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Il film Blonde ci parla di noi

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Ana de Armas in una scena del film

Presentato all’ultima Mostra del cinema di Venezia ed accolto malissimo, è uscito a settembre in streaming Blonde su Netflix. Quasi tre ore di un film che racconta Marilyn o meglio Norma Jeane, il suo vero nome. Difficile scavare ancora nella vita della grande e sfortunata attrice ma gli autori ci provano con l’ausilio di un romanzo fiume di 800 pagine. La pellicola, infatti, si  basa sull’omonimo romanzo del 1999 di Joyce Carol Oates, che narra in maniera libera, parti della vita dell’attrice interpretata da una straordinaria Ana de Armas. Non è tuttavia il solito biopic sulla scia di altri film dedicati a Freddy Mercury, Van Gogh, Elton John, Elvis e tanti altri che spaziano ovunque pur di attrarre spettatori. Qui siamo difronte a una epopea tragica, di una eroina dell’evo contemporaneo e della sua vita brevissima come una meteora. Dentro la sua vita si riflette la società di qualche anno fa, il capitalismo cinico e privo di valori che si associa ad espressioni di sessismo e misoginia, resi in modo magistrale come nelle scene della fellatio a JFK. “Sono carne umana da consegnare” dice alle guardie del corpo del Presidente una stralunata Marilyn mentre il Presidente, sdraiato a letto,  è alle prese con la crisi dei missili a Cuba e con una telefonata dei suoi assistenti che lo avvertono dei suoi guai sessuali con altre donne. Il film si snoda su un doppio binario, quasi ci volesse dare una visione bipolare dell’attrice. Da una parte la star osannata dalle folle e dall’altra Norma Jeane che desidererebbe una vita normale, da madre di famiglia ricercando negli uomini della sua vita l’amore che non ha ricevuto dai suoi genitori.

“Quando esco dal mio camerino, sono Norma Jeane. E sono sempre lei, anche quando giriamo. Marilyn Monroe esiste soltanto sullo schermo.”

Dissidio che non si ricompone e, per come ci viene raccontato, esprime le tensioni di una società terribilmente avida e puritana, per giunta poco incline ai compromessi. In questo film non esistono i tanti stereotipi che hanno accompagnato la vita dell’attrice. Forse vi è un eccesso che può disturbare gli spettatori per le scene di maternità negata che il regista ha inserito come manifesto antiabortista.

Rimane da guardare il film come una tragedia moderna e dedicarvi qualche breve riflessione su come entrare nel suo cerchio di luce che ancora ci affascina, dopo la sua morte avvenuta a Los Angeles nel 1962 a soli 36 anni. Rispetto a altri film del genere su di lei, Blonde rimane anche utile per rivedere o abbattere alcuni miti su cui si basa la nostra cultura occidentale a stelle strisce dal sapore molto provinciale: l’eroe sportivo, lo scrittore  stracult, il Presidente più amato dagli americani. Non è mai troppo tardi. Buona visione.

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