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PSD2 e Open Banking, novità da scoprire in fretta

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I consumatori di servizi di pagamento, vale a dire tutti i cittadini e tutte le imprese europee, sono chiamati a familiarizzare in via rapida e definitiva con due importanti novità, delle quali si sente sempre più di frequente parlare: la Seconda Direttiva Europea sui servizi di pagamento (PSD2) e l’Open Banking.

Il percorso è ancora lungo, ma occorre che i consumatori ne sappiano di più, perché sono innovazioni costruite con la finalità di avvantaggiarli. Qui ne diamo brevi riferimenti, anche per quanto riguarda la storia del nostro Paese sui ritardi da colmare nei servizi digitali.

La PSD è la madre, la PSD2 la figlia

La Seconda direttiva europea dei servizi di pagamento, detta PSD2, rientra nelle politiche di regolamentazione bancaria che mirano ad accrescere concorrenza, innovazione e sicurezza sul mercato di questi servizi.

Approvata dal Parlamento europeo nel 2015 ed entrata in vigore nel 2018, la Psd2 punta a colpire il monopolio delle banche su questi mercati, sostituendo la precedente disposizione, che ha il merito di aver creato un mercato unico dei pagamenti europei, denominato SEPA (Single Euro Payments Area).

Con essa, chiamata PSD, che potremmo definire la madre delle successive direttive, sono state standardizzate operazioni ora comuni a tutti i paesi dell’Unione. Oggi le operazioni di pagamento sulle quali c’è assoluta unità di identificazione sono cinque: bonifici, addebiti diretti, carte di pagamento (di credito e di debito), assegni bancari (già standardizzati dalla Convenzione di Ginevra del 1931) e contante (con le banconote in Euro emesse dal 2002).

Con le statistiche riferite a questi strumenti sono misurati i caratteri di ciascun sistema nazionale e i progressi verso la moneta digitale, considerata la forma più efficiente e sicura di pagamento. Il contante peraltro resta perfettamente legittimo, anche se di esso vanno considerati costi economici e sociali, per stabilire i rapporti di convenienza e legalità con modalità di pagamento tracciabili.

Con la stessa direttiva stati previsti nuovi intermediari come gli istituti di pagamento e di moneta elettronica, mentre con la Payment Accounts Directive del 2015 (PAD) è stata dettagliata la fattispecie del conto di pagamento e dei conti di base, da offrire a prezzi di favore ai cittadini meno abbienti, per favorirne l’inclusione sociale.

Sui caratteri del conto di pagamento si rinvia all’articolo su questa piattaforma, facendo notare che trattasi di strumento tuttora sconosciuto al grande pubblico italiano, stante la pressoché totale assenza nei cataloghi dei prodotti offerti dalle banche.

La PSD2 in pillole 

La Psd2 obbliga banche e altri intermediari finanziari a dare accesso ai conti dei consumatori (sia privati che imprese) anche a fornitori di servizi di terza parte, sulla base di regole chiare che si applicano sia agli intermediari già operanti sia a nuovi fornitori di servizi.

I principali obiettivi della Psd2 sono

A) un mercato dei pagamenti europei più efficiente e integrato, offrendo ai consumatori una maggiore scelta e una maggiore trasparenza dei servizi offerti

B) una maggiore concorrenza tra banche e nuovi intermediari

C) pagamenti più sicuri

D) maggiore fiducia dei consumatori tramite regole robuste per proteggerne i dati

E) un miglior pricing dei servizi di pagamento.

Con questo quadro normativo, la Psd2 impone alle banche di rivedere in profondità i loro modelli di business. Impatti sono attesi anche sulle grandi reti che emettono e gestiscono carte di debito e di credito.

Intermediari tradizionali (banche, ip e imel) e nuovi (società del Fintech, piattaforme di commercio elettronico, utilities, società informatiche) stanno richiedendo alle autorità di settore dei propri paesi l’autorizzazione ad operare come fornitori di servizi di pagamento di terza parte.

Nuovi intermediari crescono 

Questi nuovi soggetti sono classificati come PISP, cioè fornitori di servizi di inizializzazione dei pagamenti e come AISP, cioè fornitori di servizi di informazione sui conti.

