(283) — Transazioni tracciate nel nome della lotta all’evasione fiscale, database sconfinati ed esposti a rischi di violazione. E la vita “economica” privata?
10 maggio 2013 — I titoli dei giornali, gli annunci di governanti di vario tipo e colore, le regole bancarie e dell’Agenzia delle Entrate raramente sono d’accordo su questioni importanti: una delle poche è l’aver identificato il nuovo cattivo del terzo millennio, un nuovo tipo di pedoterrosatanista cioè chi usa, il denaro contante (Pedocontantista?).
Le dita di Cassandra già da tempo prudevano dalla voglia di trattare questo tema, visto che stampa, televisioni e politica hanno plaudito tutte le limitazioni a più riprese proposte, e purtroppo spesso anche attuate all’uso del contante. Non parliamo del contante di cui sono piene le valigie dei narcotrafficanti, di quello nelle borse dei pagamenti dei riscatti, di cui son fatte le mazzette passate ai politici o usato dagli evasori totali: parliamo di contanti per pagamenti eseguiti da privati per le necessità della vita quotidiana.
L’attuale giustificazione per tutto ciò è un odioso crimine contro cui si è scatenata una vera battaglia, l’evasione fiscale, e la sua controparte “in grande” cioè la circolazione illecita di capitali. Certo, in Italia la lotta all’evasione è un evergreen di qualsiasi governo ed epoca, la cui applicazione non sembra aver portato a risultati significativi, particolarmente nei confronti degli evasori totali e dei grandi evasori.
Evidentemente nessuno ritiene opportuno spiegare come i paradisi fiscali, i periodici condoni, il rientro dei capitali “scudati” e le imbarcazioni battenti bandiere rigorosamente non tricolori siano i mezzi ordinari e ben più potenti per realizzare la circolazione e l’uso illecito o elusivo di capitali: si tratta di materie i cui dettagli sono poco o punto noti al pubblico in generale ma molto ben comprese da grandi e piccoli evasori.
A poco serve far notare le numerose autovetture circolanti in Italia intestate a società svizzere che esistono solo per possedere l’autovettura stessa: alla guida di esse troviamo una varia umanità composta di viveur, professionisti, commercianti ed industriali di cui tutti conoscono qualche esemplare.
Non si tratta di segreti: la maggior parte di coloro che sfruttano questi trucchetti sanno di non fare niente di formalmente illegale, e sono spesso disponibilissimi a spiegarti nei dettagli come fare, da chi andare, quali carte servono e quanto si spende. E l’elenco delle poco note ma molto praticate italiche furbizie, o più tecnicamente “elusioni”, potrebbe continuare.
Ma fermiamoci qui e torniamo tra la gente comune, quella che paga IRAP, bollo auto, tasse scolastiche, parcheggi ed altre imposte riservate alle persone normali. Facciamo mente locale a come Cassandra, se vivesse in Italia facendo il metalmeccanico, l’insegnante o il coltivatore diretto di software, potrebbe spendere i suoi sudati soldi. In situazioni particolari userebbe carte di credito, accrediti e bonifici bancari, e quello che le avanzasse potrebbe lasciarlo su un conto corrente o investito in un deposito titoli.
Tutte queste transazioni, alcune da sempre (carte di credito) altre recentemente (bonifici, versamenti e prelievi di qualsiasi entità) sono trasmesse, tra gli altri, all’Agenzia delle Entrate e ad altri soggetti titolati
.Quello che fa venire i brividi a Cassandra è che una raccolta indiscriminata di dati su tutti e la realizzazione di database riguardanti tutta la popolazione è un’operazione che comporta rischi, anzi certezze di misusi ed abusi: queste situazioni dovrebbero essere limitate allo stretto indispensabile ed eseguite sotto strettissimo controllo.
Ed invece, come accade nel caso dei dati di cella GSM o degli account delle comunità sociali, questi database sono attualmente diffusi senza che le persone in generale se ne curino o lo ritengano una minaccia.
Oltretutto avere un cellulare o un account di una comunità sociale è facoltativo, mentre utilizzare le banche o le varie forme di denaro elettronico è in molti casi obbligatorio. Si dirà: “è un arma contro gli evasori, se sei onesto non hai nulla da nascondere”.
