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«Loro attribuivano diversi significati alle mutazioni del colore dell’acqua o del sale. Spesso un colore piuttosto che un altro significava “negatività” e per sconfiggerla era necessario versare somme di denaro».
«Io ho acquistato numeri del lotto ed enalotto con i quali non ho mai vinto nulla, articoli esoterici che non hanno dato i risultati promessi. Allora telefono disperata. “In via eccezionale vista la mia tragica situazione – mi rispondono – vanno bene tre milioni anziché sei” » (Testimonianze riportate dal Corriere della Sera, gennaio 2002).
Di recente è stata trasmessa una serie televisiva di Netflix “Wanna” che ripercorre la storia e le vicende giudiziarie di Wanna Marchi (e figlia), la più famosa tele-imbonitrice degli anni ’80 e ’ 90, di cui si ricorda il celebre urlo ripetuto ossessivamente (“D’accordo??”) e il modo aggressivo di condurre le televendite.
Al di là degli aspetti truffaldini accertati in sede giudiziaria, ci si domanda: perché l’ex estetista di Castel Guelfo di Bologna, con il suo modo urlato, insultante e trucido, in uno scenario trash, è riuscita a conquistare una platea così numerosa di clienti?
Come ha fatto a sviluppare un volume d’affari multimiliardario (misurato con le vecchie lire), vendendo prima semplici prodotti cosmetici e, poi, numeri fortunati da giocare al gioco del lotto, ovverosia il nulla?
Molti attribuiscono questo successo “commerciale” all’ingenuità delle persone che hanno creduto ai suoi messaggi.
Oppure si ricorre a una spiegazione di carattere “sociologico” in considerazione del “solito paesaggio e repertorio italiano: un paese arcaico, un mondo contadino che non muore, un’Italia superstiziosa, misteriosa, profonda, di provincia, in bilico tra smanie di modernità e pensiero magico” (come sottolineano Masneri e Muniz nel loro brillante articolo sul Foglio del 3 ottobre scorso).
A me piace proporre anche un’altra chiave di lettura, partendo, invece, dalle tecniche di marketing e vendita utilizzate da Wanna.
Quali sono queste tecniche?
In primo luogo, Wanna Marchi ha basato la sua attività comunicativa sulla capacità di suscitare emozioni sia pure negative; il profilo delle emozioni, incide molto sulle nostre scelte (se ne è parlato a proposito di investimenti finanziari nell’articolo “Investimenti ed errori nel Campo dei miracoli: dalle trappole finanziarie a alle trappole mentali”).
Per quanto singolare, il modo di proporre di Wanna (e figlia) i prodotti (cosmetici e dimagranti) era basato spesso sul dileggio rivolto alle persone con problemi di peso, ad esempio: “c’è chi dice che i grassi sono simpatici, io ho sempre detto che i grassi sono ridicoli”, “il grasso non piace a nessuno” e così via.
Si trattava di veri e propri epiteti anche volgari rivolti alle persone in sovrappeso (oggi sarebbero considerati “body shaming”), che però sicuramente hanno colto l’emotività di molti telespettatori.
Questi si sono visti sbattere in faccia in maniera violenta un loro problema, acquisendone una rinnovata e dolorosa consapevolezza e si sono precipitati ad acquistare il prodotto “miracoloso” (ad esempio, “scioglipancia”) che veniva offerto nella televendita.
A ben guardare, in queste modalità di vendita troviamo applicati vari principi di marketing e persuasione.
Il primo, è conosciuto con l’acronimo “PAS” (Problem – Agitate – Solve) ovvero individua un problema che disturba il tuo cliente, agitalo rendendolo drammatico e poi risolvilo con il tuo prodotto o servizio. Veicola il messaggio facendogli sentire che ti stai rivolgendo proprio a lui. Questo meccanismo si basa su un bias cognitivo che porta le persone a confermare convinzioni irrazionali.
Il secondo è un principio cardine di marketing: il cliente non vuole comprare un prodotto specifico ma ciò che il prodotto fa, aumentando il suo benessere o eliminando, come in questo caso, un suo (profondo) disagio.
Il terzo è il “Fast Beats Free”, ovvero il desiderio di ottenere velocemente la soluzione di un problema (magari reso più urgente con il suddetto meccanismo “PAS”).
È noto che le persone sono disposte a pagare prezzi anche elevati per ottenere ciò che vogliono il prima possibile.
È bello pensare di poter eliminare grassi e cellulite velocemente (“5 kg in sette giorni!”, anzi “10 Kg in 12 giorni!” e “super dimagrimento veloce!”) senza sottoporsi a severe diete o faticosi esercizi in palestra!
Il quarto è il “Packaging Power”, ovvero la denominazione del prodotto dal contenuto fortemente evocativo (in questo caso “scioglipancia”).
Questi principi possono risultare comprensibili se si tratta di prodotti fisici, come integratori o cosmetici.
Ma quali altri elementi sono entrati in gioco per la vendita di prodotti “evanescenti” come i “numeri fortunati al lotto”, talismani, amuleti e simili?
