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Piani di ricovero, piani di ripartenza, MES, NO-MES, piani di recupero e piani fantastici per la nostra Italia, così malata sotto molti aspetti. Il rischio di un crollo economico e sociale verticale che, purtroppo, è amplificato da cure che sembrano non curare, viene paventato da più angoli di osservazione.
In questo articolo proviamo a ripartire dalla ricchezza più grande che abbiamo: i territori dove si possa vivere con servizi uguali alle città.
Ripartiamo da qui anche perché essi sono stati abbandonati negli ultimi decenni a favore di una urbanizzazione spinta che oggi è da ripensare radicalmente. Forse è una occasione storica per liberarci anche di un pò di mafie, del capolarato in agricoltura e di spingere chi vive alle spalle degli altri con le varie misure assistenziali ad avere finalmente un vero lavoro.
Il Coronavirus non ha spezzato l’Italia. Ha solo messo in luce ciò che era già spezzato! Come si può adesso aggiustare qualcosa?
Introduzione
Secondo i dati ISTAT, aggiornati al 2019, in Italia vi sono 7904 Comuni. Ben 5500 Comuni hanno meno di 5000 abitanti con una popolazione residente di quasi 10 milioni. Altri 18 milioni vivono in Comuni con popolazione tra i 5000 e i 20000 abitanti. Da questo sequel di numeri possiamo concludere che quasi la metà degli italiani vive in piccoli comuni: 28 milioni su 60.
Questi territori rappresentano, quindi, una parte ampia del Paese. Essi sono assai diversificati al proprio interno, taluni fanno parte di periferie metropolitane, altri sono dispersi e distanti dai grandi centri di agglomerazione e di servizio, con traiettorie di sviluppo deboli se non in continuo regresso.
Essi sono dotati, però, di risorse che mancano alle aree centrali, con problemi demografici ma anche fortemente policentrici e con forte potenziale di attrazione. Sotto il profilo economico, attorno ai piccoli centri si produce il grosso delle produzioni agro-alimentari, con un contributo rilevante alla biodiversità delle produzioni e al mantenimento del suolo.
Presentano propri connotati storico-culturali che rendono il territorio particolarmente adatto in quanto ricco di insediamenti (paesi, villaggi, borghi) che usufruiscono di un’offerta di servizi incompleta e in costante riduzione.
Ne sono esempi non esaustivi, le politiche delle proprie articolazioni territoriali delle amministrazioni locali, delle sedi di giustizia, delle banche, delle poste, degli ospedali, delle farmacie, delle scuole, dei servizi culturali come biblioteche, teatri, cinema, delle organizzazioni territoriali di categoria, tutti interessati da accorpamenti delle proprie strutture per obiettivi di razionalizzazione.
La riduzione dei servizi è tanto più penalizzante quanto più colpisce, oltre alla popolazione stabile, anche l’economia di quei territori con forte attrattiva turistica di provenienza estera, interessati a lunghi periodi di permanenza.
Anche l’agricoltura è di fronte alla sfida di un sostanziale rinnovamento e la tutela dell’ambiente è prima di tutto vicinanza alla natura.
Nell’ultimo ventennio si è assistito ad una progressiva riduzione dell’offerta di servizi, anche essenziali, come quelli della medicina di base, verso queste aree del Paese, contribuendo al loro spopolamento, alla loro consacrazione come aree dormitorio ovvero al rifugio di parti anziane della popolazione.
La scarsa rispondenza dei servizi fruibili sul territorio rappresenta un limite allo sviluppo, con ulteriore depauperamento delle aree a motivo del mancato sfruttamento di importanti opportunità.
Ora si potrebbe aggiungere l’esigenza di decongestionare le grandi aree urbane, nei cui confronti la pandemia ha posto il problema del distanziamento sociale, che difficilmente potrà essere del tutto rimosso, anche dopo la riconquista di più normali abitudini di vita.
