo scopo dei nostri post non è esoterico o eugenetico, piuttosto intendiamo mostrare, tramite il più facile degli indicatori come la cifra, quali cambiamenti, che magari non ci appaiono più tali, siano avvenuti nella nostra società a tutti i livelli. Iniziamo con una delle istituzioni più significative della cultura nazionale-popolare italiana. È l’incombente Festival di Sanremo sul quale Gramsci avrebbe scritto delle pagine illuminanti. Nell’ultima edizione ha avuto quasi 12 milioni di spettatori nelle quattro giornate di trasmissione. Nel 1995 era arrivato a 17 milioni. Sono supernumeri. Con i supernumeri la quantità diventa qualità. 42 milioni di euro è stato il gettito pubblicitario del Festival di Sanremo dell’edizione 2022. Si stima che l’edizione del 2023 ne raccoglierà 50.000.000. Poco meno del 10% dell’intera raccolta pubblicitaria della RAI in un anno. Vi lascio adesso alle considerazioni del nostro Mario Matteini, la prima M del gruppo 3MR. Buona lettura. Il Festival di Sanremo: un fenomeno di massadi Mario Matteini Sempre uguale, Sempre diverso. Nel tempo e fuori dal tempo. Generazioni a confronto nello specchio della società 29 gennaio 1951: l’inizio di una lunga serie
Tutti alla radioNon c’è ancora la televisione e anche il disco non ha quella diffusione che avrebbe avuto negli anni seguenti. La radio è la protagonista assoluta, ed è la radio a diffondere le prime note del festival nelle case degli italiani, dal salone delle feste del casinò di Sanremo. Il decollo con la televisioneDopo i primi due anni non particolarmente brillanti, la manifestazione assume un rilievo crescente. Nel 1953 è seguita da più di sessanta inviati. Le case discografiche capiscono che rappresenta un’occasione per incrementare le vendite e partecipano in modo massiccio. Nel 1955, il festival viene per la prima volta tramesso in televisione, e la finalissima va in onda in eurovisione in Francia, Belgio, Olanda, Germania e Svizzera. Un fenomeno di massaNel corso degli anni, passando dalla trasmissione via radio a quella televisiva e utilizzando forme e mezzi comunicativi efficaci come quelli multimediali, il festival di Sanremo è diventato un fenomeno di massa, dal forte impatto mediatico, capace di intercettare un pubblico numerosissimo e variegato per età ed estrazione sociale e culturale. 42 milioni di incassi pubblicitariUn impatto mediatico che si traduce in successo di audience e interazioni sociali, e in un record di introiti derivanti dalla raccolta pubblicitaria per la RAI: nel 2022, 42 milioni di euro, a fronte di una spesa di 16 milioni. Musica e realtàCome qualunque altro prodotto culturale, anche il festival di Sanremo rispecchia la realtà del tempo. Le canzoni seguono le mode musicali e i testi risentono spesso della realtà sociale. Addio senza rancorLa prima edizione fu vinta dalla canzone Grazie dei fiori, cantata da Nilla Pizzi. Il filone è quello struggente e remunerativo degli amori disperati, destinato a una lunghissima e eroica sopravvivenza. Fra i tanti fiori che una sposa riceve il giorno delle nozze c’è anche un mazzo di rose, che le ha inviato un amore “perduto”. La reazione della donna è contrastante: “Mi han fatto male eppure li ho graditi”. Sono “memorie dolorose”, ma ormai “son pagine già chiuse con la parola fine”. Per questo: grazie, ma “addio, per sempre addio senza rancor”. Trieste, Dio, patria e famigliaNilla Pizzi vinse anche l’edizione successiva, con Vola colomba. Dio del Ciel se fossi una colomba vorrei volar laggiù dov'è il mio amor, che inginocchiato a San Giusto prega con l'animo mesto: fa che il mio amore torni ma torni presto […] Fummo felici uniti e ci han divisi. Ci sorrideva il sole, il cielo, il mar. Noi lasciavamo il cantiere lieti del nostro lavoro e il campanon din don ci faceva il coro. Si tratta di una serenata di tono popolare, che ben rappresenta l’Italia del tempo. Il tema dominante è ancora quello dell’amore contrastato, ma il richiamo a San Giusto, la cattedrale triestina, lo collega a una questione particolare, quella di Trieste italiana, allora molto sentita, e oggetto di polemiche e manifestazioni. Il richiamo patriottico completa il riferimento ai valori fondanti della tradizione, Dio, patria e famiglia, con l’aggiunta dell’attaccamento al lavoro. Nel blu, dipinto di blu: 800.000 copie venduteUna svolta decisiva si verifica con l’edizione del 1958, vinta da Nel blu, dipinto di blu, cantata