Queen Elisabeth e l’inflazione: perché non ce ne siamo accorti prima?
“Why did nobody notice it?” Perché nessuno se ne è accorto?
Questa è la domanda della regina Elisabetta II, che imbarazzò gli economisti, in occasione della visita alla prestigiosa London School of Economics del novembre 2008 in cui le furono illustrate le cause della crisi finanziaria, originatasi all’epoca negli Stati Uniti e poi divenuta globale.
Successivamente, nel 2012 Elisabetta II, durante un incontro presso la Bank of England, chiese anche se l’Autorità di vigilanza (UK Financial Services Authority) non fosse stata abbastanza incisiva (“did not have the teeth”) nel fronteggiare la crisi.
La risposta degli economisti in sintesi fu che la crisi finanziaria era stato un evento raro, difficile da prevedere. In sostanza un “cigno nero”, secondo la celebre metafora di Nassim Taleb, ovvero un caso molto raro, di rilevante portata, a grandissimo e non prevedibile impatto.
La regale perplessità di Elisabetta II rimane valida anche per il rilevante fenomeno economico, l’inflazione, che ha caratterizzato il 2022?
Dopo un lungo periodo di calma piatta in tema di andamento dei prezzi e di tassi di interesse, che hanno viaggiato per tanto tempo su valori prossimi allo zero, ci siamo trovati a rivivere improvvisamente e senza alcun chiaro preavviso una fase non transitoria di inflazione, iniziata già prima della guerra in Ucraina. La crescita dei prezzi ha raggiunto livelli che non si conoscevano da quasi quaranta anni.
Un altro cigno nero?
Qualche osservatore sembra pensarla diversamente.
“La stragrande maggioranza degli esperti – pubblici e privati, impiegati nel mondo della finanza o nei governi o nell’accademia – non ha visto arrivare la più importante svolta economica degli ultimi anni, il passaggio a un periodo di penurie generalizzate e forti rialzi dei prezzi. Il fiasco degli economisti è gravido di conseguenze negative, perché ha spinto banche centrali e governi ad azioni che hanno aggravato l’inflazione anziché prevenirla” così Federico Rampini nel suo libro “Il lungo inverno” (Mondadori).
In effetti, ancora alla fine del 2021 si pubblicavano stime dell’inflazione in Europa per il biennio 2022/2023 pari a circa 1,5%, pur con qualche fiammata intermedia, ipotizzando un contesto di modeste pressioni dal lato della domanda.
Qualcuno ha pure sottolineato un “certo ritardo” degli interventi del banchiere centrale per fronteggiare l’aumento dei prezzi, a causa soprattutto di una sottovalutazione dei fattori di persistenza dell’inflazione. Cercando da ultimo di recuperare terreno, ci si è comportati “come un pilota di automobile che ha imboccato una curva a velocità troppo elevata, ed è costretto a schiacciare i freni con più energia di quanto avrebbe fatto se avesse cominciato a rallentare prima dell’ingresso in curva” (“La Bce e l’inflazione testarda”, la voce.it).
Comunque, sta di fatto che tutti oggi devono fare i conti con l’inflazione.
Non a caso, la Banca d’Italia ha opportunamente pubblicato sul suo sito di educazione finanziaria (https:// economiapertutti.bancaditalia.it) diversi articoli sull’inflazione, spiegando cosa è, come si misura, quale sono le sue caratteristiche, gli effetti di mercato e anche fornendo consigli su come proteggere i risparmi dall’aumento dei prezzi (e dei tassi).
Sono “pillole” informative istruttive, oltre che di agevole lettura.
C’è da dire che non solo nel campo dell’economia gli “esperti” non sono stati in grado di prevedere il verificarsi di fenomeni di portata globale.
Basti pensare alla recente pandemia, che ha peraltro creato le condizioni favorevoli per l’avvio dell’ondata inflazionistica.