Le politiche di incentivazione nazionali ed europee
Vi sono rilevanti risorse destinate alle aree territoriali minori, statali e di provenienza dai Programmi Operativi dei Fondi strutturali e di investimento europei e da altri fondi pubblici e privati. La Relazione annuale sulla Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) presentata al CIPE riguarda 34 Strategie già approvate.Secondo l’ultima relazione del 2019, alla SNAI sono dedicati circa 566 milioni di euro, di cui 126 milioni di risorse statali e quasi 440 milioni dai Programmi operativi dei fondi strutturali e di investimento europei e da altri fondi pubblici e privati.
Il 37,9% dei finanziamenti riguarda azioni per potenziare l’accesso ai servizi locali, mentre il 62,1% delle risorse riguarda interventi di sviluppo locale. In termini assoluti, gli ambiti di intervento che vedono impegnate più risorse sono natura, cultura, turismo, mobilità e salute.
L’obiettivo strategico è di evitare di Trattare le Aree interne come monadi e isolarle dal resto del Paese, cosa che ne accelererebbe la ulteriore decadenza. La scommessa strategica è quella di ‘ricucirle’ nel continuum territoriale, di valorizzare la loro ricchezza, di permettere loro di contribuire alla costruzione del loro futuro e di quello del Paese.
Una proposta SMART: creiamo supermercati di servizi
Vi è bisogno di creare infrastrutture mediane, magari multiserzivi che possano facilitare l’accesso alle necessità di tutti i giorni di chi vive decentrato dalle città più grandi.
L’offerta dovrebbe essere plurima e organizzata attorno a punti fisici, una sorta di supermercati, di bazar, di empori di servizi, con adeguate dotazioni d’ordine digitale, ma pur sempre con la presenza di personale per l’assistenza agli utenti, da collocare sul territorio.
La digitalizzazione rende agevole l’accesso a procedure di enti diversi, che potrebbe essere affidato con contratti di agenzia o a organizzazioni di natura profit e no profit.
Lo smart working cioè la risposta a distanza alle esigenze della popolazione va alimentata sistematicamente mediante una domanda di servizi a distanza organizzata, professionale ed efficace. Il fai da te del singolo può non essere la soluzione ottimale. Occorre che ci accetta di allontanarsi dai centri più congestionati (e inquinati) possa trovare già tutta la gamma di servizi necessari ai suoi bisogni di cittadino.
I servizi da fruire a mezzo di detta infrastruttura possono essere ricondotti a quelli di:
A) prenotazione di visite sanitarie presso le strutture pubbliche, pagamento dei relativi ticket, acquisto di prodotti farmaceutici, da consegnare a domicilio;
B) interlocuzione con la Pubblica amministrazione per tutte le pratiche gestibili da remoto, come il pagamento dei tributi anche locali (occupazione di suolo pubblico, multe, servizi di mensa scolastica etc.), l’inoltro di domande di autorizzazione, quesiti, etc.,
C) effettuazione di altre operazioni di pagamento on line, interfacciandosi con piattaforme come PagoPa, ma anche distribuzione di contante e, previ accordi con enti eroganti quali le Poste, il pagamento di pensioni;
D) prenotazione e pagamento di testi scolastici;
E) gestione prestito libri da biblioteche comunali e acquisto biglietti per spettacoli;
F) fruizione di lezioni universitarie on line o di corsi di aggiornamento professionale distribuiti da remoto, partecipazione a tele conferenze e altre modalità di comunicazione, da fruire anche collettivamente in luoghi di socialità;
G) servizi di viaggio e turistici e proiezione di film e spettacoli dalla rete;
H)servizi distribuiti dalle organizzazioni di categoria.
Altri servizi potrebbero essere sviluppati anche attraverso convenzioni con banche, assicurazioni, agenzie turistiche, centri culturali, per rendere ancora più ampio il soddisfacimento da remoto, ivi compresa l’organizzazione di incontri, confronti, mostre, feste, messa a punto di altre iniziative di interesse della popolazione residente.
