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Oltre alle sempre più evidenti e tragiche distruzioni di vite individuali e di convivenze sociali, la guerra della Russia contro l’Ucraina, sta producendo gravi effetti sui mercati dei prodotti energetici, alimentari e di altre materie essenziali, tra i quali i prodotti dell’industrie chimiche, in primis quelli a base di azoto.
I composti contenenti azoto di interesse industriale sono molti, dalle fibre poliammidiche come il nylon agli esplosivi ad alto potenziale come il tritolo. La produzione di questi composti dipende da quella di un’unica sostanza, l’ammoniaca (triidruro di azoto) e alla sua trasformazione in acido nitrico.
Parlando dell’ “industria dei composti azotati” dobbiamo considerare, oltre all’ammoniaca e all’acido nitrico, anche la calciocianamide e l’urea in relazione ai fertilizzanti azotati.
L’agricoltura intensiva necessita infatti di fertilizzanti come mezzo tecnico indispensabile per la sua redditività, cioè per ottenere quantità produttive compatibilmente economiche e per mantenere e sviluppare la fertilità del terreno.
Le esigenze nutrizionali delle varie colture vegetali, obiettivo primario della fertilizzazione, sono identificate attraverso la cosiddetta asportazione colturale.
Essa esprime la quantità di elementi nutritivi necessari per la produzione di una determinata quantità di prodotto, avente determinate caratteristiche qualitative e quantitative. Per il grano duro, ad esempio, 13% di proteine e 78 kg/hl di speso specifico minimo.
Il grano tenero è la specie di frumento che, per il suo largo impiego nella panificazione e nella produzione di paste alimentari fresche, assume maggior importanza fra i cereali in coltivazione oggi.
Le esigenze nutrizionali delle colture del grano, riferiti ai tre macroelementi sono 3 kg di azoto, 1,5 kg di fosforo e 2,5 kg di potassio, per un quintale di granella.
Detto ciò, tali valori vanno moltiplicati per la produzione ipotizzabile in un determinato contesto agrario. Non si possono dare indicazioni di valore assoluto sulle rese. Prescindendo da considerazioni di carattere economico, i concimi fosfati e potassici trovano dal punto di vista tecnico alcuni limiti nell’impiego; per quelli azotati questo limite è dato dal pericolo di provocare l’allettamento delle spighe.
La quantità mediamente impiegabili nella coltura intensiva oscillano, per ogni ettaro, tra 1 e 2 quintali per i concimi potassici, fra i quali conviene generalmente il solfato; fra 4 e 8 quintali per i fosfatici, dando di regola la preferenza ai concimi complessi, ma senza trascurare il perfosfato per i terreni argillosi, fra i 3 e 6 quintali per gli azotati.
I concimi fosfo-potassici si interrano dopo l’aratura e durante la preparazione del letto di semina, quelli azotati si spargono in copertura del seme. Per lo spargimento in copertura si prestano particolarmente i nitrati, il cui impiego è bene sia anticipato specialmente nei terreni aridi. La somministrazione deve essere più o meno frazionata secondo le condizioni climatiche e pedologiche, e di regola, l’ultima non dovrebbe andare oltre la fase di accestimento e dell’indurimento dello stelo.
Effetti delle diverse concimazioni
Concimazioni azotate: costituiscono uno degli interventi più efficienti per l’esaltazione della fertilità del terreno e della produzione agraria. Insieme con l’accrescimento del rigoglio vegetativo, le concimazioni azotate inducono in generale un ritardo nelle singole fasi vegetative e soprattutto nella maturazione, da cui risulta un allungamento del ciclo produttivo. Notevole è l’effetto ritardante nel processo di lignificazione dei tessuti, che riesce prezioso in qualche caso (orticoltura) e riesce dannoso in altri casi, in quanto espone la pianta ai danni delle inclemenze atmosferiche e soprattutto delle malattie parassitarie. E’ infatti noto che eccessive concimazioni azotate – non integrate da adeguate concimazioni fosfatiche e potassiche – predispongono il grano all’allettamento precoce e all’invasione delle ruggini. La frutta e gli ortaggi, se trattati con laute concimazioni azotate, sono, in genere, più acquosi, meno sapidi e meno serbevoli.