da Domenico Modugno. La canzone sembrava non essere adatta per una manifestazione tradizionalista, come era il festival, invece non solo vinse, ma vendette 800.000 copie, una quantità eccezionale per la discografia dell’epoca. Il successo varcò i confini del paese e divenne internazionale. Tutti in coroCon Nel blu dipinto di blu Modugno rompe definitivamente con la tradizione, con i toni melanconici della melodia e le parole ereditate dai libretti d’opera. Ma, più che il testo, non esente da banalità, come i sogni che “svaniscono all’alba” e gli occhi dell’amata “che sono blu come un cielo trapunto di stelle”, quello che colpisce sono l’interpretazione e l’atmosfera evocata: quel “volare ohoh”, che, dopo un inizio malinconicamente descrittivo, prorompe liberatorio, sottolineato dalle braccia spalancate a mimare il decollo “nel cielo infinito”. Voglia di “Volare”La suggestione lasciata dalla canzone dunque, al di là del contenuto surreale del testo, è quella del volo, del librarsi nell’infinito, liberi da legami e costrizioni, che incrocia mirabilmente il clima dell’epoca. Il rock’n’rollLa voglia di cambiamento caratterizza in modo particolare le giovani generazioni e si manifesta anche nei gusti musicali. La nuova vitalità trova il suo sfogo privilegiato nel rock’n’roll. Musica da ballare, suonata non più da grandi orchestre ma dai pochi strumenti che compongono un complesso: chitarra, basso, tastiera e batteria. Urlatori e cantautoriE la nuova musica approda anche sul palco di Sanremo. Nel 1958 Tony Dallara, con la sua Come prima, è il primo dei cantanti che i tradizionalisti marchiano subito con l’appellativo di “urlatori”. Seguiranno numerosi altri, alcuni dei quali destinati a grandi carriere, come Adriano Celentano e Mina. E proprio Mina, nel 1960, porterà al successo la canzone Il cielo in una stanza, scritta da Gino Paoli, il capostipite della generazione dei cosiddetti “cantautori”, portatori di un’altra ventata di novità nel panorama musicale italiano. Ma non tutto cambiaCerto non tutto cambiava con uguale ritmo: nel 1963 il fatto che la stessa Mina, che era già diventata cantante di successo internazionale, aspettasse un figlio dall’attore Corrado Pani, un uomo sposato, suscitò scandalo, tanto che per un anno venne esclusa dalla programmazione televisiva della RAI. Dalla crisi alla ripresaDopo una fase di decadenza, successiva al suicidio di Luigi Tenco (1967) e concomitante con un periodo di grave tensione politica e sociale, il festival riprende vita alla fine degli anni Settanta, quando si apre alla musica internazionale, con la presenza di cantanti stranieri. I temi socialiIl catalogo dei temi trattati dalle canzoni si arricchisce di questioni sociali mai affrontate. Difficile distinguere la sincera convinzione dalla strumentalizzazione a fini di mercato, ma al filone imperituro dell’amore in tutte le sue declinazioni si affiancano temi come la pace nel mondo, l’immigrazione, l’ecologia, la violenza domestica, la malattia mentale, la droga, l’omosessualità, il femminicidio. Per tutti i gustiE anche di generi musicali ce n’è per tutti i gusti: dal classicone rivisitato in chiave pop del trio de Il Volo agli artisti idolo dei teenager, come Mahmood e Blanco, con le loro ballate sapientemente confezionate; dal nostalgico eroicamente riammodernato di Gianni Morandi al pop-trash furbescamente trasgressivo di Achille Lauro; dai monologhi dei rapper che spesso avrebbero bisogno dei sottotitoli al rock travolgente dei Maneskin. Con il rock non si vola piùUn rock di qualità che, grazie al suo successo internazionale, contribuisce al superamento di vecchi stereotipi sull’Italia e la sua musica, ancora inchiodati al sogno di volare. |
Il festival di Sanremo ha sempre una dose insopportabile di eccessi ed esagerazioni. Poi quest’anno tra Mattarella e Benigni e le tragedie della guerra e del disastroso terremoto restiamo divisi tra la voglia di spettacolo (furbescamente ammiccante alla politica) e la commiserazione umana. Immagini che arrivano dentro le nostre case senza alcun filtro come tanti colpi di maglio. Questo articolo di Mario Mancini invece va in fondo alla storia musicale del bel canto italiano e ci illustra che forse abbiamo superato Volare di Modugno per approdare grazie alle nuove leve canore al rock and roll. Finalmente, l’Italia si muove almeno nelle canzoni di Sanremo e va oltre il prorompente sogno di volare.