Alla condizione ineludibile di ottenere il preventivo ed esplicito consenso della clientela,

a) i PISP possono dare inizio ai pagamenti direttamente dai conti della clientela,

b) gli AISP possono accedere ai dati per offrire al cliente una vista aggregata su tutti i conti detenuti presso banche diverse, allo scopo di consentirgli una migliore gestione delle risorse, servendosi di un’unica applicazione (caricata ad esempio su smartphone).

Qui sotto una schematica rappresentazione della disintermediazione che produrranno PISP e AISP nei rapporti tradizionali tra banche e clienti. In particolare i Pisp potranno disintermediare la banca acquirer, ma anche i soggetti che operano nel processamento delle transazioni, nonché le reti delle carte di pagamento (in nero nello schema).

L’Aisp si inserirà invece tra banca e cliente per raccogliere e processare tutte le informazioni inerenti alle transazioni effettuate con tutte le banche con le quali egli intrattiene un conto.

https://lh4.googleusercontent.com/XeUzsV8_Tt9Bx_Tfwn3Z_G6jU6rwIHL6h80TFxl4GcPb0_0DZMLDi_AXqgT2PaM4o8e5N-IE3j9aQmYNi6oj5vuwEmfte-40nbKpFtSi09jPZom-7p1W9MKNpO3ExGgbtzKVLdmi

Source: Open Banking

La Regolamentazione europea sulla protezione dei dati dei clienti (GDPR) affianca la spinta verso queste innovazioni tecnologico-finanziarie, imponendo che i clienti siano resi consapevoli in maniera concisa e trasparente delle modalità di utilizzo dei loro dati e di chi, per quanto espressamente autorizzato, vi attingerà.

Nel mercato dei pagamenti italiano si possono individuare alcuni fenomeni più recenti.

Il primo e’ l’ingresso di istituti di moneta elettronica promossi da soggetti di grande dimensione, a differenza del periodo in cui è stata in vigore la prima direttiva comunitaria, durante il quale gli istituti di pagamento autorizzati erano di piccola dimensione, per lo più impegnati in lavorazioni di strumenti non innovativi, come i bollettini postali.

I ritardi accumulati nel decennio 2010-20 sul fronte di un’offerta maggiormente innovativa e differenziata ha tenuto il paese tra le retroguardie europee. Negli ultimi tempi hanno creato strutture specializzate sia banche che non banche, aprendo nuove prospettive di sviluppo ai pagamenti digitali.

Altro elemento di novità è dato dai primi AISP e PISP promossi sia da banche che da altri operatori (di solito sviluppatori o fornitori di servizi informatici), che possono introdurre innovazioni tecnologiche importanti e nuovi modelli di business ricadenti sotto la categoria del FinTech.

Nascono infine nuove infrastrutture come il Fintech District e poli di aggregazione per start up, volti a favorire la ricerca diffusa e nuove applicazioni.

Qui un documento della Banca d’Italia per la classificazione dei pagamenti digitali sulle piattaforme di commercio elettronico, utile per migliorare le conoscenze di queste fattispecie.

Che cos’è l’Open Banking

L’Open banking è il termine che identifica i servizi finanziari come parte della tecnologia finanziaria (Fintech) che si riferisce all’uso di applicazioni aperte dette API (Appication Programming Interface), che terze parti possono sviluppare per costruire nuovi servizi attorno a una istituzione finanziaria.

L’Open Banking ha origine nel momento in cui l’Autorità della Concorrenza e del mercato inglese (CMA) inizia ad approfondire il tema dell’offerta dei servizi bancari al dettaglio alle famiglie e alle piccole e medie imprese, concludendo con l’esigenza di migliorare il grado di competizione su questi mercati. Dal 2016 in poi sono state introdotti molti cambiamenti, fino a quando nel 2018 è entrato in vigore l’Open Banking come fattore di regolamentazione del mercato inglese.

