I prodromi dell’EF
Nel celebre capolavoro di Arthur Miller Morte di un commesso viaggiatore egli si accorse di non sapere più guidare la macchina, un giorno all’improvviso alla non più giovane età di 63 anni. Poi decide di non fare più niente se non alienarsi, dalla vita, dagli affetti, dagli altri e anche da sè stesso. Nella parabola di vita e di morte di Willy Loman si scorge la critica al sogno americano che altro non è che una chimera, una terribile illusione. A me sembra di intravedere, per come sono andate le cose, la parabola dell’educazione finanziaria nel nostro paese che presenta un bilancio pressochè fallimentare. Ciò nonostante l’ampio rilievo che l’ordinamento giuridico vi ha dato in quanto, dopo un periodo sperimentale, l’EF assurge a componente essenziale della tutela del risparmio. Inutile, sottolineare la numerosità di soggetti istituzionalmente competenti a portare avanti verso chiunque questo innovativo modus operandi. Forse nella mente di qualcuno l’EF si poteva vendere come gli hamburger di McDonald’s.
L’articolo 24 bis del decreto-legge 23 dicembre 2016, n. 237 (convertito in legge con modificazioni dalla Legge 17 febbraio 2017, n. 15, recante “Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio”) stabilisce infatti le “Disposizioni generali concernenti l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale”, volte a prevedere misure ed interventi intesi a sviluppare l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.
La norma prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adotta il programma per una “Strategia nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale”. L’attuazione della “Strategia Nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale” è assegnata al “Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria” nominato dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro dello sviluppo economico. Il Comitato è composto da undici membri, ed è presieduto da un direttore, nominato dal Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, scelto fra personalità con comprovate competenze ed esperienza nel settore.
A questi roboanti proclami oggi possiamo aggiungere qualche commento critico di chi come me si è interessato per motivi professionali a queste vicende.
Questioni irrisolte
Ci vedo tre motivi di fondo che porteranno anche noi di Economia&FinanzaVerde a riflettere sul se e come metterci al lavoro per la 4a edizione del nostro premio di Educazione finanziaria che si svolge nel mese di ottobre.
Innanzitutto, i programmi che ho avuto modo di visionare sono di una genericità che un pò disarma: bancomat, altre carte di pagamento, rudimenti di previdenza e finanza. Programmi che sono destinati ad adulti come ai pargoli in età scolare e liceale. Eppure la domanda di conoscenze c’è, eccome. I numerosi scandali bancari che si succedono nel nostro paese meriterebbero di essere disseppelliti e analizzati con cura, un pò come gli organi inquirenti fanno con i cold case, i delitti irrisolti a distanza. Da altro punto di vista,sono stato positivamente colpito da tre iniziative di EF, che mi piace richiamare all’attenzione anche se alcune di esse non sono state immaginate per tale scopo.
Senza falsa modestia, parto dal romanzo del prof. Davide M.De Crescenzi Sono tornata edito dalla nostra piattaforma lo scorso ottobre. Per certi versi un romanzo profetico sugli intrecci di affari tra banche e politica e sull’attitudine, tutta nostrana, dei banchieri centrali ad entrare ed uscire dal governo.
Poi, la splendida iniziativa della CONSOB di rappresentare a teatro The rise of Mr.Ponzi, The long-suppressed autobiography of a financial genius. Con essa finalmente si ha il coraggio di entrare nel vivo delle trappole che la finanza riserva agli ignari risparmiatori.
Inoltre, dopo aver assistito all’intero programma si insinua, inevitabile, nella mente dello spettatore un dubbio. Che non sia cambiato molto da quando Carlo/Charles Ponzi, parlando del suo schema dichiarò:
«Io ho dato agli abitanti di Boston il miglior spettacolo che sia mai stato visto sul territorio dai tempi dello sbarco dei Padri pellegrini! Valeva ben quindici milioni di verdoni il vedermi mettere su tutta la baracca.» |
Infine, a conferma che certe abitudini non muoiono mai la piéce teatrale Una banca popolare di Romolo Bugaro portata in scena al Goldoni di Venezia dal Teatro Stabile Veneto nel dicembre 2019. Ieri come oggi mi viene da dire e come vedremo fra poco la narrazione dei fallimenti delle banche venete e delle altre popolari italiane non si esaurisce alla data del fallimento ma continua a puntate con fatti e misfatti non meno terribili di quanto già visto.
