Tempo di lettura: 7’.
La parte centrale dell’intervento del Governatore della Banca d’Italia all’appuntamento annuale dell’Assiom Forex è stato riservato al tema della innovazione finanziaria.
Nella industria del credito, dei pagamenti, del risparmio e delle assicurazioni sono in atto profonde trasformazioni delle modalità di distribuzione dei servizi tramite i canali digitali, ma anche l’avvio di modelli di business che vedono la collaborazione tra intermediari finanziari di diversa natura o tra intermediari e imprese non finanziarie, la diffusione di “piattaforme” che consentono l’accesso a una sempre maggiore varietà di servizi, la esternalizzazione di funzioni aziendali anche rilevanti.
La regolamentazione europea è impegnata a (in)seguire la rapida evoluzione in atto con molteplici progetti normativi (5/6 nuove direttive e regolamenti!), mentre le autorità di vigilanza si prodigano nel richiamare l’attenzione di investitori e risparmiatori sui rischi (complessità e opacità degli algoritmi, criptoattività, attacchi informatici, frodi, violazione dati personali, sviluppo incontrollato della finanza decentralizzata, proliferazione degli smart contracts e via dicendo), senza mettere in ombra i benefici del progresso tecnico-finanziario. Uno degli obiettivi più importanti è l’inclusione per garantire, “a costi ridotti, facilità di accesso ai servizi finanziari da parte di soggetti poco o per nulla serviti dal sistema tradizionale”.
Al grido di “innovazione, innovazione!” proclamato dal mercato si contrappone quindi il manzoniano “adelante, Pedro, con juicio” delle autorità. A ognuno il suo, si dirà. Ma c’è chi come il premio Nobel Paul Krugman prevede per le cripto valute un bolla di dimensione pari a quella dei mutui subprime del primo decennio del secolo.
Invece che pronosticare catastrofi epocali, qui ci dedichiamo a illustrare alcune incertezze del nostro incedere lungo la strada del Fintech dei pagamenti, per interrogarci se esse siano di ostacolo tanto allo ordinato sviluppo del mercato quanto all’efficace esercizio dei controlli sul sistema.
La regolamentazione e il mercato
Il criterio di fondo della regolamentazione del Fintech dovrebbe in primo luogo favorire la biodiversità degli operatori, tanto nella loro dimensione, quanto nella loro specializzazione. Il mercato ha nella creatività delle soluzioni l’incentivo necessario alla propria crescita. Il costo della regolamentazione è tuttavia fattore determinante per decidere se trasformare una buona idea in una concreta costruzione.
La proporzionalità delle regole non appare finora praticata nella misura adatta alla nascita dal basso di piccoli intermediari, per quanto portatori di reale innovazione.
Si ricorda che con l’entrata in vigore della Prima Direttiva Comunitaria del 2010 si sono viste iniziative per lo più dirette a inserirsi nelle lavorazioni di strumenti di pagamento tradizionali e fuori dagli standard europei come i bollettini postali, occupando spazi procedurali liberati dal monopolio di Poste, piuttosto che a collocare prodotti e servizi digitali. I risultati del decennio sono stati deludenti tanto per i neonati istituti di pagamento quanto per i clienti che sono rimasti legati alle offerte delle banche.
Oggi la selezione all’entrata dovrebbe far maggiormente leva sul soddisfacimento di fabbisogni dell’economia reale, dominata dalla presenza della pmi. L’attuale fase mostra invece che i maggiori sforzi sono ancora diretti ai servizi per la clientela consumer, nella ossessiva ricerca di varianti anche minime di prodotto.
Tra le eccezioni, quella di B-ilty, di Banca Illimity che, oltre ai servizi tradizionali, offrirà progressivamente consulenze e metodi per l’accesso ottimizzato al credito e di FlowPay, Istituto di pagamento che offre servizi per ridurre i tempi di incasso delle fatture, migliorando il governo delle risorse aziendali. Sono tentativi di qualificare l’offerta a vantaggio di un settore dalle potenzialità inesplorate.
Sarà il naturale sviluppo del Fintech nostrano, cioè della volontà di passare dalle parole ai fatti a favore della pmi?
Gli intermediari
Il Governatore ha ricordato che sono operanti in Italia 51 istituti di pagamento o di moneta elettronica. Questa seconda categoria ne conta 11, per lo più espressione di gruppi di grandi dimensioni, leader nel proprio settore. Tra essi primeggiano Poste, NEXI e Enel.