La CMA ha stabilito l’obbligo per le nove maggiori banche inglesi, conosciute come le CMA9 (HSBC, Barclays, RBS, Santander, Bank of Ireland, Allied Irish Bank, Danske Bank, Lloyds, and Nationwide) di applicare le raccomandazioni sviluppate dall’Open Banking Working Group, nominato dal Governo. Oggi la CMA gestisce, tra l’altro, l’ambiente informatico di test delle nuove applicazioni, con accesso libero e gratuito a tutti, per la sperimentazione/simulazione (sandbox) di rapporti tra intermediari finanziari e società del FinTech.

Basandosi sull’Open Banking Directory inglese e sulle Direttive europee della PSD2 e della GDRP, altre giurisdizioni nazionali stanno adottando le loro versioni di Open Banking nella forma di regolamentazione o come linee guida per il mercato.

Si ritiene che l’impatto dell’Open Banking sui modelli di business dell’industria dei pagamenti e finanziaria in generale possa essere simile a quello avuto da Apple con il suo Apple Store nel 2008. Esso ha dato ai consumatori la possibilità di scegliere le applicazioni che desiderano, rendendole disponibili sugli smartphone. Ognuno ha un profilo differenziato dagli altri, a seconda delle proprie preferenze.

Cambiamenti nei comportamenti dei consumatori, mutamenti normativi, ricerca competitiva di nuovi modelli di business e la minaccia di piattaforme come Google, Amazon, Facebook e Apple stanno spingendo le banche a percorrere il sentiero obbligato dell’Open Banking.

Esso rappresenta un cambiamento paradigmatico delle modalità con le quali i servizi finanziari sono distribuiti lungo la catena del valore, e l’uso di API  costituisce l’ossatura tecnologica portante, dando a società del FinTech, banche e altri intermediari di realizzare nuovi servizi mediante applicazioni per la gestione finanziaria personalizzata. Il valore riconosciuto a questa tendenza è quella che il consumatore di servizi finanziari possa agire in maniera più informata nell’assumere le decisioni di utilizzo/investimento riguardanti le proprie risorse finanziarie.

Con l’Open Banking i dati riferiti ai conti e alle transazioni appartengono non più alla banca o all’intermediario finanziario ma al detentore dei conti e cosa ancora più importante saranno le scelte dei consumatori a modellare l’offerta di servizi finanziari e le modalità di condivisione dei dati.

Quali i vantaggi per l’industria finanziaria e per i consumatori 

I risultati attesi sono di solito riassunti nei seguenti:

  • Impulso alla innovazione tecnologica e a nuovi modelli di business affinchè nuovi soggetti specializzati del Fintech possano competere con le banche sul piede di parità
  • riduzione dei costi di transazione, bypassando gli operatori globali delle carte di pagamento o favorendo, grazie a una più ampia accesso e condivisione di dati, la riduzione di altri servizi come il costo del credito
  • spinta alla inclusione finanziaria in specie in parti sociali più deboli e sottoservite con prodotti di base a più basso costo
  • garanzia agli utenti di una maggiore sicurezza nel trattamento dei dati, per assicurarne condivisione e utilizzo su basi consapevoli e ragionate
  • crescita dell’esperienza dei consumatori finali, attraverso la possibilità di comparare prodotti e servizi sul mercato, per scelte basate su qualità, prezzi, velocità e trasparenza delle condizioni, nonché la formulazione di nuove esigenze.

In sintesi, siccome l’Open Banking è un modo per facilitare la condivisione di dati e informazioni e non è un’applicazione o un prodotto in sè, occorrerà del tempo affinché nelle famiglie e nelle imprese si formino conoscenze e competenze adeguate.

Nel contempo esso agirà sulle banche, spingendole a reagire con nuovi servizi, sviluppando maggiori conoscenze sulle preferenze e sui comportamenti finanziari dei consumatori. La banca dovrà proporsi sempre più come piattaforma di servizi e non come negozio di prodotti, ampliando l’offerta ad attività finanziarie inclusive, come il micro credito, e approfondendo la conoscenza dei flussi finanziari tra imprese.

Vi potranno essere anche elementi negativi da questi sviluppi che riguarderanno oltre alle banche, anche le società Fintech e i consumatori.

