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La cortina di uranio dello Zar Putin

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Continua sulla piattaforma la pubblicazione di “pillole” di diritto internazionale da parte di professori e ricercatori della Scuola di Studi Superiori S. Anna di Pisa, allo scopo divulgativo di commentare questioni che ci coinvolgono direttamente, come in questi giorni la guerra. In questo articolo in esclusiva per Economia&FinanzaVerde, la prof. Francesca Capone ci spiega la minaccia nucleare di Putin, inquadrandola nell’ambito del diritto internazionale.

Tempo di lettura: 6’.
Putin e la minaccia nucleare in una prospettiva internazionalistica

La guerra che sta sconvolgendo l’Europa e che è stata causata da un’aggressione ingiustificata e ingiustificabile da parte della Federazione Russa al territorio della vicina Ucraina (con il supporto della Bielorussia) è stata analizzata da tante colleghe e tanti colleghi, che si sono soffermati su vari aspetti e in particolare sulle violazioni di diritto internazionale commesse finora e sulle opzioni future per a) risolvere il conflitto e b) assicurare che le atrocità commesse non restino impunite.

Questo post si inserisce nel solco dei commenti circolati nell’ultima settimana, focalizzandosi sull’annuncio da parte del Presidente Putin di voler mettere in stato di allerta la “forza di deterrenza” della Russia, in altre parole, di essere disposto a ricorrere alle armi nucleari per vincere il conflitto.

Le sue parole hanno, come prevedibile, provocato reazioni da parte dei suoi detrattori, in primis il Presidente Biden, e verosimilmente lasciato interdetti anche i suoi (pochi) sostenitori. Ma cosa implica esattamente questa minaccia dal punto di vista del diritto internazionale? La premessa è che il diritto internazionale vigente non vieta la minaccia e l’uso delle armi nucleari in quanto tali, mentre regola senz’altro il disarmo e l’uso delle così dette armi di distruzione di massa (un termine non prettamente giuridico, ma di uso comune, che si riferisce non solo alle armi nucleari, ma anche a quelle chimiche, biologiche e radiologiche).

Mentre le informazioni relative agli accordi di disarmo (che hanno per oggetto il divieto della produzione di una determinata arma e l’obbligo della distruzione degli stock esistenti) sono facilmente reperibili e consultabili, risulta forse più complesso orientarsi nel panorama internazionale al di fuori di questo ambito.

Allo scopo di fornire una sintesi dei puntiprincipali da prendere in considerazione per comprendere l’effettiva portata dell’infelice esternazione di Putin, il post si sofferma su tre aspetti: la veridicità e l’entità della minaccia stessa, il quadro normativo internazionale (oltre agli accordi di disarmo) e infine le possibili conseguenze dell’escalation nucleare.

La minaccia nucleare come tassello della guerra psicologica o pericolo concreto?

La parole di Putin sull’eventuale ricorso alle armi nucleari sono state, secondo molti, volontariamente ambigue e a tratti teatrali: Ordino al ministro della Difesa e al capo di stato maggiore di mettere in allerta speciale le forze di deterrenza dell’esercito russo, in risposta alle dichiarazioni aggressive dell’Occidente.

Concretamente, come spiegato da diverse testate giornalistiche, la catena di comando del sistema nucleare russo si basa su una concatenazione a tre chiavi, in buona sostanza i codici di lancio. Una chiave è nelle mani del Presidente, una in quelle del ministro della Difesa e la terza in quella del capo di Stato maggiore interforze. L’annullamento di uno dei tre codici comporta il blocco dell’intera procedura. Come è noto, la Russia è uno degli stati (insieme a Cina, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti) a cui, sulla base del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), è consentito acquisire e detenere armi nucleari, fatto salvo l’impegno ad intraprendere in buona fede negoziati allo scopo di cessare la corsa agli armamenti nucleari e a concludere un trattato generale e completo in materia di disarmo nucleare (Art. VI TNP).

Per la cronaca, tale trattato esiste già: si tratta del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari del 2017, entrato in vigore il 22 gennaio 2021, senza l’adesione delle potenze nucleari, né delle potenze occidentali in generale, inclusa l’Italia.

