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La guerra minaccia il suolo magico dell’Ucraina
La catastrofe alimentare è la minaccia sempre più incombente causa il protrarsi del conflitto russo-ucraino. Il blocco degli approvvigionamenti di grano e altri cereali fermi nei porti di Odessa e del Mar d’Azov (Mariupol e Berdyansk), a cui si aggiunge quello di Kherson sul mar Nero può determinare sia immediate e massicce carenze di prodotto nei paesi di destinazione sia effetti a catena sui prezzi internazionali.
L’inizio della dodicesima settimana di guerra con l’avvio di altre questioni dalle conseguenze difficili da prevedere, quali l’ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia non lasciano immaginare tempi brevi per il risolutivo avvio di negoziati, ma il passaggio ad un irrigidirsi delle posizioni, allungando la durata del conflitto.
Il tutto di fronte alle atrocità commesse nel corso di queste dodici settimane che hanno spinto molti osservatori a parlare di: genocidio, pulizia etnica, stupro etnico. Per ultimo c’è la “de-ucrainizzazione” con le deliranti dichiarazioni pubblicate da un’agenzia di stampa di stato russa, in cui si afferma (oltre alla ormai nota de-nazificazione) che “il nome Ucraina non dovrà più essere usato”.
Intanto il grano langue sulle navi ferme nei porti e nei giganteschi silos di stoccaggio.
Cosa sta succedendo
Se la situazione non dovesse sbloccarsi i cereali del raccolto estivo potrebbero ulteriormente cumularsi, aumentando la pressione alimentare mondiale. Una guerra dai risvolti drammatici, più feroce di quella per il gas. Al momento le riserve ucraine di grano ammontano a 25 milioni di tonnellate, di cui 12 sarebbero destinate all’esportazione. Accanto ai rischi per la sicurezza alimentare di molti Paesi, c’è la necessità economica dell’Ucraina di far ripartire le esportazioni.
A questi aspetti si aggiunge la cosiddetta geopolitica del grano: ovvero l’utilizzo di materie prime alimentari – come appunto i cereali – come strumenti di influenza geopolitica e terreno per la propaganda. Come si è sentito ripetere più volte dal grano ucraino dipende la sopravvivenza alimentare di oltre 600 milioni abitanti del pianeta, nell’Africa del Nord, in Medio Oriente e nel continente indiano.
Le terre nere
Situata nella zona centro orientale dell’Europa, confinante con Bielorussia, Federazione Russa, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Romania, Moldavia, nonché Mar Nero e mar daxov, l’Ucraina ha una superficie totale di 603.628 Kmq, pari a due volte l’Italia, una popolazione di 42 milioni di abitanti, più o meno come la Spagna e una densità di 73 abitanti per chilometro quadrato (quella dell’Unione Europea è di 109, con un’alta variabilità tra i diversi paesi).
Il territorio è nel complesso una pianura leggermente ondulata, appendice meridionale dell’immensa piattaforma della steppa, con rilievi di altezza collinare nella Podolia, tra il Dnester e il Bug e nel Donets. Rilievi maggiori si trovano in Crimea, dove superano i 1500 m. e nell’Ucraina transcarpatica dove il monte Geverla raggiunge i 2000 metri.
La rete idrografica dell’Ucraina è notevole e tributaria quasi esclusivamente del mar Nero, soprattutto attraverso il Dnestr, il Bug meridionale, il Prut e il Tibisco. Soltanto gli estremi lembi nordoccidentali della Repubblica attorno a Leopoli sono drenati dal Bug e quindi dalla Vistola verso il mar Baltico. All’estremità sudoccidentale del paese si incontra il ramo più settentrionale del delta del Danubio.
La steppa è uno degli ambienti tipici di formazione delle terre nere (Chernozem)che sono una particolare tipologia di suolo, generalmente associata alla prateria, con 28 milioni di ettari, (praticamente poche migliaia di chilometri quadrati meno dell’intera estensione del nostro Paese) dall’elevatissima fertilità.
Questi suoli sono caratterizzati da uno spesso orizzonte superficiale inscurito, fino a diventare quasi nero, da abbondante sostanza organica originata dalla quantità di residui vegetali (radici delle piante erbacee), stabilizzata dall’abbondanza di calcio. Come già accennato, le terre nere si sviluppano tipicamente in ambienti di steppa, caratterizzati da clima continentale con inverni freddi e secchi seguiti da estati calde e discretamente piovose, anche se si producono con una certa frequenza, per quanto irregolarmente, condizioni di siccità.
