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Concorrere in Europa e in Italia
Ignazio Angeloni, già titolare di importanti incarichi negli organismi nazionali ed europei di vigilanza, ha osservato pochi giorni fa che, alla fine del decennio che ha segnato profondi cambiamenti istituzionali e di mercato, il sistema bancario italiano soffre al vertice di un deficit di competitività internazionale. Invita dunque alla aggregazione di Unicredit, la maggiore banca per attivo di bilancio, e Generali, la maggiore compagnia assicurativa d’Italia e tra le prime d’Europa, per creare un soggetto che possa competere con i grandi gruppi europei: francesi, spagnoli, tedeschi, olandesi. Con questa proposta Angeloni lascia intendere che l’altra grande banca italiana è destinata a rivestire il ruolo di banca nazionale di sistema.
Egli solleva anche il tema del supporto creditizio all’economia locale, richiamando la strategia di intensificazione della presenza nelle aree più ricche del Paese dei francesi del Credit Agricole, che rappresenta un sfida montante nel mercato interno del banking.
In altri passaggi dell’articolo, riconosciuto il generale miglioramento della solidità patrimoniale delle banche, l’autore si interroga sull’adeguatezza del sistema a rispondere ai fabbisogni creditizi e di servizi finanziari della nostra economia nei prossimi anni. Il contesto che si prepara sarà contrassegnato dalla crescita del costo del denaro e dal progressivo disimpegno negli acquisti dei titoli della Banca centrale europea, di cui le banche italiane sono ricche, oltre alla fine delle garanzie pubbliche sui prestiti del periodo Covid.
Mi trovo pienamente d’accordo con le osservazioni di Angeloni, alle quali vorrei aggiungerne alcune sui cambiamenti in corso nel mercato dei servizi bancari e finanziari, i quali, una volta dispiegatisi a pieno, potranno riflettersi sul grado di concorrenza del sistema.
Intendiamoci: una maggiore concorrenza tra banche e nuovi intermediari non bancari non potrà che far bene al consumatore, ma è pur sempre vero che la centralità del sistema è testimoniata da oltre il 60% del risparmio finanziario delle famiglie ancora presso banche e Poste e dal fatto che la ripresa economica è affidata anche a un rapporto virtuoso tra banca e impresa.
Nella fascia delle banche intermedie probabilmente il grado di concentrazione e la dimensione media sono destinati ad aumentare, anche in ragione delle criticità ancora da risolvere, come quella del MPS, mediante una operazione di aggregazione. D’altro canto a questa modalità si è fatto ricorso anche per le crisi di Carige e di Popolare di Bari.
Altre aggregazioni come quelle delle piccole popolari, operazioni sollecitate da tempo dalle nostre autorità, dovranno creare intermediari più resistenti.
Ancora in cerca di coerenze strategiche e di stabilità di risultati (e quindi di capacità di competere) è il credito cooperativo, dopo la riforma del 2016: basti ricordare che ad esso fa capo il 20% del totale degli sportelli bancari italiani, mentre la quota di mercato di impieghi e depositi viaggia solo intorno al 7/8%.
Concorrenza e tecnologia
I vuoti creatisi nell’offerta di credito in specie verso la pmi, per le tante crisi non prevenute della banca locale, debbono essere validamente colmati, ricostituendo una maggiore continuità di sistema.
L’obiettivo della maggior dimensione media assumerebbe però natura solo difensivistica, ove non fosse accompagnata dalla introduzione di nuove tecnologie, dallo sviluppo di nuovi processi, da rinnovate infrastrutture informatiche, da nuovi modelli di business.
Il punto cruciale è d’ordine tecnologico e il successo in termini di maggiore competitività si fonda sulla capacità dei vertici bancari di rendere operativi progetti, sui quali far confluire le risorse necessarie.
Il grado di resilienza del sistema cioè la capacità di assorbimento degli shock non è infatti un fatto statico rappresentato dall’eccedenza rispetto ai requisiti patrimoniali minimi, ma dalla capacità di investire quelle eccedenze secondo modalità di crescita e ricomposizione del business, misurando meglio i rischi.
La sfida tra banche e non banche
Per le banche non è tuttavia soltanto questione di indirizzare maggiori flussi finanziari verso l’innovazione tecnologica, secondo programmi coerenti di investimento, ma anche di analizzare al meglio i modelli di business degli intermediari non bancari sia per contrastare la disintermediazione nascente dalle loro azioni sia per sfruttare possibili sinergie.
Il terreno più frequente di confronto sono i servizi di pagamento e, in fase ancora embrionale, quelli creditizi, con nuove modalità quali a titolo di esempio il BuyNowPayLater che mira a rivoluzionare il più tradizionale credito al consumo o il direct lending che ha lo scopo di collegare prestatore e prenditore, facendo a meno dell’intermediario bancario.
Il primo contesto ha prodotto la costituzione di nuovi intermediari da parte di alcuni grandi operatori nel campo degli Istituti di moneta elettronica. Essi sono oggi in numero di 8 e annoverano tra i promotori soggetti quali Nexi, il maggiore issuer di carte di pagamento italiana, Enel, Lottomatica, Poste Italiane, Telepass, tutti indirizzati al collocamento di servizi e prodotti di pagamento per clientela retail.
