Capita di vedere documentari su persone o eventi poco conosciuti. Spesso questi video trattano di personaggi che, per combinazioni o stranezze varie, la cronaca ha scoperto e rivelato sotto una luce del tutto nuova solo a distanza di tempo.
Talvolta succede pure che gli aneddoti che li riguardano rivelino aspetti che inducono a rivedere molte questioni generali che fino a ieri davamo per scontate.
Nel campo della fotografia, le vicende che hanno accompagnato la vita di Vivian Maier e Gilbert Garcin aprono, infatti, interessantissimi squarci su molteplici argomenti che attengono non solo al mondo della fotografia, ma al campo artistico in generale.
Una bambinaia avvolta in una moltitudine di stranezze, nel caso della Maier, si rivela infine come un’acuta osservatrice che, con la sua macchina reflex a pozzetto, è riuscita a realizzare reportage di vita quotidiana che hanno colto l’anima delle persone ritratte.
La casualità della scoperta dell’enorme sua produzione, dovuta alla felice intuizione di un ragazzo che rimase folgorato da alcuni fotogrammi acquistati per caso in un’asta pubblica, pone dubbi sulle classificazioni dell’arte quale frutto esclusivo di scuole di formazione e mostra come la casualità sia spesso protagonista nel destino e nella fama degli uomini.
Anche il fenomeno Gilbert Garcin fa in qualche modo traballare quelle certezze che tendono a disciplinare tutto, creando correnti di pensiero e tecniche di ripresa convenzionali che nulla hanno a che vedere con la manualità creativa e fantasiosa di un “artista-artigiano” che è riuscito a cristallizzare con la fotografia concetti universali, accessibili a tutti.
La rivelazione dei trucchi del mestiere messi in campo, che disvela ogni fantasia sottostante alle sue foto e ridimensiona la questione della complessità dei set di ripresa, pone l’accento sulle idee di base che sottostanno a ogni analisi concettuale. Che la fotografia, cioè, nasce nella nostra mente.
Casualmente ho avuto modo di vedere i due interessanti documentari che mettono in risalto, riassumendole, le vite artistiche e il percorso umano dei due personaggi.
In entrambi i casi si scopre di avere di fronte due soggetti che – nella maggior parte del loro vissuto – hanno percorso delle strade abbastanza normali, tenendo nascoste potenzialità comunicative ed espressive per nulla ordinarie.
Maier viene fuori come figura enigmatica e complessa che ha lasciato una montagna di materiale che solo la casualità ha permesso di scoprire post mortem.
Garcin, che per alcuni aspetti – tra i quali forse l’enigmatico approccio comunicativo – ricorda un mix fra Jaques Tati e Alfred Hitchcock, ci rivela che per realizzare arte ogni tempo della vita è buono. La sua affermazione avvenuta in età matura dimostra come nell’arte creativa qualunque periodo esistenziale è adatto per potersi esprimere.
Il suo modo di operare e presentare le opere, per taluni aspetti si accosta anche alla più recente Street art, quella che sfrutta la cartellonistica, i poster e quant’altro di già realizzato, riciclabile e riciclato, per creare infinite nuove forme espressive.
Il tutto fissato, infine, in uno scatto fotografico che unisce scene e figure per concretizzare visivamente idee e concetti anche complessi, espressi in chiave ironica, ma quanto mai diretti e comprensibili.
Entrambi i fotografi, con le peculiarità di ciascuno, hanno saputo realizzare produzioni che affascinano e inquietano al tempo stesso.
La bizzarria della storia, insomma, regala anche questo.
Il film documentario su Vivian Maier è stato reso pubblico con un’iniziativa temporanea, accessibile in rete attraverso la Fondazione Pistoia Musei: “Alla ricerca di Vivian Maier” di John Maloof e Chiarlie Siskel: https://www.facebook.com/FondazionePistoiaMusei/photos/a.320761105294882/558990564805267/?type=3&theater
Sarà invece in linea fino al 27 gennaio 2021 sul sito di Arte.tv “Gilbert Garcin – Tutto può succedere” realizzato nel 2015 con la regia di Ralf Kämpfe, visionabile attraverso il link: https://www.arte.tv/it/videos/097378-000-A/gilbert-garcin-tutto-puo-succedere/
I due documentari dicono molto più delle parole che potremmo intrecciare sui due artisti.
Buona luce a tutti!
P.S. Le immagini utilizzate a corredo dell’articolo sono tratte dal web; ulteriori foto sono accessibili digitando il nome dei due autori.
Bellissimo. Grazie Salvatore. Belle immagini e belle parole. Dette con stile, tra l’altro. Resta solo da augurarsi che sia vero anche per noi, come per Garcin, che “ogni tempo della vita è buono” per potersi esprimere artisticamente e condividere un messaggio con e per l’umanità.
C’è un tempo per ogni cosa, e possiamo occuparci di quel che desideriamo. Non invecchiamo più perchè siamo pieni di desideri. Bellissime le foto, vere opere d’arte.
Di recente ho avuto modo di apprezzare delle letture di portfolio fotografici fatte da Monica Mazzolini in eventi FIAF. Riporto di seguito un suo commento di risposta a un un suo stesso articolo afferente alla Maier e che, a mio giudizio, merita di essere letto dagli appassionati di fotografia e non solo con attenzione:
“Quello di Vivian Maier è un “diario” e come tale, è pensiero comune che, la sua caratteristica principale sia la segretezza. Ma mi chiedo se è davvero così nel caso specifico. Forse chi non vuole lasciare traccia di sé non lascia alcuna traccia dei suoi pensieri o delle sue fotografie ma dobbiamo anche considerare il come lei si sia relazionata con questo suo modo di fotografare in maniera compulsiva e ossessiva. Tante fotografie. Alcune (davvero poche) stampate e moltissime nascoste anche a sé stessa. Rullini non sviluppati, come se le bastasse vedere con gli occhi e ricordare con la mente. Fissare su pellicola, quasi fossero più importanti la vista ed il gesto che non il risultato ottenuto e la conseguente prova tangibile dell’evento da rivedere a posteriori come si riguardano gli album di fotografie… Quello di Vivian Maier è un atteggiamento che ha, con le differenze del caso, dei rimandi con il modo odierno di fotografare. Una modernità fatta di bulimia dell’immagine in cui siamo propensi a scattare molto, conservare su supporti hardware, spesso non riguardare le fotografie fatte, se non per il momento effimero della condivisione con il mondo virtuale.”
Per una lettura più completa, l’articolo di riferimento (a firma di Ivana Margarese e Monica Mazzolini) è raggiungibile attraverso il link https://www.vocidallisola.it/2020/05/01/vivian-maier-la-fotografa-della-soglia/?fbclid=IwAR3iZaMj5xYSn0RxwF9ab1XVx_2q32upzUVUoUiO6dzLJBtgmt-3xZke3Y8
Caro Salvatore, innanzitutto complimenti per il tuo articolo e grazie per la segnalazione relativa ai due documentari, strumenti importanti per conosce meglio ed approfondire la vita e le fotografie di questi due Autori. Grazie anche per il tuo commento a questo tuo articolo che riporta alcune delle mie parole ed un testo scritto in collaborazione con Ivana Margarese per la rivista “Morel, voci dall’isola”. Speriamo di avere modo di confrontarci personalmente su questi argomenti. La prossima volta che assisti a delle letture portfolio “batti un colpo” e ti saluterò con piacere. A presto e “buona luce” a te!