Ipnotico e seducente film presentato in concorso alla 78 Mostra di Venezia. E’ tratto o ispirato da un romanzo di Elena Ferrante. Rimando qui di seguito alla scheda ufficiale della Mostra e alla presentazione della regista perchè rendono molto bene il contenuto del film.
Sinossi
Sola in una località di mare, Leda osserva ossessivamente una giovane madre e la figlia in spiaggia. Turbata dalla complicità del loro rapporto (e dalla loro famiglia, chiassosa e sinistra), Leda è sopraffatta dai ricordi legati allo sgomento, allo smarrimento e all’intensità della propria maternità. Un gesto impulsivo catapulta Leda nello strano e minaccioso universo della sua stessa mente, in cui è costretta a fare i conti con le scelte anticonformiste fatte quando era una giovane madre e con le loro conseguenze.
Commento della regista
Quando ho letto il romanzo La figlia oscura, mi sono sentita pervadere da una sensazione tanto strana e dolorosa quanto innegabilmente vera. Una parte nascosta della mia esperienza di madre, compagna e donna stava trovando voce per la prima volta. E ho pensato a come fosse entusiasmante e pericoloso dare vita a un’esperienza come quella non nella quiete e nella solitudine della lettura, ma in una stanza piena di esseri umani dotati di vita pulsante e sensazioni. Come ci si sente a essere seduti accanto alla propria madre, al proprio marito, alla propria moglie o figlia nel momento in cui sentimenti ed esperienze comuni a lungo taciuti, trovano invece voce? Ovviamente esiste una sorta di sgomento e pericolo nel relazionarsi a qualcuno alle prese con cose che ci sono state dipinte come vergognose o sgradevoli. Ma quando quelle esperienze vengono portate sullo schermo, esiste anche la possibilità di trovare conforto: se qualcun altro formula quegli stessi pensieri e prova quelle stesse sensazioni, forse non si è soli. Questa è una parte della nostra esperienza che di rado trova espressione e, quando ciò accade, è per lo più attraverso l’aberrazione, la dissociazione o il sogno.
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Aggiungo qualche breve considerazione. La Mostra ha realizzato qualcosa di impensabile fino a qualche anno fa quando tutto era concentrato nel catino del Lido tra l’Hotel Excelsior e il pala Cinema, trascurando l’intera isola che si estende per chilometri nell’Adriatico. Il sovraffollamento che ne deriva è visibile fin dalle prime ore del mattino quando i traghetti per il Lido sono stracolmi di cinefili a passo di carica. I film quest’anno si possono vedere in streaming e in un cinema di Venezia centro storico e in uno di Mestre quasi in contemporanea. Erano tristemente chiusi da mesi e le prospettive di ripresa sono ancora molto deboli ed incerte, per tanti fattori e non solo per le misure anti pandemia.
L’ampliamento dell’offerta cinematografica, nel tempo e nello spazio, è un piccolo gioiello nella sterile e consunta economia turistica della città, cannibalizzata più di prima dal turismo mordi e fuggi. Ormai a Venezia solo le Chiese, e non tutte, sono al riparo da sciami di persone che desiderano vedere la città d’arte per antonomasia. L’effetto volano della Mostra è dunque evidente e speriamo che vada oltre Venezia. Questa Italia che riparte così in modo nuovo ed intelligente è quella che mi piace.
Quanto al film ne consiglio la visione perchè è un dramma psicologico sull’essere donna e sulle scelte femminili della vita che possono risolversi in conflitti, contraddizioni che durano e perdurano scavando abissi di nostalgia e di sensi di colpa. E ne consiglio la visione in inglese con i sottotitoli; il doppiaggio in italiano rischia di ammazzare un film del genere giocato sui dialoghi, sui ricordi, sulle sensazioni dei protagonisti.
Insomma, un film da premiare ma soprattutto da vedere e consigliare. Buona visione.