Chi anni fa ha lavorato in Bankitalia a Venezia non può dimenticare le operazioni di versamento e pagamento nei conti dello Stato che portavano a delle ricadute di vita sociale e di tempo libero del tutto particolari. Quando poi era il periodo di settembre vi era un vero fermento nelle austere sale di palazzo Manin perchè la Mostra del cinema entrava in Bankitalia. E tutto sembrava ricollegarsi per rendere la vita più lieve e soave. Alla dirigenza erano di solito riservati gli inviti alla Mostra più prestigiosi poichè la BNL tramite la sezione di credito cinematografico vi contribuiva con cospicui finanziamenti e quindi era atto di cortesia riservare dei biglietti omaggio agli inappuntabili controllori. Altri impiegati si organizzavano tramite conoscenti che facevano le maschere nei tanti cinema del Lido per avere delle entrate di straforo per assistere alle agognate proiezioni. Altri ancora sparivano dalla vista dei colleghi per tutto il periodo della Mostra, ricorrendo a ferie e permessi.
Ma torniamo per un attimo agli allibramenti postali, moduli fascinosi dal color seppia che raccoglievano la quintessenza della burocrazia per effettuare i versamenti nei conti pubblici per molte causali. Nel periodo della Mostra molti versamenti provenivano dall’area di Chioggia per pagare diritti di pesca o di cacciagione. Era un diluvio di pezzi e pezzettini di carta,cui riservare la massima cura ed attenzione, inutile dirlo.
Per me che a quel tempo mi occupavo di allibrarli e cioè di contabilizzarli si trattava di superare in molti casi due ordini di problemi. Il primo era che sul verso del certificato molte volte non era indicata la causale e il conto cui imputarlo, ragion per cui dovevo risalire al versante e poi chiamarlo al telefono per avere delucidazioni. Il secondo problema è che da napoletano non capivo il chiogiotto, dialetto in cui si esprimevano gli interpellati. Costoro poi avendo spesso lo stesso cognome erano anagraficamente individuati con i soprannomi, Belo, Brasiola, ad esempio.
Gran parte della giornata la passavo così a svolgere delle mansioni lavorative non particolarmente impegnative in quanto ripetitive e poco stancanti. Poco a poco ho imparato anche termini dialettali tipo carega, tola, che un pò mi sarebbero tornati utili. E ho perso il vizio di cambiare i nomi veneziani in italiano, come capitò una volta quando intestai un assegno circolare al Comune di Santo Stino di Livenza che non esiste visto che il nome corretto è San Stino di Livenza. Ebbi dei rimbrotti dal mio capo e dovetti annullare il titolo.
Ma perchè a distanza di anni ricordo queste facezie impiegatizie ? Non sono certo Kafka. E’ che la lievità di siffatte giornate lavorative mi permettevano di uscire dal lavoro presto e ancora pieno di energie per poter assistere alle ultime proiezioni del Lido.
E di più ancora vi è il ricordo di una vita che scorreva in modo spensierato tra allibramenti e pellicole cinematografiche, di una gioventù che avrei voluto non finisse mai.