La tecnologia digitale via web offre valide soluzioni al problema, ma richiede anche adeguati schemi di offerta, appropriate infrastrutture, azioni per promuovere l’assistenza per i meno abili nelle nuove tecnologie di rete, al fine di un completo sfruttamento dei benefici attesi.
In altri termini non sono ipotizzabili azioni che producano una sorta di big bang per il passaggio dall’analogico/materiale al digitale/immateriale per tutte le età della popolazione.
Sembra più opportuno procedere per gradi facendo avvicinare le persone (sia quelle ancora attive sia quelle già ritiratesi dal lavoro) ad un’offerta guidata di servizi fruibili da remoto.
Questa è la formula per il passaggio ad una nuova configurazione che potremmo definire Punto Servizi Smart, in quanto in grado di costruire un erogatore di servizi digitalizzati e integrati.
I punti della distribuzione SMART
Potrebbero essere costruiti identificabili punti di riferimento, con indicazione di insegne e marchi, per ospitare queste nuove infrastrutture di comunicazione e distribuzione di servizi pubblici e privati. Un luogo identitario rafforza la condivisione di questi bisogni. Debbono sostituire nella mentalità collettiva i luoghi della Posta o della Banca, la cui presenza sul territorio si è drasticamente ridotta.
A) La dislocazione di questi punti di erogazione di servizi può quindi avvenire presso luoghi di ritrovo pubblici, (quali negozi, farmacie, tabaccherie, piccoli supermercati, biblioteche), centri di assistenza per erogazione di servizi sanitari (misericordie, centri medici, distribuzione farmaci), circoli culturali o ricreativi, ovvero essere costruiti con collocazione autonoma sul territorio.
Si tratta di ottenere sinergie da commistione, perché l’utente possa ricevere il soddisfacimento di bisogni diversi in un unico punto multitasking, dedicato alla erogazione delle prestazioni. Il reperimento di idonei locali dedicati al Punto Servizi Smart non dovrebbe essere comunque difficile, stante i numerosi ambienti che nei paesi, nei villaggi e nei borghi sono ormai vuoti.
B) Le infrastrutture fisiche. L’offerta richiede postazioni specializzate, con attrezzature tecnologiche adeguate (computer, video, telecamere, stampanti, altri device in funzione dei servizi, collegamenti stabili alla rete Internet). Si tratta di apparati comuni, con funzionalità conosciute anche dai non addetti, di pronta acquisizione.
Ove necessario, si potrebbe pensare ad arredi per comodità minime dell’utente, esigenze di riservatezza (in caso di passaggio di informazioni e dati personali) e di sicurezza (in caso di trasferimento di valori). Potrebbe essere costruito un prototipo di postazione dedicata, replicabile e modulare.
C) La preparazione degli addetti andrebbe assicurata con appositi interventi formativi, affinché non abbiano a soffrire qualità e tempi dei servizi.La presenza di personale giovane dovrebbe mantenere alta la qualità dei servizi, da controllare attraverso appositi ritorni richiesti all’utenza.
D) Il software per l’erogazione dei servizi. È il punto nodale dell’intero nuovo impianto distributivo. Non vi sono molte esperienze in materia di servizi erogati in outsourcing e da remoto.L’offerta di servizi non è in sé, ma si coniuga con tutte le iniziative concrete di rivitalizzazione sociale dei territori,dove il commercio esercita una funzione fondamentale di aggregazione/stimolo e si contrappone alla spinta del fai-tutto-da-solo (acquisti da casa da piattaforme di e-commerce). Si tratta di agevolare la vita dei cittadini come consumatori e come produttori. Bisogna partire da un anello commerciale che sia il fulcro della catena cittadino-bisogni-mercati-amministrazioni locali. La infrastruttura commerciale deve essere un mix di componenti fisiche (negozi, mercati periodici) e virtuali ( come la adesione a piattaforme di commercio elettroniche).
