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La ristorazione di Draghi

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Il 19 marzo il premier Draghi si presenta in conferenza stampa e mi sorprende due volte. In modo abile e tonico comunica lo stato generale dell’Economia e illustra i provvedimenti del decreto sostegni dopo i tanti piani che egli stesso e poi i suoi ministri hanno disseminato, a vario titolo, in Parlamento. Il compunto ed algido banchiere centrale che eravamo abituati a vedere ha dismesso il suo triste aplomb e si è rivelato financo ironico e sornione. Alla lettura noiosa delle ennesime ricette economiche ha sostituto baldanzosamente l’illustrazione del senso delle misure varate. C’è da dire che la platea dei giornalisti ha posto domande non molto mordenti e questo lo ha favorito, in quello che è stato quasi un one man band.

La minestra rifatta

Quello che ha servito, tuttavia, non ha nulla di raffinato e di prelibato. L’indice dei provvedimenti rivela il significato di una manovra di natura assistenziale e di ammontare comunque limitato, 32 miliardi di euro di cui 11 alle imprese. Un pò a tutti per non scontentare nessuno, come è nella logica politica di un governo di unità nazionale. Qualche giorno fa il Financial Times aveva avvertito che i rissosi partiti italiani avevano trovato una sintesi, una temporanea riappacificazione per non perdere le risorse europee. E così è stato e il premier ha suonato la musica che gli è stata richiesta, quella della spesa pubblica che ha accontentato davvero tutti, tranne la Meloni.

Si parte con il contributo a fondo perduto per 3 milioni di imprese e professionisti, e si prosegue con altri interventi per i lavoratori autonomi e la filiera della montagna (2,2 miliardi di euro), sostegno alla scuola per 300 milioni, protezione dei lavoratori e contrasto alla povertà (2,5 miliardi di euro), sostegni agli enti locali (1 miliardo di euro), cancellazione delle cartelle esattoriali fini a 5.000 euro, infine due, tre miliardi per il piano vaccini e aumento della copertura della CIG. C’è quasi tutto, altro arriverà fra non molto e chissà che prossimamente non dovremo vedere anche i sostegni alle banche, sempre più malandate nonostante i già notevoli aiuti pubblici tra moratorie e garanzie sui prestiti.

Le parole ricorrenti sono, pertanto, blocco, sostegni, integrazione, assistenza e simili. Le giustificazioni addotte sono che è una economia di guerra e quindi è tempo di spendere non di chiedere soldi. C’è un tempo per ogni cosa, si potrebbe dire, citando l’Ecclesiaste. Ineccepibile, sotto molti punti di vista, ma servirà a cosa?

Chi paga il conto

Questi ed altri provvedimenti del Governo Conte (i tanti decreti Ristori dello scorso anno) stanno gonfiando la spesa pubblica in modo inimmaginabile, come mai è capitato nella nostra storia. La politica delle due fasi, austerità e poi spesa pubblica, ha pure ragione di essere con la solidarietà della stampa intera, ma qualcuno dovrà pure pagarla. Se tutto va bene riceveremo 190 miliardi di euro dalla UE da spendere in 6 anni, ma ogni anno, pragmaticamente parlando, 60/70 miliardi di euro vanno in fumo per pagare gli interessi sul debito. Una partita di giro per i primi due/tre anni per poi affrontare il mare magnum del debito pubblico.

Quindi l’economia del pragmatismo, come ha richiamato Draghi più volte nel corso della conferenza stampa, poggia su risposte parziali fatte di trasferimenti di reddito sostanzialmente. Essi non possono garantire più di tanto l’auspicata ripresa dei consumi delle famiglie e degli investimenti privati. Innesca una partita di giro per anni senza rilanciare lo sviluppo economico che è demandato al buon utilizzo dei fondi europei, un pò una chimera considerati i precedenti.

E’ in parte anche una visione miope, atta a tappare i buchi che scorre su due binari tra di loro sbilenchi. Da un lato, si erogano gli aiuti all’economia e, dall’altro, la vaccinazione procede a rilento e quanto ai piani già predisposti non si hanno certezze sulle forniture dei vaccini.

