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Eccoci di nuovo a parlare di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e di PagoPA, evitando le polemiche di questi giorni sulle disfunzioni in fase di avvio delle registrazioni delle identità per beneficiare del cash back governativo. Saranno presto superate.
L’interesse del cittadino deve manifestarsi nella esigenza di conoscere più in profondità caratteristiche e modalità di funzionamento di questa infrastruttura.
Due temi da conoscere
In questo articolo affronto due temi: quello delle commissioni applicate al cittadino nei pagamento verso le Amministrazioni Pubbliche e la nota dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato pubblicata lo scorso 5 novembre in merito alla disciplina sulle suddette modalità di pagamento.
Partendo dal primo tema, cronologicamente meno recente, vale la pena illustrare il meccanismo di funzionamento della piattaforma pagoPA per dare conto del cambio di paradigma che è avvenuto rispetto al passato.
La piattaforma pagoPA si configura come una piattaforma di interscambio a cui aderiscono liberamente i Prestatori di Servizi di Pagamento (detti PSP), cioè banche, Poste italiane, istituti di pagamento e Istituti di moneta elettronica che, in modalità standardizzata, multicanale e multipiattaforma, inviano i pagamenti disposti dagli utenti a favore di tutti gli Enti creditori della Pubblica Amministrazione, centrali e periferici.
Il fine di PagoPA S.p.A., che è una società partecipata dallo Stato ed è proprietaria dell’omonima piattaforma, che ne costituisce il principale prodotto assieme ad IO, l’applicazione dei servizi pubblici, non è di competere con le aziende che operano nel mercato dei pagamenti digitali, ma quello di stimolare e far crescere quest’ultimo.
La piattaforma pagoPA quindi si inserisce, integrandosi, in un mercato di concorrenza aperto, libero e flessibile e mette il cittadino nella condizione di scegliere le modalità tecniche del pagamento, senza alcun vincolo poiché essa si interfaccia con qualsiasi strumento messo a disposizione dai numerosi PSP aderenti.
Le commissioni: chi le paga?
Venendo al tema delle commissioni, queste costituiscono un aspetto per nulla secondario dei rapporti che la piattaforma gestisce. Essa, essendo “neutrale” rispetto agli attori coinvolti (Cittadini, Enti della PA e PSP), lascia le commissioni a carico dell’utenza. In questi termini può sembrare contraddittorio che una piattaforma creata dallo Stato, che dovrebbe favorire i cittadini, vada in qualche modo a gravare sulle loro tasche.
Per analizzare la questione occorre partire dalla situazione precedente alla nascita della piattaforma pagoPA e ai vantaggi che la stessa ha portato e porterà al sistema nel suo complesso.
Partiamo dal presupposto che “non esistono pasti gratis”. Il servizio fornito dai PSP per effettuare un’operazione di pagamento qualcuno lo ha sempre pagato. Ieri, oggi e sicuramente anche domani, poiché i PSP sostengono dei costi di gestione per ogni pagamento eseguito determinati dalle infrastrutture tecniche, dalle applicazioni che si occupano della sicurezza, dalle assicurazioni che rimborsano l’utente in caso di frode, dal personale impiegato nella gestione delle operazioni di pagamento, costi che, in ogni caso, guardando il sistema dei pagamenti nel suo complesso, risultano essere sempre più bassi dei costi di gestione del contante.
Il costo delle commissioni quindi, in passato e badate bene, in alcune circoscritte occasioni, era sostenuto direttamente dall’Ente pubblico chiamato ad incassare somme a vario titolo. Era in definitiva a carico del contribuente.
Questa però non era la regola generale poiché, salvo alcuni specifici casi che vedremo a breve, molte delle entrate degli enti pubblici venivano riscosse mediante bollettino postale o altri strumenti – a pagamento – che mai nessuno ha contestato, ancorché siano per il singolo assai onerosi. Un euro e mezzo commissioni per ogni bollettino, oltre al tempo per recarsi in un Ufficio Postale e a quello per la fila, è stata finora la norma.
