Un menù di qualità per la festa più bella dell’anno

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    Tempo di feste, di regali e di emozioni.

    Celebrare una ricorrenza in compagnia delle persone amate non è solamente un’azione materiale, è un momento di condivisione e di forti emozioni: la suggestione di poter condividere un momento di felicità.

    L’inverno ha, sotto il profilo gastronomico grandi protagonisti: i bolliti, i brasati, gli arrosti girati di selvaggina, gli umidi. Tra i più tipici e tradizionali delle regioni italiane e fra alcuni “classici” una serie di piatti importanti. Se l’estate impone vivande semplici e relativamente povere di calorie, la stagione invernale è senza dubbio la più indicata per preparare piatti ricchi di sostanza, da servire molto caldi, assieme agli intingoli di cottura particolarmente saporiti e invitanti. L’apoteosi dei pranzi invernali si raggiunge con quello di Natale.

    I centrotavola

    Tutto ciò che può decorare l’apparecchiatura della tavola, comprese le misure che le guarnizioni devono avere per non disturbare la vista e le forme che può assumere per adattarsi al tavolo sono ben gradevoli.

    Fiori, frutta, oggetti eleganti, divertenti o rustici, composizioni realizzate con i materiali più vari possono essere usati allo scopo. Tutto sta al gusto e alla fantasia personale, che spesso suggeriscono soluzioni di piacevolissimo effetto, ottenute anche con poco; ma non devono prenderci la mano al punto di farci dimenticare che il centrotavola non è qualcosa da ammirare in sé, ma deve legare con l’insieme e, soprattutto, non essere nai ingombrante, meglio moderato che eccessivo.

    La regola fondamentale, se di regole si può parlare in questo campo, è dunque che la decorazione non contribuisca ad affollare l’apparecchiatura e non tolga ai commensali la vista complessiva della tavola. Dettata dall’uso, invece, è quest’altro suggerimento: i pezzi dell’argenteria come centro tavola non vanno nelle colazioni, ma soltanto nei pranzi, e così pure le candele, superflue con la luce del giorno. Soltanto gli scandinavi accendono candele sulla tavola sia di giorno che di sera e perfino nelle colazioni all’aperto d’estate, perché da loro, dove la notte dura per mesi, le candele hanno un valore simbolico, in quanto evocano la luce solare. A proposito di candele, è ovvio che bisogna evitare quelle che sgocciolano, ammissibili solo se proprio si vuole ottenere un “effetto taverna”, peraltro passato di moda, in un pranzo rustico.

    Ho selezionato, scegliendoli tra i più tipici delle regioni italiane alcuni piatti classici dell’alta cucina, una serie di piatti importanti.

    Bresaola della Valtellina e salumi assortiti

    E’ uno dei più delicati e squisiti antipasti regionali. La Bresaola va affettata molto sottile e condita con pepe, un filo di olio evo e qualche goccia di succo di limone. L’operazione deve avvenire in tavola, perché altrimenti il limone fa macerare e schiarire troppo la carne. In alternativa un antipasto di salumi assortiti accompagnati con la squisita torta al formaggio umbra che, sebbene dia chiamata torta di Pasqua, ormai si mangia tutto l’anno, soprattutto  nelle grandi occasioni.

    Brodo di cappone

    Si tratta spesso di una portata immancabile per il pranzo o la vigilia. Ma perché si mangia il cappone a Natale? La storia affonda nel nostro più antico passato, in quanto da sempre visto come una prelibatezza.

    In una grande pentola mettete il cappone del contadino “di una volta” (una razza rustica e nostrana, allevata a terra con cura e pazienza, secondo la tradizione), del peso di circa 3,00 kg., perfettamente pulito e legato, due cipolle di media grandezza, due o tre carote leggermente pelate con il pela patate, tre o quattro coste di sedano, tre o quattro pomodorini e il sale quanto basta. Coprire completamente d’acqua per circa 3 litri. Fate bollire adagio per circa un’ora e mezzo da quando inizia.