In primo luogo per realizzare una qualunque attività di marketing efficace è necessario conoscere a fondo i propri clienti. Wanna aveva compreso bene i problemi, le paure e i desideri della sua clientela.
A tale scopo, la società di Wanna Marchi aveva un data-base informatico, sicuramente all’avanguardia per l’epoca, contenente dati di oltre trecentomila clienti.
Un altro aspetto importante per vendere prodotti o servizi è l’acquisizione di “authority” nel settore ovverosia una competenza riconosciuta.
In quegli anni, già la presenza televisiva comportava di per sé un riconoscimento di competenza da parte dei telespettatori. Questa “authority” percepita si era inoltre consolidata con la presenza durante le televendita, dell’esoterico “Mago” anzi “Maestro di vita” Mário Pacheco do Nascimento (nel suo curriculum poteva “vantare” di essere nipote di una sacerdotessa o sciamana Brasiliana).
Inoltre, Wanna utilizzava di fatto, sia pure in modo artigianale e con intenti non confessabili, un modello, molto noto tra gli addetti ai lavori, per attirare e mantenere i clienti: il cosiddetto “imbuto del consumer marketing”.
Questo modello identifica la percentuale del mercato target per ciascuna fase del processo decisionale. I consumatori, cioè, devono passare da una all’altra fase per diventare clienti fedeli. Si inizia con un prodotto solitamente a basso costo per poi passare via via a prodotti più costosi.
Allo scopo di “accrescere il valore globale della base clienti” si possono adottare diverse strategie tra cui l’estensione della quota di spesa del cliente, tecniche di vendita incrociata e vendita di prodotti superiori.
(“L’imbuto del marketing”. Grafico in Kotler, Keller; Ancarani, Costabile, Marketing Management, 2012, Pearson Italia)
Il sistema di Wanna Marchi in effetti si basava su strategie simili nel momento in cui si ricontattavano i clienti dopo la fornitura dei numeri “fortunati”; se i numeri non erano usciti, come naturalmente avveniva spesso, allora si proponevano offerte (amuleti e simili) per eliminare le “negatività” (malocchi, ecc.), la cui presenza era possibile riscontrare, grazie a una vera e propria “idea di marketing” (il sale inviato con i numeri da immergere nell’acqua che doveva sciogliersi per “certificare” l’assenza di negatività, cosa che non avveniva per un normale processo chimico).
A quel punto i prezzi da pagare per i clienti erano molto più alti. In questo modo, un cliente con una spesa di qualche decina di migliaia di lire diventava uno da milioni di lire.
Si realizzava, tra l’altro, un altro principio fondamentale, sottolineato dagli attuali guru del marketing, per cui l’obiettivo non è attirare un cliente per fare una vendita, ma lo scopo di una vendita è ottenere un cliente (”While most information marketers think that the purpose of getting a customer is to make a sale, the successful information marketer thinks the reverse. The purpose of the sale is to get a customer”- Dan Kennedy).
In altre parole, la prima vendita è solo l’inizio di una relazione fra il venditore ed il consumatore.
Ma oggi si potrebbe verificare un nuovo caso come quello di Wanna Marchi?
Ora senza voler fare paragoni azzardati, ci si limita solo a evidenziare che i principi di marketing sono applicabili e applicati in tutti i settori.
Certo, nel mondo dei social media e degli influencer le tecnologie e le tecniche comunicative sono ben diverse dal passato, ma non meno, anzi, ben più invasive.
Come argutamente notano i citati Masneri e Minuz “forse un giorno vedremo anche questa galassia di venditori instagrammatici di oggi come lo stesso far west. Da quelli che espongono i figli – con tanto di amniocentesi ed ecografie prenatali – alle terapie di coppia, gli animaletti, i parenti, le crisi, i pianti, i domestici, in un palinsesto sgangherato senza fasce protette e senza regole per dirottarci verso prodotti #giftedby o #suppliedby. Scanalando oggi su Instagram, cos’è oggi tutto questo se non una generale e infinita televendita? “
Va anche evidenziato che oggi vi è una più articolata disciplina per la tutela dei consumatori, in particolare in materia di pratiche commerciali scorrette, cioè di quelle contrarie alla diligenza professionale, false o idonee a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore.
La normativa, tra l’altro, definisce le azioni ingannevoli e le pratiche commerciali aggressive e prevede “liste nere” con una serie di condotte vietate. L’applicazione è seguita dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), a cui ogni soggetto interessato può rivolgersi.
In ogni caso è sempre bene ricordare che tutti siamo sempre più esposti alla possibilità di entrare in un “imbuto del marketing” (“mbuto…o più mbuti?” avrebbe detto Corrado Guzzanti in una sua esilarante parodia di qualche tempo fa). L’importante è esserne consapevoli e, soprattutto, accertarsi che “l’imbuto” non sia quello sbagliato. “D’accordo??”
Un articolo che spiega anche il perchè di certi comportamenti, quasi compulsivi, che spingono ad azioni talvolta illogiche e border line tra stupidità e ignoranza.