Per quanto riguarda l’arsenale nucleare effettivamente a disposizione della Federazione Russa, il Bollettino degli scienziati atomici parla di  5.977 testate nucleari (di cui 1,458 già pronte per entrare in azione perché montate su diversi vettori), contro le 5.500 degli Stati Uniti. L’Ucraina, invece, non è in possesso di armi nucleari, avendole “restituite” alla Russia in seguito alla proclamazione di indipendenza nel 1991 e all’adesione al TNP come stato non nucleare.

Dalla fine della seconda guerra mondiale in poi l’uso di armi nucleari è stato invocato almeno 19 volte, e non si tratta della prima volta che la Russia ricorre alla minaccia nucleare, per esempio nel 2015 Putin ha dichiarato ad un’emittente russa che l’escalation nucleare era un’opzione sul tavolo all’indomani dell’annessione (sempre illegale) della Crimea l’anno precedente.

Il dubbio che non si tratti solo di retorica (o di un riferimento poco velato all’ideologia della Guerra Fredda) si sta insinuando sempre di più, non tanto per ragioni razionali (un’eventuale terza guerra mondiale sarebbe nucleare e devastante, come affermato dal ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov), ma per l’ irrazionalità e l’imprevedibilità che stanno caratterizzando le azioni di Putin, sempre più indifferente al giudizio dell’opinione pubblica internazionale e al diritto che regola le relazioni tra stati.

Il ruolo del diritto internazionale e gli obblighi contratti dalla Federazione Russa

Come anticipato, fiumi di inchiostro sono stati già versati per commentare nel dettaglio le violazioni del diritto internazionale commesse dalla Russia, dall’alleata Bielorussia, e le possibili strade per invocare la responsabilità di entrambe.

Poco invece è stato detto, dal punto di vista giuridico, sulla minaccia di ricorrere all’uso di armi nucleari. Il problema è inquadrabile da almeno due prospettive diverse, una relativa alla condotta delle ostilità, qualora la minaccia si concretizzasse nel ricorso alle armi nucleari contro l’Ucraina; l’altra, di più ampio respiro, concernente la legalità della minaccia rivolta ai leader occidentali, rei, secondo il Presidente Putin, di aver rilasciato dichiarazioni aggressive e di aver posto in essere azioni ostili contro la Russia in ambito economico.

Rispetto al primo aspetto, l’uso di armi nucleari, pur non essendo esplicitamente proibito dal diritto internazionale umanitario che si applica ai conflitti armati (in questo caso si tratta di un conflitto armato di natura internazionale perché coinvolge due stati), è palesemente incompatibile con alcuni dei suoi principi cardine(distinzione, proporzionalità, necessità ecc…).

In poche parole, il ricorso da parte della Russia alle armi nucleari (o in generale alle armi di distruzione di massa) nel corso della guerra contro l’Ucraina si porrebbe in contrasto con il ramo del diritto internazionale pubblico che disciplina la condotta delle ostilità e la protezione delle vittime. Allo stesso tempo, l’attacco contro la centrale nucleare di Zaporizhzhia, l’impianto più grande d’Europa, non ha alcuna giustificazione dal punto di vista del diritto internazionale umanitario.

La centrale è strategica per l’approvvigionamento elettrico dell’Ucraina, ma non è un obiettivo militare e, anche se lo fosse, i danni che un’eventuale esplosione causerebbe alla popolazione civile rendono l’installazione, e gli obiettivi militari nelle sue vicinanze,assolutamente inattaccabili.

Considerando la prospettiva più ampia, la Corte internazionale di giustizia (CIG) l’8 luglio 1996 ha affrontato in noto parere consultivo la questione della liceità delle armi atomiche. Rispondendo al quesito più controverso, la Corte ha purtroppo evitato di esprimere una posizione definitiva sulla liceità della minaccia e dell’uso delle armi nucleari, affermando invece che: “in considerazione dello stato attuale del diritto internazionale così come degli elementi di fatto a sua disposizione, la Corte non può tuttavia concludere in modo definitivo se la minaccia o l’impiego delle armi nucleari sarebbe lecita o illecita in una situazione estrema di legittima difesa in cui la stessa sopravvivenza dello Stato sarebbe messa in causa.

