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Breve storia delle foreste 4/4

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Da Dahumel Du Monceau

Tempo di lettura: 6’. Leggibilità **.

L’attività vivaistica forestale

Mancando le attività selvicolturali, conseguentemente la vivaistica forestale, salvo poche eccezioni, è in desolante declino, così tutte le iniziative tese al miglioramento genetico dei popolamenti forestali con la istituzione (1961) del primo Libro Nazionale dei Boschi da Seme; le Leggi regionali conseguenti a quella nazionale collegata a precise direttive comunitarie, appaiono scarsamente applicate. Se si decidesse di riprendere in maniera razionale le ricostituzioni boschive, i rimboschimenti, ecc. occorrerebbero da 2 a 4 anni (semenzali-trapianti) per rimettere in produzione i vivai forestali: anche i privati non sarebbero pronti ad offrire produzioni di piantine in tal senso.

I piani di gestione forestale

I costosi piani di assestamento forestale (piani di gestione delle foreste) talvolta non sono più applicati, con notevoli danni ai popolamenti, in particolare per le specie che richiedano trattamenti intercalari costanti come, ad esempio le faggete appenniniche, per cui viene compromessa la struttura e la perpetuazione del bosco, essendo in molti casi ecosistemi fragili la cui stabilità deve essere regolata dalla mano dell’uomo. È accettabile questa situazione? La montagna non ha più pazienza!

Infine, la fusione Arma carabinieri–Corpo forestale, organo preminentemente tecnico dello Stato non può non suscitare perplessità: alla montagna non serve “una grande polizia specializzata” ma investimenti, lavoro e difesa dell’ambiente.

Ridda di competenze senza una certa politica forestale

Con l’avvento delle Regioni molte competenze furono tolte al Corpo Forestale dello Stato inizialmente utilizzato dalle Province che, in seguito, acquisirono anche l’applicazione del vincolo protettivo idrogeologico indi passato ai comuni, poi vennero le comunità montane ed infine l’unione dei Comuni montani che spesso devono operare faticosamente con uffici sparsi nel territorio. Risultati disorganici e molta burocrazia.

Così l’acquisizione delle foreste demaniali pubbliche (ex Azienda di Stato Foreste Demaniali), vastissimi territori, riscatto di terreni montani logorati dal cattivo uso, da proteggere per la loro plurifunzionalità, non ha raggiunto quei fini dichiarati di miglioramento di un capitale fisico, economico e culturale. In giro si vedono poi interventi forestali che sollevano perplessità circa il rispetto delle normative della Legge forestale toscana e delle Leggi nazionali. Ignoranza selvicolturale, carenza di controlli od altri motivi?

I cosiddetti “carabinieri forestali” li ritroviamo a svolgere compiti di polizia stradale. Ciò ha suscitato ilarità negli ambienti forestali stranieri giudicando l’operazione una “assurdità” tutta italiana.

Foto di Adriano Gradi

Il Corpo forestale dello Stato avrebbe dovuto essere rimandato in montagna presidiandola e svolgendo i propri compiti istituzionali in simbiosi con le Regioni. Il Corpo forestale ha due Scuole, Città ducale, Sabaudia e varie Facoltà di agraria hanno Corsi di laurea in Scienze forestali e ambientali e una secolare tradizione.

Einaudi, Fanfani ed altri istituirono altresì l’Accademia italiana di Scienze forestali a Firenze, notevole atto culturale ed ecologico, tuttora attiva e vegeta, nonché stretta collaboratrice del Corpo forestale dello Stato: cosa direbbero gli insigni personaggi di fronte alla “sublimazione” del C.F.S.?

Non a caso Fanfani con Luzzatti e l’economista fiorentino professor Serpieri, estensore della Legge sulla bonifica integrale (montagna-pianura-assegnazione delle terre ai contadini) che impegnava oltre 40 mila operai, è stato un grande legislatore della montagna: andava a piedi nei cantieri forestali per accertarsi se e come veniva applicata la sua Legge sulla montagna parlando prima con gli operai e poi con i tecnici.