E) Gli incentivi per chi presta i servizi.Un aspetto rilevante del progetto è la struttura degli incentivi a vantaggio di quelle entità (negozi, circoli, centri di servizi pubblici) che accettano di erogare i servizi per conto di enti con le modalità avanti elencate.
Ciò riguarda i compensi per la messa a disposizione di spazi fisici per l’istallazione delle attrezzature e per garantirne il funzionamento. Un’altra spesa la affrontare è la scrittura di processi amministrativi e operativi sottostanti ai servizi e la formazione degli addetti alle organizzazioni accollantesi l’erogazione dei servizi medesimi.
Conclusioni
Questa breve descrizione è destinata a fornire uno schema di massima dell’iniziativa volta ad assicurare servizi essenziali agli abitanti delle comunità più distanti dai centri maggiori.
I vantaggi diretti sono facilmente intuibili. Non sono però da trascurare quelli indiretti della progressiva diffusione di una cultura digitale che ci vede in posizione di arretratezza rispetto ad altri paesi. Ma ancora più importante è il recupero della pienezza di sentirsi allo stesso pari degli abitanti delle città.
La fruizione di una pluralità di servizi attraverso postazioni fisiche dedicate rappresenterebbe una modalità di inclusione di grande beneficio tanto sociale quanto economico, superando gli effetti delle minori possibilità dei cittadini che vivono e lavorano nei centri minori. Potrebbe rappresentare un beneficio, in grado di incentivare il ripopolamento dei centri minori, strappandoli al loro isolamento proprio perché privi di servizi essenziali.
Va da se’ che l’avvio di un progetto del genere si presterebbe alla realizzazione di un vero e proprio modello di Borgo-Smart, in grado di sfruttare a pieno i benefici della tecnologia. Si può infatti pensare a questa infrastruttura anche come un mezzo per la promozione di prodotti e servizi locali, che come abbiamo visto in premessa, trovano gran parte della loro origine attorno ai piccoli comuni.
Anche l’offerta di servizi di ricettività (alberghi, ristoranti, agriturismi, bed&breakfast) potrebbe essere veicolata attraverso portali del territorio, gestiti mediante queste strutture.
Attorno alle stazioni multi servizi assistite potrebbero essere anche organizzate forme di finanziamento di iniziative locali private (commercializzazione prodotti del territorio) o pubbliche (ad esempio per il recupero dei numerosi beni artistici dispersi nel territorio) tramite forme quale il crowdfunding.
Più in generale, si tratta di esercitare funzioni di catalizzatore per tutto il microcosmo di attività che arricchiscono la cultura locale e la voglia di restare in aggregazioni sociali più circoscritte, attraverso concrete e praticabili iniziative di integrazione.
L’abbandono del territorio è stata una componente degli ultimi decenni che ha contribuito ad accrescere certe nostre debolezze in materia di welfare.
Trovare in questa direzione iniziative come quella qui prospettata aiuterebbe non poco ad un più equo trattamento del cittadino, dando sostanziale riconoscimento ai diritti di uguaglianza, scritti nella Costituzione.
Articolo concreto, che prospetta soluzioni sicuramente praticabili per l’amministrazione e la gestione ottimale dei territori, a condizione che la classe politica e l’organizzazione operativa si convertissero e facessero propri il benessere primario di ogni convivenza organizzata. In qualche modo sarebbe anche un modo facile per riavvicinare alle istituzioni i cittadini. L’argomento focalizza alcuni aspetti solo accennati in un più vasto quadro di “citta ideale” immaginata, al quale rimando:
https://laquartadimensionescritti.blogspot.com/2018/10/fantasticando-osservando-il-quadro.html
Ottima riflessione. Riprendiamoci le belle domeniche ed i giorni festivi chiudendo i centri commerciali che spopolano le piazze di questi piccoli centri.
Una buona idea per visitare queste piccole comunita’ ricche di bellezze incontaminate. Giustamente, come dicevate, dotate di strutture. Magari qualcuno fara’ un pensierino per venire ad abitarci.