Attorno a una borsa Louis Vuitton piena di denaro, scoperta casualmente dall’impiegato di un hotel gravato dai debiti, ruota l’interesse di una serie di personaggi: una tenutaria seduttiva e letale, un assassino, un detective con una linea di condotta singolare e altri ancora. Tra doppiogiochismi e inganni a ripetizione, il sangue scorrerà copioso.
Si può girare un neo-noir che assomiglia a un milione di altri noir e uscirne vincitori? Sì, se questo proviene dalla Corea del Sud, sede di una cinematografia che, al di là dell’Oscar a Parasite, è da anni garanzia di qualità per il cinema di genere. In particolare di questo genere, il noir, in cui ha saputo assorbire la lezione del cinema americano e di quello di Hong Kong per trovare spesso forme nuove di grande interesse.
Nido di vipere – ma il titolo internazionale Beasts Clawing at Straws, letteralmente “Bestie che si aggrappano alla paglia”, spiega tutto quel che c’è da sapere nel migliore dei modi – può vantare tutti gli ingredienti essenziali: valigie piene di soldi, donne fatali che non esitano a uccidere, indebitati in un gorgo di disperazione, tipi che si credono più furbi degli altri (ma si sbagliano). Niente che i fratelli Coen o Nicholas Ray non ci abbiano già mostrato, ma a volte anche il manierismo – se così lo si vuol chiamare – può rappresentare un godimento assoluto.
È lo stesso Kim Yong-hoon, regista al debutto che adatta un romanzo del giapponese Sone Keisuke, a riconoscere un’influenza in Fargo, ma è ancor più Non è un Paese per vecchi a tornare alla mente, per il plot basato sulla refurtiva maledetta e l’escalation di violenza spesso insensata che ruota attorno al bottino.
La struttura spezzata in capitoli, non necessariamente ordinati secondo un criterio diacronico, rimanda invece a Pulp Fiction e, prima ancora, a Rapina a mano armata di Stanley Kubrick.
Stabilito che non è quindi l’originalità il motivo di maggior interesse di Nido di vipere, a contare è soprattutto la credibilità della messa in scena e la capacità di intrattenimento. Sotto questo profilo il film di Kim garantisce il meglio possibile, affidandosi in toto a un cast di protagonisti e caratteristi consolidati. Su tutti spicca Jeon Do-yeon (The Housemaid), qui a briglia sciolta nel ruolo di femme fatale, sexy come Linda Fiorentino in L’ultima seduzione e crudele come Barbara Stanwyck in La fiamma del peccato.
——————————
Dalla recensione di Mymovies, fatta benissimo, per le suggestioni e i riferimenti che evoca il film. Non aggiungo altro c’è veramente quel che serve per illustrare questo piccolo capolavoro. Parla di noi, della nostra avidità ed egoismo che stanno progressivamente soppiantando i nostri rapporti di affetto e di amicizia. Sembra di vivere in una perenne riunione di condominio, ove tutti stanno contro tutti e non sanno neanche il perchè. Buona visione.