In quali casi un Cittadino utente non pagava commissioni? Per fare alcuni esempi: quando l’amministrazione metteva a disposizione il pagamento Mediante Avviso (cd MAV), ovvero mediante modello F24 o addebito in conto corrente (c.d. SDD) o altri strumenti di incasso che, nonostante l’ingresso di pagoPA, come nel caso dell’F24 e dell’SDD, oggetto della recente nota del Garante della Concorrenza e del Mercato su cui ci soffermeremo più avanti, non sono stati aboliti, essendo ancora nella piena facoltà dell’Ente pubblico poterli utilizzare.
Oggi, con pagoPA, gran parte degli strumenti di pagamento (bollettino postale, MAV, RAV, ecc) sono stati ricondotti ad un unico “avviso di pagamento”, oltre a ciò i processi di incasso sono stati standardizzati a livello nazionale, poiché tutti i PSP aderenti alla Piattaforma offrono direttamente i propri servizi a tutta la PA. Questo costituisce un elemento in grado di aumentare l’efficienza del sistema, consentire un risparmio per il singolo Ente e quindi per tutta la collettività. Prima le relazioni fra Ente e PSP erano lasciate alla trattativa tra le parti e regolate da singoli rapporti bilaterali.
Il risparmio è confermato dal “Rapporto 2020 della 5° edizione della Community Cashless Society” dello Studio Ambrosetti che quantifica i benefici dell’adozione generalizzata di pagoPA da parte del comune di Milano, per la riscossione del tributo TARI e del servizio multe, in 375 Milioni di Euro annui.
Oltre a ciò, l’aumento della concorrenza nel sistema si riflette sui cittadini, poiché i PSP dovranno convincerli ad utilizzare i propri strumenti di pagamento, offrendo condizioni più favorevoli.
La battaglia quindi si gioca e si giocherà sui volumi delle transazioni ed i PSP saranno costretti ad attuare politiche di prezzo a vantaggio dell’utenza per intercettarne i pagamenti.
Il precedente sistema consentiva agli Enti di accollarsi le commissioni così il cittadino utente aveva la percezione di non pagare un costo che andava a carico del cittadino contribuente. Oggi è ancora possibile? Certamente! Ci sono casi di comuni e regioni virtuose che hanno reinvestito i risparmi apportati dal sistema pagoPA in sconti diretti ai propri cittadini. Per citare alcuni casi, il comune di Gallarate in provincia di Varese, grazie al risparmio ottenuto dall’incasso della TARI via PagoPa applica uno sconto di 5 euro ai cittadini che decidono di utilizzare detta piattaforma. Ciò determina un risparmio ben maggiore del costo della commissione. La regione Emilia-Romagna per il pagamento di ticket sanitari con carta di credito tramite pagoPA, azzera i costi commissionali.
Questi sono solo alcuni casi in cui le PA hanno deciso di accollarsi le commissioni, ma la pluralità di strumenti di pagamento che PagoPA mette a disposizione consente al cittadino una scelta fra comodità e convenienza. Attualmente si può decidere di pagare attraverso due principali modalità:
– dal sito dell’ente creditore, mediante carte di credito/debito, con il proprio conto corrente o con altri strumenti di pagamento evoluti quali MyBank o le app come Satispay e BancomatPay. In alcuni casi le commissioni sono azzerate, come ad esempio per chi sceglie la soluzione “Paga in Conto” messa disposizione da Intesa Sanpaolo, oppure vanno da un minimo di 0,50 centesimi ad un massimo di 2,5 Euro.
– mediante l’avviso di pagamento unico, tramite le reti fisiche messe a disposizione dai PSP (filiali bancarie, sportelli postali, tabaccherie, bar ecc.), che di solito hanno commissioni più alte per via dell’interazione con l’operatore, oppure presso gli ATM, tramite POS, dall’home banking, da applicazioni mobile, come l’applicazione dei servizi pubblici IO.
La suddivisione in queste due macrocategorie è utile solo ad illustrare le principali modalità disponibili, ma non esclude che si possano trovare soluzioni miste che non fanno che aumentare il ventaglio di possibilità che la piattaforma pagoPA mette a disposizione.
