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Progettare le città nel mondo post Covid 2/3

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Dopo l’articolo del Professor Zeffiro Ciuffoletti dedicato alla rivitalizzazione dei borghi, ecco l’articolo del Professor Francesco Ferrini sulla trasformazione/riqualificazione delle città post pandemia, con indicazioni e suggerimenti concreti di policy.

Nei prossimi anni gli amministratori degli agglomerati urbani si troveranno ad affrontare sfide avvincenti per migliorare la qualità della vita dei loro cittadini; dovranno allora agire in tanti modi diversi, sfruttando una gamma variegata di preziose opportunità, da non sprecare. Non c’è dubbio infatti che le aree metropolitane sono e saranno sempre di più i motori della crescita economica e diverranno anche un terreno molto fertile per lo sviluppo di nuove tecnologie, di slanci creativi, dell’innovazione in genere.

Potranno inoltre favorire una vita multiculturale illuminata, magari basandosi su concetti come quello della “economia basata sulla conoscenza”, un’espressione coniata oltre 50 anni fa da Peter Drucker, economista e saggista austriaco naturalizzato statunitense, per descrivere l’uso dell’informazione e della conoscenza in tutte le sue forme, quando genera valore, con una particolare attenzione alla natura, alla creazione, diffusione, trasformazione e trasferimento di competenze e cultura.

Le città, in questo momento particolare della vita dell’uomo sul pianeta, almeno come le abbiamo immaginate e progettate sino ad ora, sono fonte di una serie di rischi per la salute causati dall’inquinamento e dalle isole di calore urbane, e sono anche luoghi in cui si concentrano problemi come disoccupazione, segregazione, povertà e insicurezza. Inoltre, le popolazioni delle città sono state a lungo incubatrici e porte d’accesso per la diffusione di malattie infettive, e non solo nei paesi più poveri.

Considerando che entro il 2050 quasi il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree cittadine, abbiamo bisogno di ripensare il nostro modello di metropoli. Gli urbanisti dovranno mettere al primo posto della loro agenda di lavoro le considerazioni sulla salute della gente che vive in città, ragionando a tutto tondo, in termini politici e tecnici: ci sarà da attuare una “pianificazione urbana sana”, ovvero mettere i bisogni delle persone, la loro salute e il loro benessere al centro del processo decisionale di “costruzione” delle città future.

Significa anche trovare il giusto equilibrio tra pressioni sociali, ambientali ed economiche e pianificare quindi uno sviluppo sostenibile. Questa visione globale non può prescindere dai principi di equità fondamentali come quelli della cooperazione intersettoriale, del coinvolgimento della comunità e della sostenibilità delle “Healthy Cities”, città dove il benessere del cittadino viene considerato di primaria importanza.

Purtroppo, sembra che la nuova “retorica urbana” di alcuni politici, dei media e anche di una varietà di riviste specializzate, non riesca a comprendere appieno la realtà della ‘pianificazione urbana’ innovativa. Questo atteggiamento è molto preoccupante perché pare mancare la consapevolezza che tante metropoli sono in un punto di transizione del loro “ciclo di vita urbano”; stanno passando da un’economia industriale a una post-industriale, trovandosi così ormai oltre la fase di maturità stabile, prossime a entrare in uno stato di declino.

Pertanto, a meno che non vengano attuate strategie politiche adeguate, è probabile che molte città continueranno il loro declino fino a diventare centri di povertà in decadenza.

Questo imbarbarimento urbano potrebbe essere ancora più accentuato dagli effetti causati dalla pandemia causata dal COVID-19. L’epidemia globale ci ha infatti messo di fronte ai nostri errori passati e presenti e una volta che la pandemia sarà risolta e l’economia inizierà a ripartire, dovremo rigenerare le aree urbane, ripensandole, costruendole in modo nuovo. E questo buon proposito non dovrà rimanere solo una visione ipotetica, ma andrà considerato come una priorità assoluta, qualcosa da realizzare a tutti i costi, anche perché dovremo far fronte a nuove ondate di migrazione urbana sia nazionale che internazionale.

Risposte adeguate saranno quelle che non si limiteranno a colmare le richieste di unità abitative, ma soddisferanno anche la voglia di miglioramento dell’ambiente urbano a tutto tondo, costruendo città “green and smart”, non inquinate, sicure, ricche, appunto, di opportunità per la gente.

Per decenni abbiamo costruito case e urbanizzato vaste aree senza criterio, consumando il suolo come se questo fosse una risorsa illimitata. Questa “malpractice” appare forse più grave in Italia che in altri paesi; i risultati di un recente studio hanno indicato che negli ultimi settant’anni si è verificato un aumento continuo delle aree impermeabilizzate nel nostro Paese, con tassi di crescita assoluta e pro capite più elevati osservati nel periodo 1999-2006.

I dati confermano che i processi di urbanizzazione osservati nel secondo dopoguerra, e soprattutto negli ultimi anni, hanno trascurato totalmente un principio di sostenibilità, ovvero quello che, per definizione, rappresenta l’attenzione a soddisfare i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare a loro volta i propri bisogni.

Ora abbiamo l’opportunità (e il dovere) di correggere gli errori del passato ricostruendo le nostre città in modo più sostenibile, prevenendo un ulteriore consumo di suolo, riducendo l’inquinamento atmosferico e idrico. E questo lo possiamo fare:

– Aumentando le infrastrutture verdi all’interno del territorio

– Riqualificando aree abbandonate

– Riabilitando quartieri degradati per migliorare il benessere dei residenti

– Trasformando appezzamenti inutilizzati in spazi verdi pubblici

– Estendendo spazi verdi già esistenti e rendendoli di alta qualità e facile fruizione

– Pianificando progetti di verde urbano su diversa scala

La speranza comune è che i responsabili delle decisioni nei governi locali e nazionali si rendano finalmente conto dell’enorme valore degli spazi verdi urbani per tutti noi, così da garantire una equità sociale anche a livello ecologico, cosa che, purtroppo, appare da sempre come un problema tutto da risolvere nelle nostre città.

Per questo dobbiamo adeguare anche il linguaggio, il modo di esprimerci, perché le parole sono importanti; non c’è più spazio per i “dovremmo”, il “provare”, lo “sperare”. Occorrono documenti strategici di azione chiare, concrete, con risorse finanziare alle spalle. Per investire in città sostenibili e nel verde pubblico, quell’investimento che, dati alla mano, si rivela come il più remunerativo in assoluto.

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1 COMMENT

  1. Mai come in questo momento ci sono le possibilità effettive per migliorare, correggere gli errori per progettare e fare. Professore, leggendo il suo articolo, penso all’energia che è custodita dentro il seme che si prepara a germogliare: fuori tutto appare sempre uguale, è l’inverno, ma dentro al seme c’è un mondo nuovo che sta nascendo. È la natura. Grazie ?

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