Concimazioni fosfatiche: sopperiscono ai bisogni nutritivi delle piante e hanno un’utile azione regolatrice dell’attività fisiologica. Queste concimazioni inducono di regola un’abbreviazione nel ciclo vegetativo, che risulta da una ripresa primaverile ritardata e da una maturazione anticipata. Il fenomeno sottrae le piante ad alcune influenze negative (geli tardivi e precoci siccità) e in genere le concimazioni fosfatiche accelerano la lignificazione dei tessuti meccanici conduttori. Il che migliora le qualità meccaniche dei tessuti e la loro resistenza a gelo e parassiti, stimolando per di più lo sviluppo dell’apparato radicale, che agevola la provvista dell’acqua e degli alimenti. Nelle colture cerealicole è palese altresì l’influenza favorevole delle concimazioni fosfatiche sull’accestimento. Si accresce per azione dei fosfati il numero dei culmi fertili e migliorano insieme il peso specifico dei grani e la pianificabilità delle farine.
Concimazioni potassiche: influiscono in genere assai favorevolmente sull’intero metabolismo vegetale. I tessuti più turgidi presentano una maggiore attività funzionale e una maggiore resistenza alle gelate e alle malattie parassitarie. I tessuti lignificano più rapidamente, il che accresce la resistenza dei tessuti di sostegno. Particolarmente sensibili al beneficio delle concimazioni potassiche sono le piante amilifere (patate) e le zuccherine (bietola zuccherina).
Breve storia dei concimi chimici
Come è nato l’uso dei fertilizzanti chimici? Tutto nasce dall’esigenza di assorbire il nitrato dal terreno, che è un nutriente essenziale per le piante. L’assorbimento delle piante dal terreno ne determina un impoverimento che viene reintegrato attraverso concimi naturali, quali, ad esempio, i funghi che decompongono la propria sostanza organica per renderla disponibile ai vegetali, o i residui vegetali e degli animali morti. Oppure può essere aggiunto dall’uomo come fertilizzante. E’ stato calcolato che, senza l’utilizzo dei fertilizzanti, l’agricoltura sarebbe in grado di produrre cibo per meno della metà della popolazione mondiale.
Lo sviluppo dei fertilizzanti chimici avvenne grazie al processo sviluppato dal chimico tedesco Fritz Haber (Breslavia 1868 – Basilea 1934), anche conosciuto come processo Haber-Bosch. Laureatosi a Berlino dopo aver compiuto gli studi in diverse università, si interessò dapprima di chimica organica, per volgere poi la sua attenzione alla chimica fisica, disciplina di cui nel 1906 ottenne la cattedra presso l’università di Karlsruhe. Qui condusse ricerche sui processi di riduzione elettrochimica di sostanze organiche, tra cui va segnalato quello che conduce alla produzione di anilina a partire da nitrobenzene. Nei primi anni del secolo scorso il mondo industrializzato aveva preso coscienza del fatto che le riserve di fertilizzanti azotati naturali (sostanzialmente nitro del Cile, minerale costituito da nitrato di sodio) non avrebbero potuto sostenere ancora per molto le richieste di un’agricoltura sempre più impegnata a soddisfare i bisogni di popolazioni in rapido incremento. Il problema era particolarmente sentito in Germania, paese che, oltre ad aver riscontrato nella seconda metà del secolo XIX un incremento demografico superiore ad ogni altro paese europeo, si trovava esposto al rischio di carestia se, in caso di conflitto con la Gran Bretagna, sua grande rivale, avesse subito il blocco dei porti attraverso i quali avveniva l’approvvigionamento dall’estero.
L’obiettivo strategico di sostituire i fertilizzanti naturali con fertilizzanti di sintesi da produrre in loco indusse un gruppo di industriali tedeschi ad affidare a Fritz Haber l’incarico di studiare il problema. Dopo alcuni tentativi, questi riuscì ad individuare le condizioni e catalizzatori in presenza dei quali la reazione tra azoto atmosferico ed idrogeno produce quantità industrialmente interessanti di ammoniaca. Il processo fu poi messo a punto con la collaborazione dell’ingegnere chimico Bosch ed allo scoppio del primo conflitto mondiale erano già in funzione in Germania due impianti della capacità complessiva di 50.000 t di ammoniaca all’anno (ammoniaca e sali di ammonio). La fissazione industriale dell’azoto atmosferico valsero l’attribuzione ad Haber, nel 1918, il premio Nobel per la chimica.