In conclusione, sul piano delle prospettive economiche del paese c’è poco da rallegrarsi mentre la fiducia nella natura umana ci impone di sperare con una certa ragionevolezza di poterci vaccinare quanto prima. Una speranza, nulla di più, cui aggrapparsi e per una volta l’economia e lo stato della finanza pubblica facciamo finta di non vederli. Primum vivere!

Dice, infine, l’Ecclesiaste: Mi sono accorto che nulla c’è di meglio per l’uomo che godere delle sue opere, perché questa è la sua sorte. Chi potrà infatti condurlo a vedere ciò che avverrà dopo di lui?

Niente di meglio per le orecchie del banchiere centrale che guida il governo e che, in età matura, ha scoperto e ha voluto condividerlo con noi a sera inoltrata, che la pandemia sta piegando la nostra società come mai era accaduto in tempi recenti. Noi già lo sapevamo, purtroppo.

Piu’ inquietanti sono i risvolti sul piano politico. L’ex banchiere aristocratico di Goldman guida il governo piu’ demagogico che abbiamo avuto. Egli sposa integralmente le ricette grilline e leghiste (ristori alle partite Iva, reddito di cittadinanza, condoni vari, ghe penso mi se l’Europa dei vaccini non funziona). Il PD forse si e’ accorto di questa antinomia ma e’ impotente perche’ e’ troppo impegnato nei propri e mai terminati regolamenti di conti interni.Abbiamo, dunque  creato un mostro che campa alla giornata senza una direzione da offrirci.

Ps.: Mi fa piacere per Draghi, ovviamente, che sta per prenotarsi e si vaccinerà con Astrazeneca. Abbiamo pure saputo che il figlio a Londra ha già ricevuto il vaccino. Vorremmo sapere anche per noi quando ciò accadrà.

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2 COMMENTS

  1. Che cosa dice il pubblico? Plaude, si meraviglia del “coraggio della verità”. Il lettore italiano, è talmente disabituato, ad un minimo di verità, ed a veder trattare i problemi di ognuno? Perché non ci sarà un risveglio morale! E’ considerato come un sintomo di assenza di sentimenti nazionali, largamente bilanciati dalla reazione positiva di tutti coloro che come noi – lontani dalla politica attiva – desiderano una sana amministrazione che tenga obbiettivamente presenti le esigenze di progresso economico e sociale della popolazione.

  2. Roberto Mancini ebbe a prendere in eredità come CT una nazionale italiana di calcio allo sfacelo, senza un minimo di parvenza di squadra e un proprio gioco. Il suo progetto si basò però su giovani, selezionando delle eccellenze ma puntando, principalmente, alla formazione di un gruppo stabile da amalgamare in schemi di gioco veloci e d’attacco.
    Il CT scelto per il Governo della politica dal Presidente della Repubblica, è stato obbligato dall’ammutinamento delle parti politiche, irrimediabilmente distinte in bande faziose preconcette. Ha pure fissato in due gli obiettivi improrogabili da conseguire subito: lo stop alla pandemia e la gestione della spesa di montagne d’euro concessi per recovery economico e riammodernamento sociale.
    La selezione degli elementi della squadra attuata non corrisponde però agli stessi criteri assunti dal mondo del calcio. Non figurano certo i migliori fra i cooptati scelti, nè si vedono idee chiare sugli schemi di gioco da adottare.
    Sembra che sia stata messa in campo una squadra simile a come ha fatto quest’anno la Juve: un Ronaldo superpagato in una squadra mediocre e con un allenatore improvvisato.
    La storia recente registra che la Juve è stata appena estromessa dalla Champion …..
    E’ risaputo che come “pallonari” noi italiani restiamo fra i più bravi al mondo ….. anche in politica. Non ci resta che attendere l’evolversi delle partite del campionato politico, fare il tifo comunque per i colori italici e …… sperare che, qualunque sia la tattica, tutto finisca bene.

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