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In questo frangente tutti i pensieri vanno lì. Non è che si può parlare del tempo che fa o di Belfast, il film di Kenneth Branagh che vincerà l’Oscar e neppure di Scissione la serie che non ti aspetti da Ben Stiller (su Apple TV+). Bisogna parlare per forza della cosa totalizzante.
Lo farei proponendovi due letture. La prima è tratta non solo dal più grande romanzo della storia dei bipedi, ma anche dal più grande libro di storia che abbia mai visto la luce. Si tratta di Guerra e pace. La seconda lettura lunedì prossimo sarà tratta dagli scritti di John Kenneth Galbraith, uno dei maggiori economisti del Novecento. Iniziamo con Guerra e pace, consigliando sommessamente questa lettura agli attuali residenti del Cremlino.
Il contesto
Estate 1812, Borodino.
La Grande Armée di Napoleone è a 125 km da Mosca.
In una rimessa sconquassata del villaggio di Knjazkovo, a un’estremità di terreno occupato dal suo reggimento, il principe Andrea Bolkonsky è assalito dai pensieri. È la vigilia della battaglia di Borodino che avverrà l’indomani. Il principe Andrea sa che “sarebbe stata la più terribile fra tutte quelle a cui aveva partecipato”.
Arriva l’inatteso Pierre Bezuchov che, unendosi agli ufficiali che nel frattempo avevano raggiunto il principe nella rimessa, giustifica la sua presenza sul campo dicendo che “voleva vedere la battaglia”.
La conversazione cade sul Maresciallo Barclay de Tolly, appena sostituito dal generale Mikhail Kutuzov alla guida dell’esercito russo. Barclay, uno stratega tedesco, aveva ordinato la ritirata a Smolensk dopo due giorni di combattimenti. Pierre chiede al principe Andrea la sua opinione.
Immenso Tolstoi
«A Smolensk ha ragionato bene [parla di Barclay]: che i francesi avrebbero potuto aggirarci e che le loro forze erano più numerose. «Ma non poteva capire,» gridò, a un tratto, il principe Andrea con una voce acuta che parve erompergli dal petto. «Non poteva capire che noi per la prima volta ci battevamo per la nostra terra, che l’esercito era animato da un coraggio come io mai avevo visto in precedenza, che per due giorni consecutivi avevamo respinto i nemici e che questo successo rinvigoriva le nostre forze. Egli diede l’ordine di ritirata, e tutti i nostri sforzi e tutte le perdite così sono stati inutili.
[…]
«Ma dicono che sia un abile condottiero,» disse Pierre.
«Non capisco che cosa significhi abile condottiero,» ribatté con ironia il principe Andrea.
«Abile condottiero,» disse Pierre, «be’, è quello che prevede tutte le eventualità… be’, che intuisce i pensieri dell’avversario.»
«Ma questo è impossibile,» esclamò il principe Andrea come se parlasse di una cosa risolta da un pezzo.
Pierre lo guardò stupito. «Comunque,» disse, «si dice pure che la guerra è simile a una partita a scacchi».
«Sì,» disse il principe Andrea, «ma con la piccola differenza che a scacchi puoi pensare quanto vuoi a ogni passo, che sei fuori delle condizioni del tempo, e ancora con la differenza che il cavallo è sempre più forte del pedone e due pedoni sempre più forti di uno solo, mentre in guerra certe volte un battaglione è più forte di una divisione, e altre volte più debole di una compagnia. Il rapporto di forza delle truppe non può essere noto ad alcuno. Credimi,» proseguì, «che se dipendesse dalle disposizioni degli stati maggiori, io sarei là a dare delle disposizioni; ma invece ho l’onore di servire qui, in un reggimento, con questi signori, e ritengo che il domani dipenderà effettivamente da noi e non da loro… Il successo non è mai dipeso e non dipenderà mai né dalla posizione, né dall’armamento, né dal numero, ma, in ogni caso, men che mai dalla posizione.»
«E da che cosa, allora?»
«Dal sentimento che c’è in me, in lui,» e indicò Timochin, «in ogni soldato.»
Il principe Andrea diede un’occhiata a Timochin che guardava sbigottito e perplesso il suo comandante. Contrariamente alla sua controllata taciturnità di prima il principe Andrea sembrava adesso commosso. Evidentemente non aveva saputo trattenersi dall’esprimere quei pensieri che gli erano venuti in mente tutt’a un tratto.
«La battaglia la vince chi ha fermamente deciso di vincerla. Perché abbiamo perso la battaglia ad Austerlitz? Le nostre perdite erano quasi pari a quelle francesi, ma noi ci siamo detti troppo presto che avevamo perso la battaglia, e l’abbiamo persa. E l’abbiamo detto, perché non avevamo ragione di batterci: il nostro desiderio era di andarcene al più presto dal campo di battaglia. Già che s’è perso, scappiamo! e così siamo scappati. Se non avessimo detto questo prima di sera, lo sa Dio che cosa sarebbe successo. Ma domani non lo diremo. Tu dici: la nostra posizione, il fianco sinistro è debole, il fianco destro è troppo esteso,» proseguì, «tutte queste sono sciocchezze, tutto questo non esiste. Ma che cosa ci si aspetta domani? Cento milioni dei casi più diversi, che saranno risolti in un istante dal fatto che sono scappati o che scapperanno i francesi o i nostri, che uccideranno questo o quest’altro; ma quello che si fa adesso è tutto un gioco. Il fatto è che coloro coi quali sei andato a vedere la posizione non soltanto non cooperano all’andamento generale delle cose, ma lo ostacolano. Essi sono preoccupati solamente dei loro piccoli interessi.»
