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Pubblichiamo la prefazione della professoressa della Università di Pisa Renata Peppicelli al saggio di Minoo Mirshahvalad intitolato Sciiti in Italia. Esso tratta un argomento poco conosciuto, anche per il fatto che ci mostriamo troppo spesso superficiali di fronte ad altre culture, quando non ci lasciamo addirittura condizionare da un’informazione di maniera o ancor peggio da pregiudizi. E non si dica neanche che essendo la comunità sciita in Italia una ridotta minoranza possiamo semplicemente ignorarla. Economiaefinanzaverde intende continuare a segnalare il proprio interesse verso la crescente complessità della società italiana, nelle sue dinamiche e nella esigenza di integrazione con altre culture. Il libro edito da Paguro Edizioni, Collana l’albero delle idee, e’ in vendita a 15€.
Minoo Mirshahvalad ha pubblicato su questa piattaforma altri articoli dedicati all’Iran, paese di massima diffusione dello sciismo islamico.
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Il presente volume offre un’analisi originale e molto interessante di una realtà poco conosciuta, e vale a dire quella della comunità sciita in Italia. Pur rappresentando il 4-5% dell’Islam italiano gli sciiti non sono stati oggetto di uno studio sistematico e approfondito. Pochissimi sono i lavori dedicati allo studio di questa corrente dell’Islam, e si tratta per lo più di qualche articolo o di brevi accenni ai margini di opere sociologiche sull’Islam sunnita maggioritario in Italia.
Il lavoro di Minoo Mirshahvalad – che è il frutto della rielaborazione della sua tesi di dottorato in Mutamento sociale e politico presso l’Università di Torino – va dunque a colmare una lacuna nella letteratura scientifica. Frutto di tre anni di lavoro di campo all’interno della comunità sciita duodecimana in Italia, la ricerca qui presentata mostra il modo in cui forme e pratiche dello sciismo vengono rinegoziate e riadattate nel passaggio dai contesti di origine dei fedeli (Pakistan, Iran, Libano e Afganistan) al contesto italiano, in particolare del Nord del paese dove vivono le comunità più numerose (Milano, Brescia, Torino, Como, Carpi, Pavia, Varese, Trieste e Padova). Nel passaggio dello sciismo a occidente mutano forme del rito, feste, autorità e rapporti con il clero dei paesi di origine.
Alla base di questo libro c’è infatti la domanda: “in che modo cambia lo sciismo in Italia?” Minoo Mirshahavalad ha risposto a questa domanda, facendo un lavoro prezioso di immersione nelle comunità sciite presenti nel paese, frequentando momenti di culto, di festa e di vita comunitaria, svolgendo interviste e lavoro di campo. Nella sua osservazione partecipante ha portato con sé il suo posizionamento di ricercatrice – donna iraniana residente da diversi anni in Italia – che conosce il contesto religioso e sociale di cui si occupa per sua storia biografica, ma anche per averlo studiato con sguardo critico di studiosa attenta.
Nell’osservare e analizzare le forme e gli stadi di adattamento dello sciismo al contesto italiano, Minoo Mirshahvalad si sofferma in particolare sul ruolo delle donne, dei convertiti, delle autorità religiose, degli studenti, ma anche su quello dei sunniti e degli stakeholder italiani, che da angolature divere partecipano alla riconfigurazione del culto e delle forme di comunità che attorno ad esso si sviluppano in diaspora.
Per restituire la complessità di questa realtà l’autrice organizza il libro attorno a sei capitoli: la formazione di gruppi di fedeli in diaspora, le modalità della costruzione dello spazio sacronell’assenza di moschee tradizionali predisposte al culto, i gruppi di donne e le loro attività, il ruolo delle autorità religiose, le dinamiche settarie e i percorsi di conversione. Il primo capitolo risponde dunque a due domande interconnesse: quali fattori determinano le forme e i percorsi delle comunità sciite in Italia? Qual è l’impatto della comunità sull’acculturazione dei membri in Italia, in che modo i gruppi religiosi rispondono alle esigenze dei membri? I gruppi sciiti che si formano in Italia, e che sono plurali al loro interno (andando da ambienti omogenei per nazionalità ad ambienti multietnici con presenza anche di convertiti) non hanno infatti solo una funzione religiosa ma anche una funzione sociale che è volta a soddisfare una serie di necessità dei membri in un contesto non a maggioranza islamica.