E’ evidente quindi come la scelta sia in capo al cittadino e come le Amministrazioni possano, al pari del passato, accollarsi i costi di commissione.
Che cosa ha detto l’Autorità Antitrust su PagoPa
Venendo al secondo punto. Lo scorso 5 novembre l’AGCM, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ai sensi dell’art. 21 della legge n. 287/90, ha inviato una segnalazione in merito alla disciplina delle modalità di pagamento alle Amministrazioni Pubbliche.
In vista dell’imminente nuova decorrenza dell’obbligo normativo per l’adozione della piattaforma PagoPA da parte della Pubbliche Amministrazioni, più volte posticipato – da ultimo, dal 30 giugno 2020 al 28 febbraio 2021 – l’Antitrust ha rilevato uno stato di generale incertezza circa taluni servizi di incasso che le PPAA, talvolta, hanno dismesso a favore del sistema pagoPA nonostante le “Linee Guida per l’effettuazione dei pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi” emanate dall’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID), prevedano una specifica esclusione da detto obbligo di questi strumenti.
Nel dettaglio è previsto che all’incasso mediante la piattaforma pagoPA, a cui abbiamo accennato nelle pagine precedenti: “gli enti creditori possono affiancare esclusivamente i seguenti metodi di pagamento: a) Delega unica F24 (c.d. F24) fino alla sua integrazione con il Sistema PagoPA; b) Sepa Direct Debit (SDD) fino alla sua integrazione con il Sistema PagoPA; c) eventuali altri servizi di pagamento non ancora integrati con il Sistema PagoPA e che non risultino sostituibili con quelli erogati tramite PagoPA poiché una specifica previsione di legge ne impone la messa a disposizione dell’utenza per l’esecuzione del pagamento; d) per cassa, presso il soggetto che per tale ente svolge il servizio di tesoreria o di cassa”.
In particolare, lo strumento che ha destato l’attenzione dell’AGCM è il Sepa Direct Debit (SDD) o come si usava chiamare un tempo, il RID.
L’eliminazione tout court di questo strumento, come alcune amministrazioni hanno fatto, (per esempio il Comune di Romanella riscossione della TARI), è a parere del Garante, del tutto ingiustificata e comporta pregiudizio ai cittadini utilizzatori sia sotto il profilo dei costi, poiché il legislatore ha previsto la facoltà per gli enti di applicare una riduzione fino al 20% dell’aliquota per chi decide di versare le imposte con l’addebito sul conto, sia sotto il profilo delle abitudini poiché avrà il vantaggio di non dover rincorrere le scadenze consentendo al creditore (l’amministrazione in questo caso) l’addebito diretto delle somme sul conto del debitore (il cittadino) previa specifica autorizzazione.
PagoPA S.p.A., nella risposta all’AGCM, ha accolto con favore la segnalazione, affermando che eliminare le incertezze è “il modo migliore per favorire un utilizzo più ampio ed efficace degli strumenti di pagamento elettronici da parte dei cittadini anche nei servizi pubblici”.
Da questa vicenda ed alcune altre riguardanti le dibattute commissioni applicate al cittadino, emerge come sia necessario guidare gli Enti della Pubblica Amministrazione verso una transizione al digitale che non consenta interpretazioni e, sperando di aver fatto un po’ di chiarezza in chi è riuscito ad arrivare fino in fondo a questo articolo, riassumo in due punti i principali concetti.
Riassumo i benefici attesi
PagoPA farà in modo che l’esperienza di pagamento sia uguale per tutti i cittadini a prescindere dal luogo di residenza e con gli stessi benefici in termini di:
– libera scelta di come e dove pagare in base alla comodità ovvero alla convenienza;
– le commissioni dove già si pagavano tenderanno ad abbassarsi e resta sempre nella facoltà del singolo Ente farsene carico.
Grazie davvero per questo articolo che spiega in modo chiaro ed esauriente PagoPA e le sue implicazioni di natura giuridica ed economica nel mercato dei pagamenti del nostro paese, uno dei piu’ astrusi del mondo contemporaneo.