    Che bontà! Le cose di una volta, che spesso oggi quasi non si conoscono proprio per nome o per sapore… il brodo di carne, ad esempio, chi lo fa ancora da zero in casa? Bando alla pigrizia: devi assolutamente assaggiare il mio brodo di cappone, per gustarlo così liscio oppure filtrarlo e poi usarlo per cuocere i tortellini emiliani!

    Cappone lesso e salsa verde

    Preparate la salsa con uno spicchio d’aglio, un quarto di piccola cipolla, abbondante prezzemolo e mezza costola di sedano bianca e una carotina “baby”.  Tritate il tutto finemente al coltello e lavorate fino ad ottenere un composto morbidissimo e uniforme, aggiungete abbondante olio evo e insaporite con sale e pepe. Servite anche, con il cappone, una classica mostarda di frutta di Cremona, dal delicato gusto piccante, particolarmente adatta a far risaltare nel modo giusto il sapore della carne e a ravvivare anche la tavola.

    Filetto di bue alla Wellington

    Pulite bene il filetto, eliminando ogni pellicola, quindi lardellatelo con del buon lardo tagliato a striscioline e infilate nella carne con l’apposito ago, sale e pepe. Arrostiste quindi il filetto in forno per circa mezz’ora con olio e burro, a calore vivo. Stendere la pasta sfoglia, ricavandone un rettangolo sufficiente ad accogliere il filetto già sigillato per non disperdere i succhi. Spalmate il filetto con il paté di fegato d’oca, quindi avvolgetelo nella pasta sfoglia e passate in forno caldo a gratinare per un quarto d’ora, prima di servire.

    Il filetto deve cuocere in maniera omogenea, rimanere perfettamente dorato all’esterno e delicatamente morbido e di colore rosa nell’interno, conservando tutti i suoi succhi più saporiti e sostanziosi.

    Filetto di bue alla Wellington contornato di patatine arrosto croccanti e saporite, con accanto la salsiera del sugo e insalata di verdure bollite: cuori di carciofo, piselli primavera e carote baby.

    Dolci e vini

    Non c’è Natale senza Panettone o Pandoro; ma noi preferiamo chiudere questo banchetto con i dolci tipici del Natale Senese: il Panforte, i Ricciarelli ed i Cavallucci. A base di miele, mandorle, canditi e pepe. Come nel fastoso Medioevo senese. Fanno parte della tradizione locale da molti secoli, ma oramai appartengono al patrimonio culinario nazionale. Quanto al vino, il mio consiglio per l’antipasto, la torta salata e il brodo di cappone va alla Bonarda dell’Oltrepò Pavese che è un vino DOC. Secondo alcuni, il nome deriverebbe dal patronimico longobardo Bono con l’aggiunta di “hard”, che in longobardo significava coraggioso e forte. I Longobardi ebbero come capitale Pavia, con estensione del dominio all’Oltrepò. La Bonarda si presenta di colore rosso rubino vivo, con profumo intenso e fruttato, piacevole e non troppo impegnativo.

    Con il filetto di bue alla Wellington propongo invece un buon Chianti Classico DOCG riserva, di grande tradizione e di invecchiamento non superiore 4 o 5 anni, da stapparsi qualche ora prima.

    Con i dolci va servito un moscato spumante del Piemonte DOC, “spiritoso” di moderato contenuto alcolico; il colore giallo paglierino è sottolineato da un perlage fine e persistente. La temperatura ideale è fra i 6 e gli 8 gradi.
    Il vitigno da cui nasce è il Moscato Bianco, diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo fin da tempi antichissimi. Il nome deriva dal latino “muscum” (muschio), in riferimento al suo tipico profumo ed aroma. Con i dolci della tradizione senese l’accoppiata è con il Vin Santo.

    E ora a fare la spesa, per procurarvi gli ingredienti. Io sono sicuro che farete un figurone e non impazzirete dietro a qualche ricetta estemporanea o troppo sofisticata. Restate nella tradizione e Buon Natale a tutti!

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