Nel perseguimento dell’obiettivo della transizione ecologica inserito nel PNRR, il tema educativo è un imprescindibile corollario. Così le conoscenze naturalistiche di base debbono raggiungere quante più persone possibili, affinché si affermi una cultura diffusa e condivisa sulla protezione dei nostri principali contesti naturali. In questo articolo, Ulderico Bisconti ci illustra i caratteri del patrimonio forestale, non limitandosi ad una visione solo tecnica.
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Foreste
Il bosco, visto dalle sue molteplici funzioni, può e deve diventare elemento trainante per lo sviluppo del territorio e può essere una risorsa capace di generare iniziative socioculturali e fonte di reddito.
Ne è un esempio il ritornato interesse per i lavori in bosco da parte degli imprenditori agricoli per integrare sia il reddito proveniente dagli investimenti agrari sia per occupare la manodopera nel periodo invernale. Da notare inoltre che il bosco è aumentato di valore per la crescente domanda sul mercato di “pellet e cippato” usati per scopi energetici.
Il mantenimento dei boschi è legato alla coltivazione in quanto non si tratta di formazioni forestali ad evoluzione naturale, bensì sono il risultato di una costante azione dell’uomo. Gli attuali equilibri raggiunti vanno costantemente mantenuti per non compromettere lo stato attuale di queste formazioni. In altri termini si tratta di ecosistemi fragili che necessitano di particolari attenzioni nei trattamenti.
L’estesa area forestale della Toscana (prima regione in Italia per estensione della superfice boscata, quasi il 50% dell’intera superfice territoriale), pur depauperata storicamente in vaste zone delle antiche selve per eccessivi tagli e irrazionali utilizzazioni, in un patrimonio che privilegia questa regione rispetto ad altre e che dobbiamo quindi gelosamente conservare.
Non si pone in Toscana la necessità dell’ampliamento del patrimonio forestale fatta eccezione per i terreni abbandonati dall’agricoltura e per alcune zone montane con terreni nudi ed in preda all’erosione. Molto urgente è anche la manutenzione dei notevoli impianti realizzati negli ultimi 150 anni abbandonati a loro stessi da decenni senza diradamenti e sostituzioni delle specie rustiche, frugali, provvisorie, usate nei rimboschimenti, con specie definitive atte a perpetuare il bosco.
Gli incendi boschivi e loro stato di abbandono sono oggi i fattori che più compromettono i nostri boschi, accanto ad alcune patologie che interessano in particolare alcuni popolamenti di castagno, di cipresso e di abete.
Il problema del castagno
Il castagno è una specie submontana-mediterranea ed è attribuibile alla fascia fitoclimatica del Castanetum. I boschi di castagno possono essere cedui, cedui matricinati, castagneti da frutto, fustaie.
Il castagno ha avuto un’importanza fondamentale nell’economia agricola (paleria, attrezzature varie, botti, legname da lavoro ecc.). Soprattutto la produzione di pali di castagno (vigneti, piantagioni varie ecc.). Con il diffondersi della globalizzazione molti cedui di castagno (paline) sono stati abbandonati poiché più convenienti, anche se poco durevoli, i pali di Pino silvestre provenienti dal Nord Europa.
I molti cedui di castagno sono quindi invecchiati in preda a micidiali attacchi di cancro corticale che prima non si verificavano poiché i polloni venivano ceduati tra gli otto e i dodici anni per cui la malattia non si diffondeva. Nasce quindi il problema del futuro di questi popolamenti il tutto aggravato dal cambiamento climatico che ha ridotto le piogge ed aumentato i parametri termici ben diversi da quelli richiesti dalle esigenze ecofisiologiche della specie.
I castagneti da frutto che un tempo costituivano fattore importante per l’alimentazione per le popolazioni montane e che venivano stimati (1958) in circa 450.000 ettari di superfice nazionale, attualmente in Toscana sono ridotti a 32.000 ettari per la concorrenza dovuta all’importazione di consistenti quantitativi esteri.
Le fustaie di castagno presentano in Italia una superficie ridotta (Monte Amiata, Pontremoli) oltre al fatto che il loro metabolismo è alterato dalle recenti variazioni climatiche. Comunque è difficile che vi siano ambienti favorevoli al governo a fustaia del castagno (terreno-distribuzione piogge-temperature).
Poca cosa, quindi, è il legname da lavoro di castagno italiano rispetto a quello importato per esempio dal Massiccio centrale francese (travature, barrique, mobili, ecc.).
Castagneto da frutto
Se il paesaggio, come si afferma, è un bene “economico”, un imperativo categorico sarebbe quello di usare nei vigneti pali di castagno, peraltro molto durevoli, come si faceva già dal tempo del pittore Lorenzetti che ha immortalato il nostro paesaggio nei suoi quadri a tema politico-agricolo (1300).
La ripresa dell’impiego dei pali di castagno nelle piantagioni, farebbe di nuovo iniziare il taglio dei cedui (paline) castanili combattendo la malattia a larga diffusione del cancro corticale che distacca inesorabilmente la corteccia della pianta facendola seccare. Ma a questi problemi nessuno è interessato.