Sono quindi suoli zonali, con stretta dipendenza dal fattore pedogenetico climatico (dal greco pedon suolo, e genesis nascita) insieme di processi fisici chimici e biologici che agiscono nel corso del tempo su sedimenti di materiali rocciosi alterati esposti sulla superficie terrestre.
Il clima ha favorito la diffusione di un’agricoltura redditizia, che associa le coltivazioni all’allevamento e ottiene buone rese unitarie. I due terzi del territorio sono stati messi a coltura e la fitta rete idrografica ha permesso la diffusione dell’irrigazione laddove la piovosità era insufficiente.
Dopo la dissoluzione delle Repubbliche Sovietiche (1991), l’Ucraina è diventata il più grande paese agricolo d’Europa. Oltre al grano, mais e cereali minori si è diffusa la coltivazione della barbabietola da zucchero, del tabacco e del girasole. L’Ucraina è il più grande produttore al mondo di pomodoro. Nella fascia meridionale l’attività agricola prevalente è l’ortoflorofrutticultura e l’associazione di agricoltura e allevamento ha permesso la crescita del patrimonio zootecnico, per la produzione di carne e latte, facendo dell’agricoltura intensiva la base di un’industria agro-alimentare fiorente.
Quanto alla Russia non è da scordare che è il principale produttore ed esportatore di materie prime per i fertilizzanti.
L’agricoltura dell’Unione Europea
Di fronte a questo gigante agricolo, cui è affidata la nutrizione di numerosi paesi in via di sviluppo, l’Europa risponde con una politica agricola puntata sulla qualità che nel settore dei cereali ha progressivamente fatto crescere la dipendenza dai grandi produttori americani di grano tenero: USA e Canada ci aiutano a colmare il nostro deficit di oltre il 50% di mais e di quasi i due terzi di grano, ricorrendo all’uso sistematico di glifosato per l’essicazione del prodotto in pianta.
Una risposta potrebbe essere l’abbandono della regola del cosiddetto set-aside, la messa a riposo obbligatoria di una quota, pari al 10%, dei terreni agricoli con l’utilizzo dei terreni incolti per le colture proteiche, e l’allentamento dei nuovi vincoli ambientali.
A guerra iniziata noi abbiamo approvato la normativa sulle colture biologiche (fortunatamente escludendo dalla protezione le bio dinamiche) con il divieto assoluto dell’uso di fito farmaci, che riduce le rese per ettaro al di sotto degli equilibri economici. Il dilemma può diventare quello di tornare indietro nelle politiche di minor sfruttamento dei suoli perseguita in questi anni, ponendo un freno alla sostenibilità.
Questa risposta alla crisi Ucraina in nome di una maggiore capacità produttiva chiama in causa l’adeguamento degli aiuti diretti della Pac alla produzione di cereali e semi oleosi. Il rafforzamento della sovranità alimentare deve garantire la sicurezza dei rifornimenti all’interno della Ue, perché, come qualcuno ha detto, la necessità di garantire l’autosufficienza alimentare diventa un tema strategico di sicurezza nazionale. E non possiamo certo pensare alle propagandistiche battaglie del grano degli Anni Trenta, agli orticelli di guerra e alle semine nei giardini di Piazza Venezia o davanti al Duomo di Milano, di cui qualcuno si ricorderà.
Il perno è una programmazione della politica agricola comunitaria, che troppo spesso è ricorsa a bilanciamenti e compromessi poco lungimiranti (se non poco dignitosi) tra le varie specializzazioni produttive rappresentative degli interessi in gioco tra i partecipanti all’Unione.
Bisogna trovare nuovi equilibri tra sostenibilità ambientale e produttività agricola dei paesi e tra paesi europei, affinché il grado di dipendenza dai grandi produttori, come si sta drammaticamente manifestando nei prodotti energetici, con le divisioni che si aprono, non si acuisca ulteriormente anche per quelli agricoli. Che darebbe peso al detto paradossale del “seminare in Italia per raccogliere in Canada”.
Articolo molto interessante su una problematica di drammatica e stingente attualità!
Come sempre gli articoli di Mario Bisconti si distinguono per chiarezza e buona lettura. Grazie Mario e complimenti!