La potenzialità dei servizi offerti da questi operatori non si è ancora espressa, ma si è ragionevolmente certi che potrà essere un fattore di differenziazione rispetto all’offerta bancaria prevalentemente nei pagamenti B2C.
Non risultano invece iniziative specifiche nei pagamenti B2B, per ottimizzare i flussi di incasso e di esito tra imprese. E’ un campo dove le banche potrebbero sfruttare i vantaggi competitivi delle relazioni creditizie in essere con le pmi, promuovendo filiere per mobilizzare il mercato delle fatture commerciali, grazie a processi più efficienti dello sconto cambiario o degli anticipi delle ricevute bancarie. Il tempo di estinzione delle fatture è da noi quasi il doppio dei restanti paesi europei.
Vi sono altri settori, come quello del finanziamento del capitale fisso, dove si hanno i primi tentativi di disintermediazione bancaria, attraverso la servitizzazione degli impianti e dei macchinari utensili. Queste novità potrebbero generare sinergie in materia di servizi finanziari di incasso e di finanziamento delle imprese.
In sostanza, uno dei compiti di banche e non banche a favore della pmi dovrebbe essere quello di aiutare a recuperare risorse liquide, attraverso innovazioni di processo, diminuendo il ricorso al credito erogato nelle forme tradizionali.
Le piattaforme tecnologiche di sistema
Importanza fondamentale nell’aumento del grado di concorrenza del mercato dei servizi bancari assume il ricorso alle infrastrutture di sistema.
Due esempi. Quello della piattaforma dei pagamenti istantanei TIPS, messa in piedi dal banche centrali, capofila del progetto Banca d’Italia, per l’efficienza, la sicurezza e la definitività dei pagamenti da concludere in pochi secondi. Finora vi è stato un limitato utilizzo di questa realizzazione, il cui ricorso da parte dell’utenza sembra scoraggiato dal livello delle commissioni applicato dalle banche.
Il secondo è la piattaforma PagoPa, per la quale vale l’auspicio che vengano superati alcuni limiti procedurali e che l’adesione degli enti della PA sia totale. Le operazioni di pagamento hanno molto spazio per crescere, in corrispondenza degli enormi flussi di denaro che l’economia e le famiglie indirizzano agli enti della PA. Nessuna forma di scoraggiamento dovrebbe venire dalle politiche di tariffazione delle operazioni della specie.
Infine sono rilevanti le politiche di investimento degli outsourcer informatici che forniscono servizi di facility management, application management e Business Process Outsourcing a cominciare dalla quinta banca italiana per dimensione.
Gli investimenti in tecnologia sono strategici per tenere allineato buona parte del sistema alle innovazioni in corso. L’aumento del grado di concentrazione del comparto dovuto ad alcune recenti acquisizioni deve seguire un approccio industriale e non la logica dell’investimento finanziario. Vedremo presto quale sarà la linea seguita dai nuovi investitori.
Il ruolo delle Autorità
Lo sviluppo di un corretto processo concorrenziale richiede che anche nei momenti più tumultuosi di promozione delle innovazioni, in specie di quelle sbandierate con grande clamore mediatico, non si affermino pratiche rischiose e poco trasparenti per l’utente finale. A chi sta sul mercato questo limite non sempre sembra ben definito a motivo di prassi talvolta non agevoli da inquadrare nel contesto normativo. Il tema è rilevante nell’ambito del Fintech. E’ ovvio che la tutela del consumatore è il valore da preservare anche in contesti ad elevato dinamismo nella promozione di nuovi prodotti.
La lettura del sistema bancario in ragione del grado di concorrenza infra bancario o tra banche e non banche richiede poi riferimenti oggettivi per la corretta valutazione dei progressi nella qualità dei servizi, ma anche per la evidenziazione dei punti di criticità. Il rischio di bolle è sempre dietro l’angolo.
Gli argomenti per far uscire la questione bancaria italiana dal “silenzio” che l’ha contraddistinta nei tempi della pandemia e ora della guerra sono molteplici e di vitale importanza, fruendo di informazioni più articolate e organiche di quelle che si sono finora potute ricavare sulle sue condizioni prospettiche.
Aggiungo qualche altra considerazione per illustrare i tempi biblici con cui si muove il nostro sistema bancario, ricordando ciò che si prefiggeva il regolatore europeo nel settore bancario con le due direttive cd.PSD. La prima risale addirittura al lontano 2005, una era geologica fa.
The PSD’s purpose was to increase pan-European competition and participation in the payments industry also from non-banks, and to provide for a level playing field by harmonizing consumer protection and the rights and obligations for payment providers and users. The key objectives of the PSD2 directive are creating a more integrated European payments market, making payments more secure and protecting consumer (da Wikipedia).
Sul piano della tutela del consumatore sono stati fatti passi da giganti se pensiamo che dal dopoguerra in poi erano gli accordi interbancari a regolare i servizi bancari con la clientela. Per il resto, concorrenza tra banche e non banche, chiunque può giudicare che il cammino è ancora lungo, molto lungo e impervio.