Conversioni
Essendo diminuito il valore economico dei cedui, si pensò di convertirli in fustaie con tecniche abbastanza costose stimando che in futuro avrebbero potuto convenientemente essere utilizzati come legname da lavoro e, nello stesso tempo, ottenendosi un ecosistema meno fragile. La tecnica più usata era: selezione dei polloni sulle ceppaie – invecchiamento – costituzione fustaia provvisoria – passaggio alla fustaia definitiva a riproduzione agamica.
Come si vede siamo in presenza di tecniche complesse e lunghissime che richiedono tecnici esperti che operino con piani di assestamento forestale correttamente applicati nei molti decenni.
Indipendentemente da queste considerazioni l’errore di fondo principale che si commise fu quello che in realtà le specie atte a convenientemente essere convertite in fustaia erano pochissime per cui la generalizzazione imposta anche dalle amministrazioni forestali è stata un fallimento essendo molti popolamenti abbandonati od, addirittura, riutilizzati a ceduo!
E poi sotto l’aspetto tecnologico dalle future fustaie quali assortimenti utili e remunerativi possiamo ricavare! Quale futuro in queste situazioni? Non è possibile fare previsioni essendo a lunga scadenza. Dobbiamo poi tenere presente il cambiamento climatico che, se continua, porterà uno sconvolgimento del mondo vegetale.
Il tutto poi complicato dalla globalizzazione che offre ottimi legnami a prezzi molti bassi.
Arboricoltura da legno
L’arboricoltura da legno, con cui si pensava di sopperire alle necessità di legname italiane, non ha dato risultati sperati per motivi tecnici, genetici, geopolitici (tecniche d’impianto, caratteristiche materiale di propagazione, scarse conoscenze di arboricoltura degli agricoltori, sviluppo della globalizzazione).
Macchia mediterranea
Si tratta di una formazione vegetale arbustiva costituita tipicamente da specie sclerofille, cioè foglie persistenti poco ampie, coriacee e lucide, di altezza media variabile dai 50 cm ai 4 metri: spesso si tratta di formazioni derivanti dalla foresta mediterranea sempre verde
La complessità floristica e fitosociologica che caratterizza questo tipo di boschi, li rende particolarmente instabili e vulnerabili, specialmente in presenza di un fattore ricorrente di alterazione quali il fuoco.
Sughere (Quercus suber) con tronchi decorticati dalle plance (pezzi di sughero a superficie rettangolare così come viene staccato dal tronco).
Seppure non molto diffuse assumono una specifica importanza in termini economici, ambientali e paesaggistici. Per questi motivi vi è l’interesse a migliorare i popolamenti esistenti al fine di incrementare la loro produttività economica, per le stesse finalità ed in considerazione dell’esistenza di un mercato favorevole.
Cedui invecchiati e incendi
Tali boschi si trovano in una fase dinamica di transizione che ha come indirizzo naturale una struttura più stabile e in equilibrio nell’ecosistema “bosco” quale è la fustaia.
L’origine di molti boschi, che denotano fenomeni vistosi di regresso e di sofferenza, impongono interventi di miglioramento che favoriscano l’affrancarsi dei soggetti migliori.
Altro problema è quello degli incedi boschivi. Nelle superfici percorse da incendi molto raramente in un tempo lunghissimo si ricostituisce il bosco attraverso una lunghissima evoluzione partendo dalla vegetazione erbacea ed arbustiva ma la natura non è sempre benefica. Ciò premesso, come si faceva una volta, è indispensabile la ricostituzione del bosco con varie tecniche.
Una superficie forestale, devastata dall’incendio presenta la profonda alterazione, se non addirittura scomparsa, della microflora e microfauna. Sotto l’aspetto idrogeologico, dopo un incendio, si verifica il dilavamento dell’humus incenerito con conseguente inizio di erosioni più o meno profonde.
Come si vede affermare nei mezzi di informazione che i boschi incendiati (e abbandonati) si ricostituiscono da soli, è un errore plateale o forse si vuole giustificare la mancanza di interventi di ricostituzione.
Aree forestali periurbane
Nelle zone forestali limitrofe ai centri urbani di notevole intensità abitativa, sarebbe auspicabile prevedere il miglioramento e la manutenzione delle aree boscate. Gli interventi avranno lo scopo di rendere fruibile ai cittadini il patrimonio forestale esaltando le funzioni socio-culturali e turistiche ricreative dell’ecosistema bosco.
Aree a forestazione naturale
Da circa 40 anni, in Toscana, si nota un progressivo abbandono dei terreni agricoli in quanto è mutata la soglia della marginalità economico-produttiva. L’estensione di questi terreni si stima in circa 200.000 ettari.
Gli imprenditori agricoli preferiscono utilizzare i terreni più facilmente accessibili: e più produttivi. I terreni abbandonati vengono in molti casi progressivamente colonizzati dalla vegetazione spontanea che è tipica delle condizioni ambientali della stazione.
Il processo non è rapido ed uniforme perché vari fattori contribuiscono alla sua evoluzione: il clima, il terreno, la vicinanza di altre formazioni forestali, con presenza di piante atte a di diffondere semi fertili.
Anche se questi nuovi boschi originatisi da un processo naturale di evoluzione hanno poco valore economico, svolgono una importante funzione pubblica considerando il valore economico del paesaggio.
Sempre bravo con l’uso di un linguaggio semplice ed immediato.
Complimenti
Ottima disamina!