«In un momento simile?» disse con rimprovero Pierre.
«In un momento simile,» ripeté il principe Andrea, «per loro questo è semplicemente il momento in cui si può scavare sotto i piedi di un rivale e ricevere una crocetta o un nastrino in più. Per me domani, ecco come sarà: centomila uomini dell’esercito russo e centomila uomini dell’esercito francese si incontreranno per battersi, e il fatto sta che questi duecentomila uomini si batteranno, e chi si batterà con più rabbia e si risparmierà di meno, vincerà. E vuoi che te lo dica? Qualunque cosa succeda, qualunque imbroglio combinino in alto, domani noi vinceremo la battaglia. Domani, qualunque cosa succeda, noi vinceremo la battaglia!»
[…]
«Sicché voi pensate che la battaglia di domani sarà vinta?» disse Pierre.
«Sì, sì,» disse distrattamente il principe Andrea. «Una cosa sola farei se ne avessi il potere,» riprese poi, «non prenderei prigionieri. Che significano i prigionieri? Questo è spirito cavalleresco. I francesi hanno devastato la mia casa e vanno a devastare Mosca, e mi hanno offeso e mi offendono a ogni secondo. Sono miei nemici, sono tutti delinquenti secondo il mio modo di vedere. E così la pensano Timochin e tutto l’esercito. Bisogna punirli con la morte. Se sono miei nemici, non possono essere amici, qualunque cosa abbiano detto a Tilsitt.»
«Sì, sì,» esclamò Pierre, guardando con occhi scintillanti il principe Andrea, «io sono completamente, completamente d’accordo con voi!»
[…]
Il principe Andrea capì tutto il calore latente, come si dice in fisica, del patriottismo che c’era in tutte le persone che aveva veduto e che gli spiegava perché quelle persone si preparassero così tranquillamente e, in apparenza, con calma alla morte.
Da: Leone Tolstoi, Guerra e pace, Libro terzo, parte seconda, § XVIX-XXV, pp.1474-1477, Garzanti Milano, edizione Kindle, 2011.
Prima di andare qualche suggerimento
Guerra e pace sugli schermi. Prima di tutto i 408 minuti e le 200mila comparse (per la battaglia di Borodino) del film del 1966 del regista Sergei Bondarchuk con un cast russo. 3 dvd su Amazon a 16,90€.
Poi la produzione del 1956 Ponti-De Laurentis per la Paramount diretta da King Vidor (208 min.), con un cast hollywoodiano poco indovinato fatta eccezione per la Hepburn (Natascia) e il nostro Vittorio Gassman perfetto in Anatol Kuragin. Su Dailymotion in quattro parti (con pubblicità). Se no DVD su Amazon a 9,90€.
In 4 dvd su Amazon si trova anche la miniserie Tv del 2007 di Raifiction con Alessandro Boni (Principe Andrea), Clémence Poésy (Natascia) e Alexander Beyer (Pierre). Prezzo proibitivo 89,90€.
Più a buon mercato, 16,50€ l’ottima produzione BBC del 2016 di Tom Harper andata in onda in Italia in sei episodi su laEffe (su Sky 139 fino al 31 gennaio 2022) e ritrasmessa su Canale 5 nel settembre 2018. Ora in 3 dvd, purtroppo solo in inglese.
Già nel 1972 la BBC aveva prodotto un adattamento televisivo del romanzo in 20 episodi con Anthony Hopkins nel ruolo di Pierre. Stando alle recensioni su IMBD lo sceneggiato sembra molto fedele al testo di Tolstoi e secondo qualche recensore quella di Hopkins è la migliore interpretazione del turbato protagonista del romanzo. Plausibile, Pierre non è certo l’azzimato WASP Henry Fonda del film di Vidor e neppure il mezzo adolescente rubicondo della serie BBC del 2016, già più credile lo stesso regista Bondarchuk che, però, rende un Pierre più accigliato che intimamente travagliato. La serie BBC del 1972 è disponibile su Amazon.com in 5 dvd, 90,19$ + 14,19$ di spedizione. Disponibile anche in tedesco, (69,88€), svedese (314,98€) e olandese (6,84€, fuori stock al momento).
Su RaiPlay si trova, in due parti, l’ottima riduzione teatrale di Andrea Baracco con la riscrittura di Letizia Russo, produzione del Teatro Stabile dell’Umbria.
Ci desiderasse l’audiolibro può trovarlo su Audible in quattro parti (4,95€ ciascuna per i non abbonati), 70 ore di ascolto, lettura di Gino La Monica. Per un’edizione più artigianale, scrivetemi.