Sono iniziative degli ultimi anni, che si stanno realizzando anche mediante l’acquisizione di piccoli istituti di pagamento, segnando un aumento del grado di concentrazione del mercato.
Qui il vantaggio non è solo quello di sfruttare basi di clientela ampie e consolidate, ma anche quello di innestare sui pagamenti digitali riferiti alle attività core una molteplicità di servizi a valore aggiunto (VAS), ponendosi come fornitore generalista. Il processo è all’inizio e vedrà altre esperienze, che dovranno contraddistinguersi per coerenza strategica e adeguatezza delle risorse investite per il costante allineamento alle migliori tecnologie e alle migliori prassi. Su questi aspetti l’informazione al mercato deve essere ampia e circostanziata.
Alla maggiore concorrenza delle non banche, le banche tradizionali hanno reagito in due modi: il primo, creando banche on line, societariamente distinte dalle banche-madri, per attrarre nuove generazioni di utenti, il secondo dando vita a un proprio Istituto di moneta elettronica, come nel caso del Gruppo Banca Sella e del gruppo bancario cooperativo Iccrea, concentrandovi le attività di pagamento. Non si è ben capito perché appena costituito mediante lo scorporo dell’intero comparto monetica, Iccrea abbia dato la maggioranza di BCCpay al Fondo Strategico Italiano facente capo a Cassa Depositi e Prestiti, come se i pagamenti non fossero un loro asset strategico. E’ un’altra dimostrazione delle oscillazioni del mercato o delle incertezze strategiche degli operatori?
In definitiva è da augurarsi che l’approccio industriale immesso dalle non banche nel settore rappresenti un fattore di maggiore dinamicità per il recupero del gap esistente con gli altri mercati europei, nonostante la crescita delle transazioni digitali avutasi nei due anni della pandemia.
Le operazioni di pagamento
Nuove modalità si manifestano nella esecuzione dei pagamenti.
Tanto per citare le più note, il Request to pay, il Buy Now Pay Later, gli Instant Payments dovrebbero affermarsi come standard, per incidere irreversibilmente sulle abitudini degli utenti, siano essi business o retail. Anche le attività introdotte con l’Open Banking dalla PSD2 (libero accesso ai conti e iniziazione ottimale dei pagamenti) saranno vettori di cambiamento. Siamo solo all’inizio di queste innovazioni e le potenzialità sono da approfondire e da sfruttare.
Biometria, DLT, Open API, Strong Customer Authentication, Internet delle Cose sono i nuovi abilitatori tecnologici, oggi terreno di applicazione di innumerevoli start up, sono bisognose di linee di sviluppo non occasionali.
Il pericolo di mode transeunti e di non ben valutati rischi trasversali (basti citare la vicinanza tra mezzo di pagamento e strumento di credito in molte proposte di finanza decentralizzata) sembra invece molto presente nell’attuale fase, in cui i risultati commerciali pretendono tempi di risposta sempre più concitati, accrescendo le difficoltà di individuare tutte le implicazioni delle nuove linee di business.
Piattaforme
Le più recenti accezioni di piattaforma evidenziano il ruolo di modello di business (non tanto di soluzione tecnologica a supporto delle attività), in quanto in grado di promuovere le interazioni tra una molteplicità di partecipanti, prendendo la forma di transazioni a breve termine come quelle tra compratori e venditori o di relazioni a medio-lungo per accelerare i miglioramenti delle performance dei partecipanti medesimi.
Il ruolo è dunque quello di fornire una struttura di governo e un insieme di standard e protocolli che facilitano le interazioni di scala, al fine di liberare gli effetti di rete del business in termini di valore, efficienza e sostenibilità.
E’ da ritenere che il sistema evolva verso questi nuovi modelli, che consentono di arricchire e integrare i meccanismi informatici e dispositivi delle transazioni e quindi la qualità complessiva dei servizi.
Quanto alle piattaforme come infrastrutture di sistema, osservata con Visco la novità della recente fusione Nexi-Sia, in special modo nelle transazioni effettuate con carta e la sua proiezione europea, si è in attesa del definitivo riconoscimento del ruolo di PagoPa con l’assoggettamento alla sorveglianza di Banca d’Italia, per il pieno efficientamento dei pagamenti diretti verso la Pubblica Amministrazione.