Ci sono poi gruppi che hanno una sede, altri che non ce l’hanno e si ritrovano solo in determinate circostanze, e quelli che si incontrano solo online. A tutte queste tipologie Minoo Mirshahvalad dedica attenzione nella sua ricerca. Il secondo capitolo tratta della costruzione dello spazio sacro in un contesto, quale l’Italia, dove i luoghi di culto tradizionali non ci sono e offre una griglia interpretativa di tali realtà basate su una scala di “sacralità” di tali luoghi, a partire dalla dicotomia durkhaimiana di sacro-profano. Il terzo capitolo si sofferma sul ruolo delle donne che in contesto diasporico sono per lo più escluse da ruoli amministrativi e di potere ma ricoprono il doppio ruolo di protagoniste della creazione dello spazio di culto e di agenti della definizione dei confini della comunità. Nel quarto capitolo si mette in discussione il presunto transnazionalismo insito nello sciismo in diaspora, che secondo l’autrice, non ha un riscontro nel contesto italiano. L’istituto della marjaʿīyya (l’autorità sciita in materia di legge), che viene considerato un nodo significativo nella rete transnazionale sciita, in Italia si trova dinanzi a due sfide: l’impossibilità di rispondere alle esigenze degli sciiti in diaspora e l’approccio delle autorità italiane che si interfacciano fondamentalmente solo con le autorità dell’islam sunnita maggioritario, e prevedono iniziative di formazione degli “imam” che non tengono conto delle specificità del contesto sciita. Nel quinto capitolo si analizza il rapporto con l’Altro (i non-musulmani, i sunniti e gli sciiti di altri paesi), relazione che se da un lato fa emergere dibattiti settari e conflitti, dall’altro offre la possibilità di ridefinire la propria identità. Il sesto e ultimo capitolo è dedicato ai convertiti e risponde a due domande: quali sono i percorsi di conversione? Quali sono i contributi dei convertiti al cambiamento e all’adattamento dello sciismo al contesto italiano? Per l’autrice i convertiti sono i principali contributori alle trasformazioni dello sciismo in diaspora in quanto con la loro costante ricerca di uno “sciismo puro”, finiscono per creare una sorta di categoria, quale quella di “cultura”, che permette loro di espungere tutti gli elementi non desiderati senza correre il rischio di essere tacciati di empietà.
Attraverso quest’ampia disamina della realtà sciita in Italia, qui ricostruita solo per brevi accenni, Minoo Mirshahvalad ci restituisce dunque un ritratto e un’analisi di una realtà che necessitava di essere raccontata non solo per poter essere maggiormente compresa in sé, ma anche per poter avere un quadro e una comprensione più corretta dell’Islam in Italia e delle sue pluralità interne.
Nell’universo Islamico, gli sciiti sono circa il 10 per cento. L’Iran è il solo paese in cui essi sfiorano la totalità e detengono il potere. Segue l’Iraq, dove gli sciiti sono la maggioranza della popolazione, il 70 per cento, ma sono duramente perseguitati.
La storia recente degli sciiti, sia in Iraq che in Arabia Saudita, è una storia di incessante persecuzione, ad opera dei rispettivi regimi. Una persecuzione passata sotto silenzio sia in campo mussulmano che in campo cristiano “gli storici sono ostili ai vinti”.
Il motivo di questo silenzio in larga misura legato al successo della rivoluzione Khomeinista in Iran. Il terrore di questa rivoluzione si estende ai paesi vicini facendo leva sulle popolazioni sciite che ha fatto si che queste che queste fossero abbandonate a se stesse anche dall’ Occidente: Una ragione per cui nel 1991 gli Stati Uniti rinunciarono a eliminare Saddam Hussein e proprio questa. Ritiratosi le truppe americane, il dittatore di Baghdad ebbe mano libera per annegare nel sangue la rivolta dei suoi sudditi sciiti.