Home Europa In nomine sunt omnia: nel nome c’è davvero tutto?

In nomine sunt omnia: nel nome c’è davvero tutto?

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Da sempre nomi, motti, simboli sono mezzi mediatici con i quali i sovrani hanno inteso comunicare la condotta cui nobilmente improntare il loro agire. Il nome che un re si sceglie quando assurge al trono serve per ricongiungersi a certi episodi o a certi personaggi del passato, per segnalare un rapporto di continuità, ma anche l’impronta programmatica da lasciare nella storia. Come si sa la stessa cosa capita ai Papi, quando si auto assegnano il nome. Mi ha quindi suscitato curiosità il fatto che nessuno si sia finora interrogato sul significato della scelta del nuovo re di Inghilterra di optare per il nome di Carlo III. In molti vi hanno semplicemente visto l’aggiunta al nome di battesimo della sequenza numerica della genealogia. Io provo a dare una interpretazione un pò diversa, andando alla ricerca di un senso più complesso.

La Scozia nella vicenda terminale della lunga vita di Elisabetta e nell’inizio del regno di Carlo occupa un ruolo importante.

La Regina Elisabetta II è morta nel Castello di Balmoral, la bara è stata esposta nella Cattedrale di Edimburgo, prima di essere trasportata a Buckingham Palace.

Carlo III nel suo primo discorso da Edimburgo ha detto di voler proteggere la Chiesa di Scozia che, diversamente da quella anglicana d’Inghilterra, e’ separata dallo Stato.

Ai nostri giorni, la Scozia porta con sé un nodo da sciogliere, quello della minacciata disintegrazione del Regno Unito. La Brexit non si è portata via dall’Europa solo l’Inghilterra, ma anche la Scozia, dove l’incidenza del Remain era però più alta che altrove. Per molti scozzesi, dover soggiacere alla decisione dell’uscita rappresenta tuttora un elemento di forte preoccupazione. Già scontenti della permanenza nel Regno Unito, hanno cominciato a ventilare l’ipotesi di un nuovo referendum per l’autonomia, per tornare, da soggetto indipendente, nell’Unione Europea. Sarebbe l’inizio di una situazione caotica. E quanto peggiore sarà la gestione dell’accordo intervenuto tra Unione Europea e Londra, tanto «peggiore sarà anche la questione della indipendenza scozzese».

Il nome di Carlo non veniva più usato dalla fine del 1600, perché era un nome della famiglia cattolica giacobita degli Stuart, il cui regno era stato interrotto dalla rivoluzione repubblicana di Cromwell con l’esecuzione di Carlo I. Il ripristino della monarchia aveva riportato sul trono gli Stuart con Carlo II e Giacomo II concludendosi nel 1714 con la regina Anna, spentasi senza figli. Il trono passò allora nelle mani della dinastia Hannover, lontanamente imparentata con gli Stuart, e, dopo la regina Vittoria, alla attuale casata regnante, di origine tedesca.

Chi erano Carlo I e Carlo II? 

La rivalità fra Scozia ed Inghilterra è esistita da secoli. Senza ripercorrerne la storia, vi è da ricordare che uno dei fondatori del Regno di Scozia, Davide I fu fatto Santo dalia Chiesa di Roma, dopo aver introdotto gli ideali della Riforma Gregoriana, promosso la creazione di monasteri, la “normandizzazione” del governo scozzese e l’introduzione del feudalesimo tramite immigranti francesi e nobili anglo-normanni.