Il secondo aspetto che dovrebbe far riflettere sull’EF concerne la struttura del nostro sistema bancario. Essa va convergendo, anche se in modo irregolare, verso il peggio in termini di concorrenza, il vero volano di tutela dei consumatori. Il sistema infatti è in mano a poche banche, forse cinque che ben presto diventeranno due per gli inevitabili salvataggi ancora da realizzare. Inoltre, i nuovi intermediari varati dalle istituzioni europee, istituti di pagamento, società finanziarie ed altri operatori quali componenti essenziali del cd.open banking, faticano a decollare. Da essi ci aspettavamo e auspichiamo un forte contributo alla riduzione del peso delle banche in Italia. Dunque nei 15 anni di EF la concorrenza sì è notevolmente ridotta e con essa la libertà di scelta che essa consente ai risparmiatori.
Da ultimo, si può tentare oggi il consuntivo di oltre un decennio di EF in cui si sono succeduti programmi di ABI, Bankitalia, Consob ed altri enti ed associazioni. Non è esaltante, considerato che nelle classifiche internazionali che testano periodicamente il grado di alfabetizzazione finanziaria della popolazione siamo rimasti sempre agli ultimi posti. A titolo esemplificativo, nello scorso mese di ottobre sono stati inseriti, nel sito governativo che segue l’EF, 74 pagine di progetti di vario tipo a cui vanno aggiunti altri che non li comunicano. Una enormità come se fosse una corsa a compilare quante più pagine possibili.
Qualcosa va necessariamente rivista!
Che fare, dunque?
L’idea era di lasciar perdere per un pò. Poi, proprio come nei cold case di cui parlavo all’inizio, mi sono imbattuto in una miniera di fatti e di informazioni relative al dissesto della Banca Popolare di Vicenza. Durante la pandemia presso il Tribunale di Vicenza vi sono state 120 udienze penali con ben 8.000 mila parti civili che hanno dato luogo a una sentenza di condanna di Zonin e altri, lunga oltre mille pagine. Una testimonianza inesauribile che ripropone ancora una volta nel dibattito processuale la domanda di come sia stato possibile un tale scempio del risparmio in una delle aree più ricche del paese. Sono consapevole della delicatezza delle questioni insite in un tale documento-monstre ma vale la pena tentare di ricostruire, dal lato di chi doveva controllare, il susseguirsi degli eventi attraverso le deposizioni degli ispettori e delle loro interlocuzioni con la magistratura.
D’altronde, nell’immaginario collettivo ci si interroga non tanto sulla mala gestio della banca, invero figlia di una natura umana sbagliata, ma su come sia stato possibile nel tempo continuare ad libitum alla distruzione di tanto risparmio senza che nessuno se ne accorgesse anzi con la richiesta di guarentigie da parte dei controllori che essi avevano fatto tutti e dico davvero tutti il loro dovere. Quindi è bene rileggere le carte processuali che richiamano in vita la Banca morta anche perchè per il futuro simili casi potrebbero capitare ancora. Da allora, in fondo non è cambiato proprio nulla e al biasimo per certi comportamenti è subentrato l’oblio e l’indifferenza, come spesso accade in Italia. Il nostro è un arrivederci a dopo l’estate per raccontare come in un torneo cavalleresco le tenzoni che si sono svolte davanti al Tribunale di Vicenza negli ultimi due anni. Dopo la vigilanza prudenziale, la vigilanza della risoluzione delle crisi, fa capolino a giusto titolo nel nostro paese la vigilanza dei casi irrisolti, probabilmente quella più interessante e a cui di necessità dobbiamo abituarci.