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Piangere a Palermo o piangere Palermo?

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Nel maggio di quest’anno, in procinto di trasferirmi a Palermo per lavoro, non ero affatto felice. Stavo per lasciare la mia Bologna, in cui ero in qualche maniera cresciuta. I colleghi, che notavano la mia tristezza, cercavano di consolarmi, dicendo che mi sarei trovata in una bellissima città di gente accogliente, cucina deliziosa, grandioso passato artistico e storico, e via dicendo.

Così sono giunta a Palermo; alla bellissima città di cui si parlava tanto. Era metà giugno e già faceva caldo. Sono scesa dal taxi che avevo preso nell’aeroporto e la prima cosa che mi è arrivata in faccia è stata un tanfo terribile mescolato con l’umido che prendeva narici e gola. Ero molto stanca per il viaggio e, con quattro valigioni da trasportare, non avevo la minima voglia di indagare sulla fonte dell’odore.

Oggi che scrivo sono passati quasi due mesi da quel giorno. Quella bellissima città di cui mi parlavano non l’ho mai trovata. Avranno problemi i miei occhi. Avranno problemi i miei canoni di bellezza o il mio naso….non saprei.

Ciò che invece posso sapere tramite i miei organi di senso è che si tratta di una città sommersa dalla spazzatura. Abitata da cittadini che si  sono abituati a vivere nell’immondizia e convivere con topi e vermi, creature che svolgono ciò che dovrebbe compiere quell’ente che nelle altre città italiane è chiamato “il Comune”, ovvero provvedere a smaltire i rifiuti degli umani.

A Palermo, invece, tutto avviene in modo semplice, diretto e naturale. I sacchetti dell’immondizia vengono prima (spesso) buttati dalla finestra, poi sciolti sotto il sole. Infine, il liquido nero e nauseante che ne esce annaffia le erbacce che hanno coperto i marciapiedi e le pareti dei vicoli. A questo scempio si aggiunge pure quello che piscia per strada, dopo aver finito una bella bottiglia di birra, diligentemente buttata anch’essa in strada, così che l’aroma ne venga arricchito.

I cassonetti sono pressoché inesistenti o traboccanti di lerciume. Quando si vogliono buttare i rifiuti bisogna raggiungere le montagne di sacchetti neri, blu e verdi e gettarli lì sopra. La settimana scorsa ho messo un sacchetto di spazzatura sulla montagna fetente. Stasera, per curiosità, mi sono avvicinata all’altura per capire quanti giorni ci impiegavano a venire a raccogliere le immondizie. Il mio sacchetto era ancora lì, intatto. L’ho riconosciuto per il suo colore blu ormai annerito e pieno di melma. Le bucce del cocomero sotto il sole erano diventate liquido putrescente.

Qua la vita della gente (dall’olfatto, se non altro, anestetizzato) procede meravigliosamente inalterata sin da almeno quando Nanni Loy ha potuto registrare i topi che nel mezzogiorno si attaccavano ai bambini e la gente che invecchiava tra l’immondizia. Tale inerzia sociale è una meraviglia della natura che qualche divinità avrà elargito a questo popolo, altrimenti qua sarebbero avvenuti una rivoluzione o un suicidio collettivo.

La città di cui mi parlavano sarà sicuramente bellissima e io avrò sbagliato l’aereo. Questa forse non è Palermo, né Italia. Palermo non è la sola a morire di immondizia. Questo non può essere un luogo dove vivono delle persone. Questo è un incubo…una visione angosciante. Saranno lo stress o l’abbandono totale che fanno avere tali tremendi incubi.

Se però non ho sbagliato aereo e questo non è un incubo, c’è da piangere. Piangere per l’Italia, per un Paese che amo e che è gestito in siffatta vergognosa maniera. Per un popolo narcotizzato che sopravvive sotto il sole e che accetta una anormale normalità e probabilmente non si ricorda più né il gusto, né il senso della forma.  

Nessuna possibilità di fruire delle bellezze architettoniche gloriose del passato: la trascuratezza grave, l’incuria mortale hanno preso il sopravvento su tutto.

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3 COMMENTS

  1. Che tristezza per un paese che fa del turismo la sua forza per ripartire. Il sindaco d Palermo, il noto prof. Orlando, non ricordo quante volte ha annunciato la rivoluzione culturale e sociale della sua citta’ mentre da opinionista TV sproloquia sulla qualunque. Andra’ tutto bene.Dimenticavo, a Roma e’ lo stesso, l’amata capitale de la monnezza.

  2. Leggendo l’articolo, per una certa analogia, mi torna alla mente un mio vecchio scritto, di cui riporto la parte iniziale.
    “Il film Johnny Stecchino, felice performance dell’attore comico Roberto Benigni, individua nel traffico cittadino il principale problema di Palermo. In verità, anche se l’ironico paradosso cinematografico indica il “virus” più comune e tipico degli affollati agglomerati urbani, sono ben altre problematiche che inquinano l’inossidabile mondanità locale.
    Nell’atavica ignavia di un contesto civico felicemente stigmatizzato dal romanziere Giuseppe Tomasi Di Lampedusa, si alimenta una pubblica amministrazione ove prevale l’arte del tirare a campare, la raccomandazione e un’arroganza che talvolta sfiora angherie da malaffare.
    Impunità sempre più ostentate, in verità sono pure agevolate da un assuefatto e talvolta complice “parterre”, ormai avvezzo a vedere calpestare ogni diritto e rassegnato a subire ogni abuso.” per chi vuole continuare la lettura può accedervi attraverso il link: https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2011/02/giacomo-leopardo-e-il-problema.html

    • La nostra Palermo non esiste più. I nostri concittadini pensano sovente che il merito del degrado sia sempre da indicare ad altri: il sindaco, la politica, i corrotti, i corruttori, i fannulloni, quelli che timbrano il cartellino…. Forse hanno ragione, parzialmente ma hanno ragione. Però poi ci sono anche loro che con assoluto menefreghismo e scarso senso civico, pensano che, visto che città soffoca tra l’immondizia, dare il proprio contributo lasciando lindicibile accanto i cassonetti già puzzolenti e stracolmi non incide per nulla… Tanto, uno più oppure uno in meno, cosa cambia… La nostra Palermo non esiste più e forse alcuni Palermitani non lha no mai meritata….

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