Consorzi di bonifica no – consorzi di bonifica si

I consorzi di bonifica montana, oltre gli altri enti, politicamente si dichiaravano enti inutili, con scarsa efficienza, discutibile azione impositiva su proprietari di immobili, alte spese di gestione. Ma con una mozione dell’ottobre 2014 si dimentica tutto quello in precedenza politicamente annunciato e si rivalorizzano le strutture private dei consorzi con notevole capacità impositiva sui proprietari di terreni e case anche in città che nulla hanno a vedere con la bonifica in pieno contrasto con il R. D. 13 Febbraio, n. 215 e con varie sentenze della Cassazione le quali indicano chiaramente che deve pagare la tassa di bonifica solo chi riceve un BENEFICIO DIRETTO dai lavori di bonifica. Le sentenze della Cassazione spiegano chiaramente cosa si intenda per beneficio diretto. (vedi Cassazione 05/07/1993 n. 7322 – 08/07/1993 n. 7511 – 14/08/1996 n. 8957 – 14/08/1996 n. 8960: vedi Corte costituzionale 05/02/1992 n. 66)

Una vera tassa sul patrimonio mascherata come tassa di bonifica a danno soprattutto delle famiglie meno abbienti. Almeno fino ad ora giudichiamo disorganici i loro interventi che si limitano a lavori palliativi sugli effetti del disordine idrogeologico e non sulle cause che sono nei vari abbandonati bacini montani.

Non sembra inoltre costituzionalmente accettabile la mancanza di un’equa compensazione dei benefici tra i contribuenti delle aree montane e di alta collina e quelle di pianura poiché, a termine dei disposti costituzionali, tutti i cittadini hanno diritto in egual misura alla tutela e difesa dell’ambiente in una visione, non statica, ma dinamica di protezione integrata e complessiva dei valori naturali.

Come si vede siamo in presenza di una irrazionale dispersione di compiti ed interventi in mancanza di una vera, omogenea politica forestale ed ambientale.

Cambiamenti climatici e selvicoltura

Il clima è il principale fattore fisionomico e distributivo della vegetazione. Lunghi studi sulle formazioni geografiche danno come risultato che il clima ha presentato molte e varie modificazioni dallo scaturire della vita terrestre ai giorni d’ oggi.

All’inizio dellera quaternaria, in concomitanza con le glaciazioni, si sono verificate le più recenti variazioni climatiche distanziate tra loro da periodi interglaciali. Tutto ciò si ricollegherebbe ad un ispessimento del ghiaccio delle calotte polari con un aumento del peso continentale e con abbassamento dei continenti e conseguente disgelo.

Dopo l’ultima glaciazione si ebbero le seguenti fasi climatiche:

Fase di clima continentale (forti escursioni termiche e pluviometriche) da6000 a 4000 anni a.C.
Fase di clima marittimo (più mite e con minori escursioni) da 4000 a 3000 anni a.C.
Fase di clima forestale (con condizioni particolarmente favorevoli alla vita della foresta) da 3000 a 1000 anni a.C.
Fase di clima di brughiera (caldo e umido) in cui la brughiera sostituisce la foresta nell’ Europa settentrionale ed orientale. Da 1000 a 200 a.C.
Fase di clima arido (guerre puniche), crisi dell’agricoltura mediterranea da 200 a 100 anni a.C.
Fase di clima umido (periodo di ripresa agricola) da 100 anni a.C. a 200 anni d.C.
Fase di clima arido (periodo più lungo del precedente: nuova crisi dell’agricoltura mediterranea; invasione di popoli provenienti da regioni steppiche) da 200 a 1200 anni d.C.
Fase di clima umido dopo il 1200 e fino al 1600.