Tutti probabilmente ricordano scienziati e virologi che, intervistati dai media dopo le prime allarmanti notizie che arrivavano dalla Cina, escludevano più o meno categoricamente (era già l’inizio del 2020!) che il virus potesse circolare nel nostro Paese.
Eppure le informazioni per ipotizzare che le probabilità di una pandemia non fossero trascurabili erano acquisite da tempo (come descritto con efficacia in “Spillover” di David Quammen nel 2012, per inciso l’anno in cui la regina Elisabetta poneva la sua seconda disarmante domanda).
Dopo che la pandemia ci aveva tragicamente colpito, gli stessi virologi erano diventati “star” televisive che dispensavano, con la granitica sicurezza degli esperti, pareri diagnostici e indicazioni terapeutiche per affrontare i pericoli dovuti al diffondersi del contagio da loro non previsto.
Suggerimenti sicuramente utili, ma come il buon senso insegna, sarebbe sempre meglio prevenire che curare a posteriori (si ricorderà che non erano disponibili nemmeno mascherine di protezione e ventilatori meccanici a sufficienza per trattare i pazienti).
E anche in questo caso la domanda rimane la stessa: “Why did nobody notice it?”
Pur non volendo alimentare polemiche, ci si deve chiedere, su entrambe le sponde dell’Oceano, se gli elementi per accorgersi della inflazione in agguato c’erano tutti e se era proprio impossibile prevedere che, nella fase post covid, gli effetti inflazionistici di certe politiche a lungo espansive sarebbero stati più marcati e duraturi. E ciò al fine di evitare di far assumere al solito cigno nero il ruolo di alibi.
L’articolo è ben confezionato anche per la comprensibilità del testo.
Allargandoci su fenomeni di tendenza a prescindere dall’argomento specifico, magari potrà apparire banale ma è ormai da qualche tempo che tante attività sociali qualificate vengono svolte osservando e pilotando da lontano certi fenomeni.
Ad esempio, sono sempre più ricorrenti le forme di giornalismo che risultano svolte attraverso notizie d’agenzia o riportando dichiarazioni assunte scopiazzatando post più o meno attendibili pubblicati nei social.
Come pure dispute internazionali e le stesse guerre vengono ormai gestite per procura, con utilizzo di truppe specializzate (anche mercenarie) e droni orientati attraverso rilevazioni satellitari.
Anche la politica d’oggi si basa su molti parlamentari assai distanti o avulsi dalla società civile, quindi alquanto lontani per poter conoscere gli umori e saper cogliere le reali esigenze/necessità del paese.
Ormai tutto appare essere gestito secondo logiche “Truman show” e, in questo, le varie categorie professionali sembrano radunate in tante bolle specializzate – tipo gazebo isolati – che ospitano solo monitor affiancati e tante microspie, ritenendo il tutto esaustivo e utile a poter osservare gli accadimenti reali che succedono nel mondo esterno e a sentire gli umori delle genti.
Registi, progagonisti e comparse non programmano più, nè sanno prevenire i fenomeni; sembrano solo capaci si muoversi seguendo copioni che qualcuno aggiorna loro in tempo reale, magari secondo suoni d’allerta di sirene (come succede per gli antifurto). Nel mentre tutti approntano commenti sugli eventi già accaduti, che si succedono e, alla maniera dei talk show, supposti esperti esprimeno solo abbozzi d’opinioni.
Come per questo commento che è anch’essa una opinione, un abbozzo diagnostico che annaspa nell’analisi dei problemi, consapevoli che non è facile individuare soluzioni o riuscire a mettere i tanti d’accordo su quella che potrebbe essere la cura per una giusta terapia.
Salvatore, condivido in pieno il tuo commento. A volta si ha davvero la sensazione di assistere, da una poltrona assai scomoda alla costruzione di un puzzle dal disegno indefinito ma che nasconde una sola certezza, poco divertente e sotto certi aspetti inquietante: metafora del pallone di calcio, quello costruito con tanti esagoni apparentemente uguali e necessari nell’insieme, a far muovere la sfera….