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I Topi è un autentico capolavoro di Antonio Albanese. Un sequel di vari episodi dalla durata di meno di mezz’ora: due serie per 12 episodi oggi disponibili su Raiplay. Sebastiano è un latitante che trascorre le sue giornate nascosto in una villetta del Nord Italia protetto da telecamere, allarmi, recinzioni e bunker. Per non finire in carcere e poter continuare i suoi traffici, l’uomo condanna se stesso e la sua famiglia ad una vita da reclusi nell’ombra, proprio come i topi delle fogne. Aldo Grasso sul Corriere ne ha parlato come di un autentico trattato sulla reclusione. La vita infatti si svolge in una serie di nascondigli ricavati sottoterra. A Sebastiano fa compagnia forzata lo zio che condivide questa vita di m., come ripete in continuazione.
Il pubblico – aggiunge la Direttrice di Raifiction – ha accolto l’idea di Antonio Albanese di rovesciare la prospettiva sulla mafia, scardinare certi cliché e sprofondarla in un sottomondo dove i criminali vivono segregati, prigionieri delle loro paure e della loro ignoranza, condannati a mettere in scena la caricatura di se stessi.
L’essenza di questo gioiello è nel linguaggio e nella serie di relazioni che si instaura tra i protagonisti. Una fitta rete, immutabile nel tempo, di personaggi: U Stuorto, Nick a Boutique, U Calamaru, Ciccio Ciccio, Cadillaq, Ciccio U Lupu, e così via. Sempre gli stessi a cercare affari non raccomandabili e a nascondersi sottoterra, mai un cambiamento neanche da latitanti.
Stando ai domiciliari per la quarantena, mi è venuto in mente l’impianto della commedia di Albanese ieri, 28 aprile, partecipando al webinar DECRETO LIQUIDITÀ: IL RUOLO DELLE BANCHE DALLA TEORIA ALLA PRATICA della Fondazione CESIFIN di Firenze.
Molto interessante e utile perchè si è focalizzato in modo diretto e chiaro sui problemi, tanti e forse irrisolvibili, dei prestiti liquidità per le imprese varati dal recente decreto legge di aprile. Il giro di tavola ha consentito di dare parola al Direttore dell’ABI e poi a professori di diritto di specialità diverse: diritto bancario, amministrativo, pubblico. Ed allora se prendiamo, ad esempio, il prestito fino a 25.000 euro che dovrebbe interessare una platea potenziale di 3 milioni di imprese con fatturato fino a 100.000 euro (domande pervenute ad oggi 20.000, pari allo 0,7%) possiamo capire come stanno le cose e perchè, ricordandoci proprio dei Topi di Albanese.
Nel contesto di velocizzare le pratiche e rispettare le regole per far arrivare i soldi alle imprese rischiamo una situazione di stallo continuo, come zio Vincenzo che non esce da anni dal suo rifugio. A questo si associa il dilemma liquidità o solvibilità, dilemma da sciogliere di fonte alla richiesta di una impresa per un prestito: è illiquida o insolvente?
Il punto tuttavia sono ulteriori ostacoli, in punto di diritto che ogni interlocutore ha aggiunto a manica larga. Ne indico alcuni: la certificazione antimafia come va fatta, alcuni istituti della legge fallimentare possono chiamare in causa la banca, la compensazione con prestiti preesistenti, l’antiriciclaggio, una serie di misure di diritto societario previste dai decreti che non consentono di leggere la situazione economico patrimoniale del richiedente, e per i prestiti di importo maggiore il ruolo della SACE, per la garanzia prima che la conceda lo Stato, che porrebbe l’organismo pubblico nelle vesti di agente contabile con il rischio di essere chiamato a rispondere per danno erariale, per non parlare delle normative di vigilanza (da riformulare ovviamente).
Mi fermo qui e sicuramente manca qualcosa. Verso la fine del convegno, forse per il timore di non poter concludere con una parola di circostanza, qualcuno ha sollevato il problema che non possiamo continuare così; ma così come?
Con un sistema bancario bancocentrico, al centro del finanziamento delle imprese che riesce a malapena a gestire l’ordinario e che è messo a dura prova dall’attuale fase di emergenza.
Aggiungo a titolo personale, che la nostra macchina operativa nel settore finanziario è da cambiare per almeno tre gravi motivi. Credo che anche la BCE sarebbe d’accordo. La macchina è pericolosissima dopo le tante crisi bancarie; financo crisi di piccole banche hanno innescato danni enormi, poi ripagate dallo Stato. Il sistema bancario non fa impieghi all’economia da almeno 10 anni. L’accumulo di rischio in capo agli stessi soggetti è ormai insostenibile per il nostro sistema produttivo come si sta vedendo con le recenti difficoltà di erogare prestiti pure totalmente garantiti. Non va trascurato, infine, il ruolo sostanzialmente notarile, svolto dalle nostre autorità di controllo nella supervisione di quel che rimane delle nostre banche.
Un pò come ne I Topi abbiamo bisogno di guardare in modo diverso la seriosità del nostro sistema, l’ignoranza dei bisogni della gente. Si cambia anche così sennò avremo per anni la nostra società bloccata nelle mani di zio Vincenzo, Sebastiano, U Stuorto e i suoi amici, a vivere tra i cunicoli e i rifugi sotterranei dei distinguo e delle capziosità. Senza riuscire nemmeno per un attimo a riveder le stelle. Il tempo non può attendere.
L’interessante articolo, illustra in modo chiaro anche il fatto che, in tempo Covid, affiorino i lacci e lacciuoli, orpelli che rallentano ogni tempestività d’azione. Come contraddizioni caratterizzino l’immane burocrazia che pervade ogni angolo della società italiana. Accosto il tutto all’idea di una cassetta da utilizzare in caso di urgente pericolo che, una volta aperta, invece far trovare gli gli attrezzi pratici necessari, offre soltanto una serie di fogli, con indicazioni e spiegazioni di come e dove cercarli, magari utilizzando pure termini tecnici o scritti in lingua straniera. “Povera Italia” cantava il magico Battiato.
[…] Invece di vedere impegnate le migliori menti a dare soluzione ai problemi, si assiste ad uno sfoggio professorale di distinguo, di caveat, di rischi per il banchiere che impediscono il dispiegarsi degli effetti desiderati. Ne è un esempio la dotta discussione tra esperti giuridici di prim’ordine e rappresentanti del massimo livello della professione bancaria che abbiamo commentato nell’articolo di ieri I Topi e il decreto liquidità. […]