“In seguito, si ebbero oscillazioni meno accentuate, indizio, questo, di avvicinamento ad uno stato di equilibrio. Anche il clima attuale presenta oscillazioni periodiche con periodi che, alcuni autori, fanno di 11 anni, altri di 35 (ciclo di Brueckner), altri ancora di 90 anni.

Molto più probabilmente le oscillazioni climatiche vanno riferite alle variazioni dovute ai periodi di massima attività solare (massimo delle macchie) durante i quali si ha sulla Terra una maggiore umidità e temperature più basse causate dalle maggiori perturbazioni atmosferiche.

Alcune variazioni periodiche del clima, riferite ad aree più limitate, devono a volte attribuirsi ad azioni antropiche ad esempio l’estendersi od il ritirarsi di alcune zone desertiche.” (A. De Philippis, “Lezioni di ecologia forestale, Univ. Firenze, Facoltà di Agraria, 1950).

Passeggeri di una nave spaziale da noi non guidata

Com’è noto, attualmente sono in corso nel mondo discussioni, dispute tra statisti e gruppi di scienziati. Siamo in presenza, affermano molti, di una precisa correlazione tra le attività industriali e l’innalzamento della temperatura globale.

L’ emissione di prodotti gassosi provocherebbe un effetto serra per cui il riscaldamento del clima sarebbe la causa anche di estreme manifestazioni meteoriche (tornado, siccità, ecc.). L’ influenza dell’uomo non sarebbe minimale.

Un gruppo di scienziati, fuori dal coro, sostiene invece che il riscaldamento globale è solo una congettura ancora tutta da dimostrarsi. I modelli matematici e le operazioni matematiche complesse, date le moltissime variabili presenti, non possono fornire dati certi. Il clima della terra varia da quando esiste il pianeta con periodi naturali freddi e caldi. Nel 1850 si è conclusa la “piccola era glaciale” per cui saremmo in una fase di riscaldamento. Politiche di presunta mitigazione del clima indeboliscono senza dubbio il sistema economico per cui i fondi destinati alle varie iniziative sarebbe molto meglio destinarli per il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni povere della Terra.

Lo scrivente non ha una preparazione scientifica adeguata a ricerche, studi e discussioni di carattere cosmico. Può solo dire tuttavia che è nato nei boschi, ha vissuto nei boschi, ha svolto la professione nei boschi, per cui conosce sufficientemente la Natura.

Mio padre, del 1800, tecnico agricolo, ha sempre “tribolato” con la grande variabilità del tempo per l’organizzazione dei lavori e per i danneggiamenti meteorici alle varie colture. Un tempo si organizzavano le “rogazioni”, processioni religiose attraverso campi e boschi chiedendone la “protezione divina” da tempeste, peste, fuoco, grandine, gelo, ecc. Ma il tempo “andava per proprio conto” facendo valere la sua variabilità: non esistevano allora, peraltro, fonti di inquinamento o comunque attività inquinanti colpevoli di effetto serra.

Da L’Europeo di cinquant’anni fa

Le suddette processioni religiose non erano di origine cristiana ma etrusco-romana ed i sacerdoti dei campi erano i cosiddetti “fratres arvales”: è evidente che è difficile “smentire” la variabilità naturale del clima ed è altrettanto chiaro che i nostri antenati avevano anch’essi i loro problemi climatici!

Il professor Zichichi ha dichiarato, inoltre, che le previsioni oltre i 4 anni, per le molteplici variabili in campo, non sono attendibili. A tal riguardo riporto un grande articolo della rivista “L’Europeo” del 27 Ottobre 1970 con previsioni ecologiche catastrofiche. “Fra trenta anni – si scriveva – quando i nostri figli saranno grandi, la vita sul pianeta potrà essere diventata impossibile”. Sono trascorsi 50 anni e la vita sulla Terra non è “impossibile”, almeno per ora!

Concludo dicendo che, fermo restando l’imperativo categorico di concreta difesa dell’ambiente per la sopravvivenza della specie umana, siamo anche passeggeri di una nave spaziale da noi non guidata!

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