Per le banche, vi sarà maggiore velocità di spostamento della clientela, perdita di ricavi, disintermediazione delle relazioni di clientela, alti costi di change management per adeguarsi al più vivace contesto di cambiamento della domanda da parte dei consumatori e dell’offerta da parte dei concorrenti.

Per gli operatori del Fintech, potranno essere di freno i costi di regulation legati alle norme sul trattamento e sulla condivisione dei dati, se non vi sarà un attento ricorso ai criteri di proporzionalità delle norme.

Per i clienti le preoccupazioni saranno connesse alla tutela dei propri dati personali, da comparare con i benefici in termini di innovazione, di accesso a dati più ricchi di informazione, necessari per le loro scelte.

Il destino delle banche tradizionali

Con Open Banking, le banche possono perdere il controllo sulle interazioni con i loro clienti, via via che le non banche abbracciano l‘economia delle API.

Si prospetta loro un periodo di complesse scelte strategiche. Queste riguarderanno anche le relazioni con società Fintech e altri fornitori di servizi di terza parte, da sviluppare anche mediante relazioni di partnership, per mettere a sistema nuovi servizi sia nell’aggregazione dei conti sia per sviluppare servizi in concorrenza con le reti mondiali delle carte di pagamento e con le piattaforme di commercio elettronico.

Il processo di “Uberization del Banking,” cioè di trasformazione dell’attività bancaria in piattaforme di servizio produrrà funzionalità nuove nella forma di API.

Lo sviluppo di nuove interazioni tra offerta e domanda è destinato a produrre forti cambiamenti, in specie nei sistemi come quello italiano, nel quale si sono confrontati finora due modelli prevalenti di business: quello della banca universale o di sistema e quello della banca del territorio o di prossimità.

Entrambi sono oggi di fronte a mutamenti di scenario che possono nella loro fase finale produrre nuovi ecosistemi di rete, a geometria dinamica e variabile quanto a servizi e gamma di clientela. Alla sostanziale staticità dei rapporti di clientela cui le banche sono state finora abituate, con scarse modifiche nel grado di concorrenza del sistema, si sostituiranno attitudini al cambiamento stimolati dalle possibilità offerte dalla tecnologia delle API.

Le politiche di investimento delle banche subiranno nel medio termine mutamenti d’ordine infrastrutturale, di riformulazione dei rapporti con i competitors e con i nuovi soggetti del Fintech e ovviamente con la clientela.  Il loro potere di mercato si rimodulerà in base alla capacità di porsi come facilitatore di servizi tra nuovi produttori, nuovi distributori e nuovi clienti.

Le barriere da superare

L’adozione dell’Open Banking richiederà in ogni caso di superare non poche barriere, quali:

  • Consapevolezza della clientela (individui e imprese) da supportare con iniziative di educazione finanziaria affinché possa familiarizzare con questo nuovo schema, imparando a misurarne i benefici.
  • Visione strategica dei costi di trasformazione, per valutare i ritorni degli investimenti necessari
  • Superamento dei vincoli rappresentati da sistemi di legacy, resisi sempre più complessi e disarticolati nel corso del tempo, che possono rendere la interoperabilità con le API dell’Open Banking difficile da gestire
  • Rischi legati alla condivisione dei dati e al rispetto della privacy possono costituire una remora, come pure quelli di frode possono essere un deterrente al rapido passaggio all’Open Banking
  • Competizione sui dati dei clienti con la ricerca di equilibrio tra quanto mettere in condivisione senza perdere il controllo dei dati o dar luogo a fenomeni di cannibalizzazione
  • Rischio di perdita di quote di mercato e di riduzione dei margini di guadagno.