Tornando alle piante, esse, a parte qualche raro caso, non sono in grado di fissare autonomamente l’azoto gassoso dell’atmosfera, ma hanno bisogno di assorbirlo attraverso composti azotati come l’urea (sintetizzata a partire dall’ammoniaca).
I macroelementi fosforo, azoto, potassio sono combinati in concimi polivalenti contrassegnati dalle quantità presenti di ciascuno. Da cui la sigla NPK 10-10-10 significa che il composto ha Fosforo (P), Azoto (N) e Potassio (P) pari al 10% di ognuno. Le composizioni vedono la presenza anche di elementi secondari o mesoelementi quali magnesio (Mg), calcio (Ca), zolfo (S). Se prodotti in laboratorio sono detti concimi chimici (o minerali), mentre i concimi organici, sono quelli in cui i tre elementi essenziali sono legati al carbonio e, come già detto, sono di derivazione animale o vegetale.
L’Urea è il concime chimico azotato più impiegato nel mondo. Con un titolo del 46% di Azoto è il più concentrato. Una volta distribuita sul terreno, l’urea si trasforma prima in sali ammoniacali e quindi in nitrati.
Come composto organico, è un diammide dell’acido carbonico, che negli organismi animali rappresenta il prodotto del metabolismo proteico, elaborato da fegato e reni ed eliminato con le urine; l’urea prodotta per sintesi viene impiegata per la preparazione di resine ureiche, di fertilizzanti, di alimenti per il bestiame e, nell’industria petrolifera, per il frazionamento di miscele di paraffine a struttura lineare e ramificata.
Oltre all’urea, i fertilizzanti azotati più importanti sono l’ammonica, l’ammonio nitrato, l’UAN (una soluzione di urea ed ammonio nitrato), l’UAS (urea e ammonio solfato) e l’US (urea e zolfo).
Le reazioni principali coinvolte nella sintesi dei fertilizzanti azotati, oltre a quelle descritte in questa nota, sono l’ottenimento del gas di sintesi, la sua trasformazione in azoto e idrogeno, la sintesi di ammoniaca e la sua ossidazione in acido nitrico. Il 66% della produzione attuale di gas di sintesi va in ammoniaca, di questa, l’80% va in fertilizzanti cosi come l’80% della produzione di acido nitrico. Tutte le reazioni coinvolte nella sintesi dei fertilizzanti azotati hanno goduto di numerose innovazioni avvenute negli ultimi vent’anni. Le forze trainanti dell’innovazione sono motivate dalla ricerca di una più elevata capacità degli impianti, dall’esigenza di abbassare i consumi energetici e le emissioni inquinanti, di ridurre i tempi di fermata degli impianti durante le manutenzioni, di allungarne la vita, per aumentare produzione e produttività.
Chi produce i concimi nel mondo
Dando uno sguardo ai paesi di produzione dei fertilizzanti chimici la rilevanza dei paesi in guerra (Russia, Ucraina e Bielorussia) appare evidente.
Il quadro mondiale di quelli più importanti nella produzione di fertilizzanti è il seguente:
Con rincari che hanno raggiunto già il 170% e previsioni di prezzi ancor più alti, la guerra in Ucraina non è tuttavia la causa primaria di questi effetti, perché “L’inflazione dovuta alla guerra – scrive l’Osservatorio dei conti pubblici italiani – è minoritaria rispetto a quella che si è realizzata prima dell’inizio delle ostilità, ovvero durante la ripresa nel 2021”.
Come a dire che la guerra delle materie prime, compresa quella dei fertilizzanti, è in corso da tempo, anche senza essere dichiarata.
Essa può ridisegnare il quadro geopolitico universale, più di una guerra guerreggiata, a cominciare dagli effetti sulla filiera alimentare, con la certezza di peggiorare le precarie condizioni di popolazioni già al limite del sostentamento, con poca o nessuna voce in capitolo nel concerto mondiale.
Questa è l’ottica attraverso la quale dovremmo traguardare questo conflitto tra potenti, con guerre ora palesi ora silenti, per appropriarsi delle ricchezze del pianeta.
La posta in gioco è l’Umanità, attraverso la sua denutrizione. Sarà questo lo scenario più probabile che ci attende, senza nemmeno dover ricorrere alle bombe nucleari per autodistruggerci?
Da m.lodigiani agronomo
Davvero ottimo! Esplicativo dal punto di vista tecnico, comprensibile anche ai non addetti ai lavori senza sacrificare il rigore scientifico.