Da allora in poi i rapporti tra Scozia e paesi dell’Europa continentale, segnatamente la Francia e l’Italia furono continuativi e intensi. Venendo al secolo di Carlo I e di Carlo II, il primo era figlio di Giacomo I e nipote di Maria Stuarda, Regina di Scozia allevata alla corte francese dalla fiorentina Caterina dei Medici, moglie di Enrico II. Maria fu fatta giustiziare da Elisabetta I. Nella prima fase del regno Carlo I fu impegnato in una dura lotta di potere contro il Parlamento Inglese, che si opponeva risolutamente alle sue aspirazioni volte a sopprimere l’utilizzo della “Magna Charta”. La sua politica fu centrata sulla ricerca di un punto di incontro tra inglesi e scozzesi. Sposò la cattolica Enrichetta Maria di Francia, ultima figlia di Enrico IV e di Maria dei Medici, nipote di Cosimo I di Toscana e di Eleonora di Toledo. Essa fu madre di Carlo II Stuart e Giacomo II Stuart e nonna della regina Maria II Stuart, di Guglielmo III di Orange e Anna Stuart, nonché zia paterna del re di Francia Luigi XIV, il Re Sole. Enrichetta Maria, ebbe come stretto collaboratore l’Arcivescovo di Canterbury, esponente della corrente anglicana più filocattolica.

Le curiosità storiche non mancano come quella che fu in onore di Enrichetta Maria dei Medici che a una delle colonie americane fu dato il nome di “Maryland” e che il motto di quello Stato utilizzava quello dettato da papa Clemente VII Medici che recitava, invero poco attento alla parità di genere, Fatti maschii, Parole femine (vedi foto in copertina).

Carlo II fu un buon re, patrono delle arti e delle scienze, fece ricostruire gran parte degli edifici religiosi e pubblici subito dopo la devastazione causata dal Grande Incendio di Londra del 1666. Carlo non lasciò una discendenza diretta, dal momento che sua moglie Caterina era sterile. 

Un Carlo III non c’è mai stato

Carlo Edoardo Stuart doveva divenire Carlo III, quale discendente del casato degli Stuart, nipote di Giacomo II Stuart, ultimo re della dinastia. A sostenerne la causa, furono in prima linea i cugini re di Francia, Luigi XIV e Luigi XV, e poi naturalmente i Papi, dai quali Re Carlo Edoardo fu sempre protetto. Carlo Edoardo visse in esilio a Firenze, nella villa che un tempo era stata edificata da Don Pedro viceré di Napoli e padre di Eleonora di Toledo, chiamata Villa del Pretendente. L’esilio gli fu imposto dal Duca di Cumberland, figlio del Re Giorgio II, che per l’efferatezza della repressione portata avanti nei confronti dei giacobiti fu soprannominato “Billy il Macellaio”. Finirono allora le ultime le ultime pretese si restaurare la casata Stuart.

Un altro fatto che conferma i legami dei sovrani di Scozia con il continente è il privilegio assoluto e unico per sovrani temporali concesso agli Stuart, quello di essere sepolti nelle Grotte Vaticane accanto alle tombe dei Pontefici.

Sono sufficienti questi indizi per ipotizzare che la scelta del nome di Carlo III possa indicare un riavvicinamento all’istanza europea, proprio in nome dell’unità con la Scozia, in ossequio al detto che nel nome sono presenti tutte queste reminiscenze storiche?

Non sono in grado di dirlo, ma è pur vero che nel parlare al mondo, nel momento delicato del lutto e della attuale situazione geopolitica, Carlo III si è preoccupato tra le prime istanze regali di proteggere la Scozia. La Brexit che la figura di Elisabetta ha saputo tenere ad un basso livello di rischio di disgregazione del Regno può risorgere in misura più decisa. E il nuovo regno non potrà accontentarsi solo di un segnale lanciato attraverso un nome alla regione più desiderosa di autonomia di tutte.

Una curiosità riguarda anche “l’amata moglie Camilla” come le si è rivolto nello stesso discorso e i suoi rapporti con Firenze. La nonna di Camilla Sonia Keppel, figlia di Alice Keppel, era l’amante ufficiale del re Edoardo VII, figlio della Regina Vittoria. Essi passavano molto tempo insieme a Villa l’Ombrellino, sulle colline fiorentine.

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