In parole povere, non è escluso che uno Stato possa ricorrere alla minaccia o addirittura all’impiego di armi nucleari nell’esercizio legittimo del suo diritto di legittima difesa. Nel caso della Federazione Russa è lampante, come già evidenziato in moltissimi contributi sul tema, che tale diritto, nonostante le affermazioni di Putin, non sussiste, e l’intimidazione stessa, dunque, costituisce una violazione dell’Articolo 2.4 della Carta delle Nazioni Unite che vieta la minaccia e il ricorso all’uso della forza nelle relazioni tra stati.

Nell’ambito del diritto internazionale dei diritti umani, invece, la questione della compatibilità della minaccia e dell’uso di armi nucleari con il quadro normativo vigente è stata risolta in modo netto grazie al recente contributo del Comitato ONU sui diritti umani. Il 30 ottobre 2018, il Comitato ha chiarito che la minaccia e l’uso di armi di distruzione di massa, ed in particolare di armi nucleari, sono incompatibili con il diritto alla vita, sancito dall’Articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici di cui la Russia è parte (dal 1973).

Inoltre, come sottolineato dal Comitato stesso, tale condotta può costituire un crimine internazionale e quindi dare origine alla responsabilità penale individuale di chi lo commette.

Le conseguenze di una escalation nucleare

Non serve grande immaginazione per intuire che il ricorso alle armi nucleari da parte della Russia scatenerebbe una guerra su scala mondiale con risvolti talmente drammatici che sarebbe difficile anche solo provare a prevederli.

Gli stati attualmente in possesso di armi nucleari, a partire dai cinque che siedono anche nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in veste di membri permanenti, sono schierati in modo netto; da una parte la Russia e la Cina, dall’altra Stati Uniti, Francia e Regno Unito. Questi ultimi come è noto sono anche membri della NATO, l’alleanza politica e militare che non è munita di un arsenale proprio, ma, sulla base di accordi interni, porta avanti una politica di “condivisione nucleare” (nuclear sharing) che si sostanzia nel dispiegamento di testate nucleari sul territorio di stati che, come l’Italia, hanno assunto decenni addietro l’impegno a non dotarsi mai di armi nucleari.

Altri quattro stati, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele, sono in possesso di armi nucleari, pur non avendone diritto sulla base del TNP. È interessante notare come questi stati hanno votato in occasione della storica risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 2 marzo 2022, che “deplora con la massima fermezza l’aggressione della Federazione Russa contro l’Ucraina e chiede che la Federazione Russa cessi immediatamente l’uso della forza contro l’Ucraina e ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari.

Ben 141 stati, tra cui Israele, si sono espressi a favore della mozione, la Corea del Nord si è unita al coro (striminzito) dei 5 contrari (insieme a Russia, Bielorussia, Siria ed Eritrea), mentre Cina, India e Pakistan si sono astenute (insieme ad altri 32 paesi).

Le alleanze, sembrano quindi ben delineate, e lo scenario appare particolarmente complesso, considerando che le armi nucleari attualmente in possesso della Russia hanno una potenza dieci volte superiore rispetto a quelle che nel 1945 hanno colpito Hiroshima e Nagasaki.

Questo conflitto, che, come è stato ribadito in più di un’occasione, per molti versi cambierà l’assetto dell’Europa intera, rappresenta anche un’occasione importante per riflettere sulla necessità di eliminare per sempre le armi nucleari. Dal 2017 in poi sono state tante le iniziative a supporto del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, eppure la comunità internazionale ha accolto questa opportunità con riluttanza, ancorata come è ai soliti giochi di potere e dimostrazioni di forza.Forse però è giunto il momento di ripensare criticamente al panorama attuale, riflettendo e facendo riflettere sull’importanza di aderire al Trattato affinchè la retorica pericolosa e irresponsabile sull’uso delle armi nucleari venga abbandonata una volta per tutte.

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