La traduzione in termini reali è piuttosto che chi è onesto non possiede più una vita “economica” privata. L’IRS, che sarebbe la temutissima Agenzia delle Entrate americana, per scovare gli evasori utilizza ovviamente il tracciamento di alcuni tipi di operazioni bancarie e di moneta elettronica, ma in questa lotta ottiene i risultati migliori con il lavoro, pagato a percentuale dell’effettivo denaro recuperato, di agenti investigatori che colà sono più temuti della Delta Force o di Freddy Krueger.
Dal punto di vista della privacy per fortuna esistono i contanti, il cui utilizzo, almeno nelle transazioni economiche più banali, scherma completamente la privacy del pagatore: certo, il prelievo del contante in banca o al bancomat lascia comunque traccia, ma fornisce solo un’idea del tenore di vita.
Non dice se compro un giornale politico, non permette di contare se e quanti preservativi vengono acquistati ogni mese, se si acquistano medicine per il diabete, si fanno elemosine in chiesa, o si getta una monetina al povero violinista che suona un valzer.
I contanti, per farla breve, permettono ad un cittadino onesto di rendere privati una buona parte dei fatti suoi.
Ed il denaro contante, come una volta era addirittura scritto su molte banconote, rappresenta un debito dello Stato emittente verso il cittadino che lo possiede, un debito che lo Stato deve onorare dietro semplice richiesta.
Ma torniamo al Belpaese. Che necessità c’è di emanare editti contro l’uso del denaro contante? Che necessità c’è di criminalizzarlo nei telegiornali o di renderlo inutilizzabile per pagare un professionista? E’ quantomeno bizzarro, visto che la maggior parte delle transazioni importanti viaggiano ormai per via bancaria tramite bonifici, carta di credito e di debito, assegni non trasferibili od altri mezzi perfettamente tracciabili. Sicuramente è un tipico caso di utilizzo, voluto e colposo, di uno strumento contro gli evasori, ma senza curarsi minimamente del suo effetto sui cittadini onesti.
Un pizzico di sana paranoia potrebbe addirittura suggerire che la “schedatura degli onesti” non sia un effetto collaterale trascurato, ma un comodo risultato che non sarebbe dichiarabile come fine, ma che è utile perseguire dovunque sia possibile.
Anche far vivere le persone in case di vetro sarebbe utile ad impedire molti tipi di reati.
Chiunque abbia varcato le italiche frontiere sa che l’uso del denaro elettronico, principalmente le carte di debito, è diffuso in maniera incredibilmente capillare: in Francia nei mercati rionali è frequente vedere la vecchina che dopo aver preso il sacchetto con due euro di pomodori porge la carta al bancarellaio, batte il PIN e riceve lo scontrino. Ma ritirare una grossa somma in contanti, per chi ha la fortuna di possederli, ed usarla per pagare qualsiasi cosa, dai pomodori alla fattura (regolare e sempre emessa) del professionista, è altrettanto lecito e non demonizzato. E coloro che si rendono conto che una maggiore privacy è fatta non solo di profili mai costruiti, di registrazioni a servizi gratuiti mai fatti, di pagamenti al casello, di dumbphone magari pure spenti di tanto in tanto, di legalissimi pagamenti in legalissimi contanti.
Un’occhiata al mondo dei blog permette di trovare informazioni di altri contenti del contante (qui, qui e qui).
Parafrasando il detto precedente, “Chi è onesto ha il diritto di essere lasciato in pace”.
E pagare in contanti è uno dei modi di esercitare, secondo volontà e libertà, questo diritto.
L’uso della moneta eletteronica dovrebbe costituire una evoluzione delle transazioni finalizzato ad ottimizzare i trasferimenti di denaro e non certo un obbligo stabilito da leggi determina tutto questo.
Un metodo maggiormente conveniente per disporre incassi e pagamenti, preservando da rischi di insolvenza, che continuano a interessare i flussi di mezzi di pagamento tradizionali, dovrebbe spingere a forme transattive piu’ celeri e sicure; eliminando definitivamente i rischi di banconote false, degli assegni emessi privi di copertura, di bonifici falsi attestati da fotocopie artefatte e con cro fantasiosi, etc ….
In tutto questo, intanto la gratuita’ dei servizi finanziari sottostanti, dovrebbe gia’ costituire il primo dei vantaggi a favore del semplice cittadino e tutto il resto verrebbe poi probabilmente di conseguenza.