Maestri di riforme e semplificazioni
Piovono riforme a go-go per il nostro martoriato paese. Come in un celebre romanzo di Murakami, piovono dal cielo insieme a sanguisughe e pesci. Ogni governo, appena insediato,presenta al pubblico una ricca ed indispensabile agenda di riforme di vario tipo. E poichè di governi ne abbiamo uno all’anno ecco che il monte riforme è senza fine. Non solo i governi ma anche le istituzioni intermedie hanno nel carnet una corposa quantità di riforme nei settori di competenza. A nessuno viene in mente che siamo il paese più riformista del mondo, tanto che ci vuole, si fa e poi si disfa. Forse la misura è colma e la superfetazione riformistica inizia ad ammorbarci.
Qualche giorno fa il Direttore del MEF in una pubblica audizione ha denunciato che esistono 800 leggi tributarie (riforme del passato) del tutto inutili, e chissà pure dannose ? Il redattore del Sole 24 Ore Moyra Longo in una intervista televisiva candidamente ci ha informato di quante volte negli ultimi anni il codice degli appalti è stato cambiato, modificato, emendato, ecc. Ho perso il conto. Farei un torto alla memoria collettiva, se volessi aggiungere le tante riforme del regime previdenziale del nostro paese, mai finite e sempre in cantiere.
In campo bancario e finanziario, raggiungiamo l’apex. E’ di pochi giorni fa la pubblicazione di un libro di Bankitalia di 350 pagine sulla liquidazione coatta amministrativa delle banche e sul bail in. Questo ultimo istituto, introdotto pochi anni fa come riforma epocale, oggi non ci sta più bene. Da notare che il testo è in inglese, probabilmente perchè esso è destinato ai mercati internazionali.
Potrei continuare indicando anche che,ad una fase di riforme, si sovrappone in modo strutturale una fase di semplificazioni. Le due componenti della nostra vita politica vanno insieme, è ovvio. Sergio Rizzo su Repubblica del 30 maggio ha avanzato molti dubbi sul decreto semplificazioni, avendo visto più volte questi tentativi che spesso si trasformano in slogan. Eppure nella stessa edizione di domenica era possibile leggere una entusiasta intervista al Ministro Brunetta, piena di fuochi d’artificio su riforme e semplificazioni. Comunque sia, in Italia sarebbe impopolare annunciare di riformare senza semplificare.
Tralasciamo il mitico PNRR, la madre di tutte le riforme a venire, la cui redazione ha fatto cadere un governo e spianato la strada al premier Draghi verso il Quirinale (ma ce la farà politicamente a durare fino al 2023?). Concentriamoci invece sulle altre riforme per smentire coloro che a ragione pensavano che il documento le contenesse tutte non fosse altro per la quantità smisurata di pagine e di schede e di allegati, pari a 2400 fogli.
Il cantiere è sempre aperto
Lunedì 31 maggio ha parlato Visco, presentando le Considerazioni Finali espressione del suo alto magistero economico. Il menù di ricette è consistente, per tutti i gusti. E poiché il paese sta ripartendo pare quasi riduttivo non essere in sintonia con l’aria che tira e non partecipare a questa che ormai è una vera gara a chi ha più riforme da raccontare. Un pò di numeri tanto per dare robustezza a questi mesti ragionamenti rendono doviziosamente l’immagine dell’attitudine a riformare tutto quel che ci circonda. E’ un lavoro, una professione che appassiona molti di noi sia coloro che le propongono sia coloro che dovranno subirle. E’ il sale della nostra democrazia.
Alle 48 riforme del PNRR dobbiamo aggiungere, secondo il Governatore, le seguenti 10 che concernono:
architettura economica e monetaria europea, stabilità dei prezzi, debito pubblico, finanza di mercato per le imprese, tempi di recupero crediti per via giudiziale,politiche attive per il mercato del lavoro, quadro normativo dissesto piccole banche,euro digitale, valute digitali, rischi climatici.
Una rapida esegesi della mole di riforme che ci attende porta a una differenza tra quelle del PNRR e le altre più estemporanee, che si aggiungono di volta in volta, come quelle invocate da Visco. Le prime hanno una scadenza precisa entro un quinquennio mentre le altre non la prevedono e dunque o sono facoltative o dovranno inserirsi quando capita. Mi pare di aver capito che le misure per il recupero dell’evasione fiscale ricadano in questa area contrassegnata da interventi riformatrici ad libitum.
In totale, ci aspettano 58 megariforme, una al mese per i prossimi cinque anni. E pure abbiamo la fama di essere un paese che non le fa!
Chiudo queste brevi considerazioni con una nota personale di ragionevole ottimismo. E’ stato per me confortante capire che la nostra società ha queste caratteristiche per tanti motivi, storici e culturali. Ciò grazie ad analisi apprese decenni fa da scrittori e artisti, ritenuti scomodi o superficiali dalla allora classe dominante, di matrice cattolica o comunista che tuttora ci influenza. Vorrei non essere frainteso su questo punto. Voglio solo dire che l’Italia non è mai stato un paese liberale. Difficile modificare quindi i nostri limiti, ci dobbiamo convivere ed ascoltare con pazienza i tanti portatori di riforme che ci dicono come a scuola cosa fare. Così ovviamente cambiamo poco e male.
E’ proprio come ci dipingeva Fabrizio De Andrè. L’Italia è il paese dei banchieri, pizzicagnoli, notai,coi ventri obesi e le mani sudate, coi cuori a forma di salvadanai.
Mi sono convinto che a costoro possiamo aggiungere meritoriamente anche i riformisti.
In questa euforia generale c’è anche chi fa notare che, di questo bengodi che verrà a piovere con il PNRR europeo, solo un terzo dei finanziamenti è a fondo perduto. I rimanenti 2/3 sono infatti debito pubblico che andrà restituito.
Tutti i media fanno però in modo che tutti gli italiani si sentano contenti, come quando dopo tanto caldo torrido arriva un accenno di pioggia.
Ma cè chi potrà raccogliere acqua attraverso dammusi, mentre altri preparano ampie vasche e cisterne.
Ritorna sempre in mente la famosa frase del Magnifico “chi vuol esser lieto sia, di doman non c’è certezza”.