Un aspetto più critico, al quale andrebbe data soluzione, riguarda invece il basso grado, costatato finora, di utilizzo delle piattaforme dei pagamenti istantanei, nonostante le risorse pubbliche e del sistema bancario impiegate per costruire RT1 e TIPS.
Le politiche di prezzo praticate dagli intermediari ne scoraggiano al momento un più diffuso utilizzo, nonostante i benefici che famiglie e imprese potrebbero trarne in termini di rapidità e sicurezza delle transazioni. Non sarebbe il caso di un intervento delle Autorità al riguardo?
L’ esternalizzazione
Lo sviluppo di sistemi gestionali in cloud può infine contribuire a ridurre il rischio di concentrazione nei confronti di pochi outsourcer informatici che offrono e ospitano presso di loro i sistemi di banche e altri intermediari. Molti intermediari non bancari hanno poi i loro sistemi proprietari.
Una mappa precisa della variabile tecnologica è fattore essenziale per misurare ex ante le possibili conseguenze sistemiche di incidenti informatici gravi. La rivendicazione del Governatore di assoggettare a sorveglianza le infrastrutture tecnologiche sottintende per ora una mancanza di conoscenza per una piena comprensione dei fenomeni.
Il peso dell’arretratezza
Il mercato italiano dei pagamenti digitali deve liberarsi del peso dell’arretratezza senza incorrere nei costi e nei rischi della proliferazione di iniziative prive di sostenibilità nel medio-lungo termine.
Il naturale campo di applicazione è rappresentato dai bisogni della piccola e media impresa, sia per rendere più veloci i tempi di chiusura del circuito incassi-pagamenti sia per disporre di un set organizzato di informazioni e di indicatori costruiti su di esse per programmare meglio i flussi monetari.
Il vantaggio di una migliore e dimostrabile situazione di liquidità si estenderebbe automaticamente alla valutazione del merito di credito da parte dei finanziatori della impresa. Pagamenti e credito sono due facce della stessa medaglia e le prospettive della pmi italiana richiedono cambiamenti rispetto alla qualità dell’assistenza professionale della quale hanno finora potuto disporre, per una più efficiente gestione.
Le potenzialità sottese allo sfruttamento dei dati che si potranno ottenere mediante la funzione di accesso ai conti introdotta dalla Psd2 appare tuttora sottovalutata, in rapporto alla creazione di una modellistica di misurazione delle performance d’impresa.
Finora il mercato sembra non reagire con la rapidità auspicata a questa opportunità, con l’eccezione del gruppo Cedacri-Cerved da poco costituitosi per iniziativa di ION che sembra avviarsi nella costruzione di una nuova informazione economica, puntando sui big data.
La indeterminatezza delle linee di sviluppo dei servizi di pagamento digitale ci fa sperare che si tratti dello stato di avvio di ogni effettivo cambiamento, durante il quale la confusione è la condizione dominante. E, proprio per questo motivo, dovremmo rispondere, con Confucio, che la situazione è eccellente.
Ne siamo davvero convinti?
Repetita iuvant. Perchè ci troviamo nella insoddisfacente situazione descritta nell’articolo ?
La risposta è nelle parole del Governatore, che parla di vigilanza ma anche ci da una visione del mercato dell’innovazione, digitalizzazione, ecc.
“Sono oggi soggetti alla supervisione della Banca d’Italia 54 gruppi bancari e 167 banche non appartenenti a gruppi, 284 operatori nell’industria del risparmio gestito (società di intermediazione mobiliare, società di gestione del risparmio e società d’investimento a capitale fisso), 153 altri intermediari finanziari e 51 istituti di pagamento o di moneta elettronica. A questi si affiancano centinaia di soggetti comunitari, sottoposti alla supervisione dei propri paesi di origine, che possono operare in regime di libera prestazione di servizi.”
Cosa facciano di preciso non si capisce se non nella genericità delle varie categorie in cui sono collocati. E’ indubbio, però, che si tratta di piccoli operatori in prevalenza che sfruttano ridotti segmenti di mercato per trovare opportunità di reddito. Poco per fare avanzare il nostro sistema bancario e la nostra asfittica industria dei servizi di pagamento verso livelli e standard simili a quelli degli altri paesi europei.
Una celebre canzone di Lucio Battisti recitava: … come può uno scoglio arginare il mare, anche se non voglio torno già a volare …..