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Infinite epifanie

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Se leggi il libro di John Berger “Capire una fotografia” (Edizioni CONTRASTO, 2016 pp.264) alla fine avrai l’ennesima “epifania”.

Per James Joyce “un’epifania è un momento speciale in cui un qualsiasi oggetto della vita comune, una persona, un episodio diventano rivelatori del vero significato della vita a chi ne percepisce il valore simbolico.”

Nel nostro caso, non basta. Al di là, infatti, di tutte le considerazioni sottostanti – pur prendendo spunto dalle immagini di autori più o meno famosi – Berger nel suo scritto, senza mai perdersi, spazia in vasti campi ideologici e culturali.

Alla fine ti rendi conto che le produzioni fotografiche e le tante idee retrostanti corrispondono al flusso della massa di umanità e delle intuizioni che affollano il nostro universo.

Anche se relativamente giovane, la fotografia di fatto si è ormai imposta come forma di scrittura efficiente, sintetica, profonda e assolutamente completa.

Costituisce oggi un metodo comunicativo che descrive l’evidente e, sempre più spesso, sa raccontare anche le assenze, cui allude e che lascia intravedere.

Rimane, come per la parola, legata alla genuinità e al rispetto di chi riprende e di chi ripropone perché – come ci ha insegnato la storia – tagli volutamente artefatti, rettifiche artificiali o aggiunte posticce possono creare delle “fake” ad uso e consumo di regimi e pensieri contingenti.

La fotografia è comunque uno straordinario strumento che rimane legato sì, almeno nella fase creativa, all’istintività intrinseca e alla cultura dell’autore fotografo, ma che è anche rivolto a osservatori che leggono nell’oggi – o che leggeranno domani – quelle stesse immagini, con l’uso del proprio bagaglio individuale e del contesto socio-politico vigente; ovvero nel tempo della loro osservazione e nei rispettivi contesti di dimora.

Con ciò in verità non diciamo nulla di nuovo. Da quando, infatti, è stata introdotta la scrittura (dai graffiti delle grotte preistoriche ai molteplici linguaggi comunicativi di adesso), ci siamo mai chiesti quante parole siano state scritte, quanti volumi realizzati?

Le epifanie umane sono e resteranno infinite, poiché sono intrinseche all’uomo impegnato nella continua ricerca di sé stesso, intento sempre a nuove scoperte.

Giambattista Vico sosteneva la teoria dei corsi e ricorsi storici. Fosse realmente vera ci sarebbe da consolarsi nell’aver eventualmente vissuto nel tempo di un ciclo positivo. Diversamente, se così non fosse o la pensassimo diversamente, potremmo essere oggetto di aspra critica e venire anche bollati con il marchio della “eresia”.

Le epifanie di questo 2020 ci hanno purtroppo e d’improvviso aperto su nuovi corsi e ricorsi meno favorevoli, che saranno da raccontare per lungo tempo. Che dico? Saranno tutti da fotografare!

Buona luce a tutti!

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