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Comprare il tempo
L’opinione diffusa è che durante il ciclone pandemico abbiamo vissuto, mestamente costretti nelle nostre abitazioni, una sospensione del tempo, che ha abdicato alle sue dimensioni, facendoci vivere un non-presente, incapaci di immaginare un futuro nella nuova inaspettata e quasi onirica realtà, e senza speranza di poter rivivere allo stesso modo le esperienze di vita del passato.
Ma nel momento in cui la tempesta epidemica non ancora del tutto esaurita, sembra perdere progressivamente la sua forza distruttrice, si può tornare a ragionare sull’importanza del tempo che non a caso Platone definiva “l’immagine mobile dell’eternità”.
Infatti, non possiamo far passare “altro tempo” per cercare soluzioni idonee a fronteggiare il peso economico che la situazione di emergenza sanitaria di oggi ci lascia in eredità per domani (peraltro non troppo lontano).
In particolare, non possiamo dimenticare il pesante fardello di debito pubblico che già gravava sul BelPaese e potrebbe a breve diventare insostenibile (si stima che il rapporto debito/Pil passi dal 130% al 160%).
Per questo motivo ben vengano le proposte volte a ridurre l’onere del terzo debito pubblico del mondo.
Una delle soluzioni suggerite ipotizza la sostituzione dei titoli di Stato acquistati, a seguito della situazione di emergenza, dalla Banca Centrale Europea, con titoli perpetui o a lunghissimo termine e a basso tasso di interesse.
In effetti questa proposta è finalizzata, in estrema sintesi, a far “acquistare tempo” (molto lungo) che dovrebbe dare respiro allo Stato nella gestione del suo debito, congelando di fatto la posizione debitoria derivante dalla situazione di emergenza e riducendo le probabilità del verificarsi di situazioni di tensione e di forte innalzamento degli spread.
Un’obbligazione di 200 anni fa
D’altro canto non sarebbe certo una soluzione sconosciuta, il rinvio degli obblighi di restituzione del debito sovrano sono eventi che si ripetono con regolarità.
Si pensi che l’Inghilterra ha pagato nel 2015 un’obbligazione emessa nel corso della crisi della Compagnia dei mari del Sud del 1720 (riportato da Y. Varoufakis, Adulti nella stanza, La nave di Teseo Editore). Naturalmente, il tempo così acquistato dovrà essere ben utilizzato e gestito, scusate il bisticcio di parole, nei tempi giusti; insomma, il tempo non si deve perdere fino a sparire in una perpetua inerzia (“un’eternità immobile” potremmo definirla capovolgendo la definizione Platonica) che impedisce da sempre di affrontare i nodi strutturali dell’elefantiaco debito pubblico, il cui abbraccio rischia di diventare improvvisamente e ineluttabilmente mortale per il Paese.
E allora al verificarsi di queste non auspicabili circostanze, a proposito di tempo eterno e immobile, non ci resterà che rammentare con J. Prevert (Il Giardino) che “mille anni e poi mille/ Non basterebbero/ Per dire/ il piccolo secondo di eternità/ in cui mi hai abbracciato…”
tutto giusto.
aggiungerei due punti.
il debito pubblico creato oggi viene lasciato in eredità alle future generazioni. diventa quindi centrale COME viene utilizzato il debito, cosa finanzia lo stato con i fondi ricevuti dal sistema.
il secondo, è che il problema del debito pubblico, di fatto, non esisterebbe se il PIL crescesse a ritmi decenti. purtroppo, già nei due anni precedenti la pandemia, il PIL nazionale faceva registrare, in base ai dati ufficiali ISTAT, una crescita tra lo 0,1% e lo 0,2% (ma si tratta di dati del governo…)
le previsioni (sempre del governo) sul PIL post covid sono di un -10% circa per il 2020.
un intervento pubblico a sostegno dell’economia del paese, sia con opere pubbliche sia mediante partecipazioni e acquisizioni, sarebbe auspicabile, in questa fase.
anche in questo caso, sono fondamentali le scelte di investimento che i nostri governanti faranno in questi mesi.
i politici saranno in grado di perseguire il bene del paese, superando i clientelismi, la corruttela, l’incompetenza, la mancanza di visione, la polemica e gli equilibrismi da manuale Cencelli dei partiti?
ai posteri l’ardua sentenza.
, quanti anni ci mettiamo ?