Qui esponiamo uno schema dei fattori di successo dell’Open Banking tratto da una recente pubblicazione sulla piattaforma editoriale Medici Research.

https://lh5.googleusercontent.com/dmwkncls3y606K-eEDaDMN5w7RU7KsGqUxj2BBeIhyB8ZrXE33ZzdBVndU6C_Bd2cjk8oNuC1SHutzifsuvUCTmdkM1k7KzpT6dP6z_G4CPXxrQfoMTognbYa-Z6rnnikXOrnVf0

Nuovi ruoli per le Autorità di settore 

Siamo ancora in una fase iniziale dell’Open Banking, cosa che impedisce di valutarne il potenziali effetti, per quanto sia facile intuirne l’impatto disruptive nei confronti di schemi tradizionali. Elemento di vitale importanza è catturare la fiducia del consumatore.

La Regolamentazione può rappresentare un fattore catalizzante creando l’ambiente per l’innovazione e gli strumenti più adatti alla sua tutela. Ove correttamente attirato verso queste nuove forme di fruizione dei servizi finanziari, egli ne determinerà il successo, dando impulso alla economia dei grandi ecosistemi e della digitalizzazione.

Anche al nostro paese si presenta questa opportunità. Dobbiamo capire al più presto se il grado di arretratezza della nostra condizione potrà costituire un elemento paradossalmente di vantaggio, per farci superare d’un balzo i ritardi, dato che alla velocità che sperimentiamo nella crescita dei pagamenti digitali non riusciremmo a chiudere il gap con gli altri paesi se non in alcuni decenni.

I limiti che abbiamo sperimentato nel nostro bancocentrismo (crisi bancarie, limitata offerta di prodotti, modalità di governance spesso in conflitto di interessi, arretratezza tecnologica, restrizioni nell’offerta di credito alle imprese, alti prezzi delle commissioni bancarie) richiedono una maggiore determinazione nell’adesione al quadro regolamentare che si va formando a livello europeo.

Resistere allo spostamento verso la nuova frontiera non solo porterebbe a riaffermare un potere monopolistico delle banche sui servizi finanziari, ma anche a consolidare ulteriori ritardi rispetto ai nostri bisogni di ammodernamento e sviluppo.

Siamo convinti che sia mancata finora una visione d’insieme che gli ultimi approcci governativi sul tema dei pagamenti digitali si propongono recuperare, anche accogliendo le azioni di indirizzo che la Commissione Europea sta avviando verso i singoli paesi.

Una strategia complessiva basata su una serie di strumenti di intervento in stretta interazione tra di loro può creare un contesto maggiormente proattivo per far crescere l’attitudine verso i pagamenti digitali e più in generale verso il soddisfacimento delle esigenze finanziarie con più ampie possibilità di scelta per il consumatore.

Auspichiamo che anche le nostre Autorità di settore siano più incisive nello spronare il sistema finanziario italiano verso questi nuovi traguardi, anche applicando criteri di effettiva proporzionalità delle norme rivolte ai nuovi soggetti, affinché possano competere ad armi pari con le banche.

Resta il monopolio bancario nella fase del regolamento delle transazioni, cosa che impedisce agli altri operatori (Istituti di pagamento e di moneta elettronica di matrice non bancaria) di entrare con parità di condizioni nella gestione end-to-end dell’intero processo.

Quanto alla innovazione tecnologica, la novità più recente è rappresentata dalla decisione della Banca d’Italia di seguire con maggiore sistematicità le evoluzioni in materia di Fintech, ponendosi come osservatore diretto di infrastrutture come il Fintech District.

In Italia, diversamente da quanto avvenuto in Inghilterra per effetto dell’intervento delle Autorità, si è avuto l’avvio su base consortile dell’iniziativa CBI Globe che ha consentito di attirare molte banche per sviluppare i servizi obbligatori dispositivi e informativi, introdotti dalla PSD2, con l’obiettivo di integrare a mezzo di API anche quelli di altre industrie e della pubblica amministrazione.

Dobbiamo fare delle innovazioni qui brevemente raccontate una cultura finanziaria in grado di diffondersi presto tra i cittadini. Esse rappresentano l’asse portante per il superamento dei nostri ritardi e per rendere più integrata e consapevole la partecipazione di tutti noi a servizi finanziari moderni, fruibili e trasparenti, alla condizione imprescindibile che il consumatore finale possa beneficiare di prezzi delle transazioni sempre più ridotti.

 

 

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