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Una bolla finanziaria d’altri tempi.
Le scariche elettriche tra le élite politiche del vecchio continente a cui stiamo assistendo evidenziano l’indifferibile bisogno di solidarietà a livello europeo.
Gli Olandesi, in questa emergenza da pandemia, stanno facendo la voce grossa, forse perché si sentono forti, grazie anche ad una politica fiscale aggressiva. Dovrebbero però aver miglior memoria. È indubbio che danno alle industrie agevolazione fiscali molto allettanti e che non conoscono quasi la burocrazia. Ma la vera ricchezza è ottenuta grazie alla capacità altrui di saper fare industria. Di rovine finanziarie sanno qualcosa anche loro.
Il “denaro non dorme mai” citava il titolo del famoso film di Oliver Stone del 2010, Wall Street. Al centro della loro storia non vi è stato solo il denaro, ma anche un fiore, e non uno qualunque: il tulipano. Si perché la prima storia del capitalismo e del suo rovinoso crack, risale al seicento e avvenne proprio in Olanda. Tulipomania, meglio nota come Bolla dei Tulipani.
Nel 1554 Ferdinando I d’Asburgo, il cui impero comprendeva anche le province olandesi, inviò un ambasciatore alla Corte di Solimano il Magnifico, il quale gli fece conoscere una novità e, per l’epoca, una rarità: i bulbi di tulipano. Solimano, oltre che potente sultano, fu mecenate, poeta e orafo, dando vita al periodo più fecondo dell’impero ottomano.
I bulbi furono importati in Olanda avviando numerose coltivazioni che alla fine del ‘500 erano già considerate uno “status symbol”, una merce di lusso, per l’aristocrazia e la borghesia dei ricchi mercanti. Praticamente nasceva la moda della “Tulipomania”.
Cosa rese tanto prezioso un semplice bulbo di fiore da valere la somma con la quale si poteva comprare un intero palazzo?
Non solo la bellezza della natura, ma la curiosità, lo stupore di non poter prevedere la forma, il colore e la screziatura del fiore che sarebbe nato dal bulbo. Era l’affascinante attrattiva dell’ignoto.
Un virus assassino
La natura attraverso i tulipani rivelava invece una malattia infestante che attaccava la radice del fiore, al tempo sconosciuta. Era il “virus mosaico”, il quale causava particolari screziature di colore, lo rompeva in sottili venature e filigrane, dando al fiore fantasie mai uguali e mai viste fino a quel momento in natura. Il lento ciclo riproduttivo delle piante che ne limitava l’offerta e l’esponenziale crescita della richiesta portarono ad altissimi rialzi di prezzo.
I bulbi dei tulipani divennero presto oggetto di investimento finanziario, le contrattazioni avvenivano in aste private gestite dal mercante Jacob Van Buerse, colui che dette il nome alla Borsa valori di oggi.
La ricchezza e il reddito olandese stava cambiando velocemente, un salario medio/alto era di circa 200 fiorini, il costo di un semplice bulbo era di 3000, ma la rarità prodotta dalla infezione da virus, poteva far toccare al germoglio sotterraneo 12.000 fiorini.
Da sempre l’uomo ha cercato di prevaricare la natura, ma essa ha bisogno dei suoi tempi. La natura non ha fretta, tutto si realizza quando deve realizzarsi. Sarà per questo motivo che in natura non ci sono né ricompense né punizioni; ci sono solo conseguenze.
Questa follia speculativa era stata resa possibile dalla conseguenza della peste che nel 1635, oltre a molti paesi europei, aveva invaso anche i Paesi Bassi. Le difficoltà prima e il ritrovato benessere dopo immisero grande desiderio di tornare alla vita, facendo presto dimenticare i sacrifici sopportati, con un nuovo commercio che esaltava tutti.
I bulbi dei tulipani iniziarono ad essere commercializzati su documenti d’acquisto. Nei fatti non c’erano più i delicati fiori, ma carte che venivano firmate senza bisogno di visionare e valutare fiori e bulbi. La domanda sempre più euforica portò i mercanti a prenotare i bulbi futuri, stipulando contratti con i quali si confermavano i prezzi al momento dell’acquisto. Erano nati così diritti economici sui tulipani ancora da nascere; praticamente un derivato sul tulipano, il quale comprendeva una scommessa al rialzo senza che ve ne fosse reale produzione.
Alla stipula del contratto, veniva pagato un acconto iniziale sul prezzo finale concordato, il saldo avveniva al momento della promessa della consegna.
Si stava creando un immenso domino che andava dal più grande produttore al più piccolo commerciante.
La paura ti porta a guadagnare meno, e il vero speculatore deve combattere tra due istinti. Invece di sperare deve temere; invece di temere deve sperare, diceva Jesse Livermore, economista conosciuto però come uno dei più grandi avventurieri finanziari del XX secolo.
Nessuno però considerava la natura, quella che dava vita ai bulbi screziati.
Alla fine, il virus-mosaico fece quello che generalmente fanno tutti i virus. Uccise tutti i tulipani, dopo solo poche stagioni di fioritura, il sottostante dei contratti finanziari, diremmo oggi. Il virus della avidità umana aveva dal canto suo infettato la testa degli individui.
Il mercato dei tulipani crollò, trascinando con sé grandi e piccoli speculatori. Fu un crack finanziario epocale.
Ci sono altre bolle e altri virus in agguato?
E’ possibile una svolta storica? È possibile che le speculazioni del passato ci possano insegnare qualcosa di importante? L’epidemia di Covid 19 modificherà i nostri comportamenti sociali e il sistema economico globale che, dopo la sconfitta del virus, non potranno essere più come prima?
Quanto saranno grandi questi scompigli sarà da vedere. Incorreremo in una lunga depressione o in una serie di euforie finanziarie? O in entrambe, contemporaneamente? Sul mercato globale di qualche mese fa, le restrizioni imposte dalla Cina sulle esportazioni di Terre Rare, hanno generato il panico, facendo intuire altre speculazioni da scarsità.
La Tulipomania, ci ha dimostrato che fu lo sfruttamento di un virus della natura a mettere in ginocchio una nazione e tutta la sua ricchezza, la pandemia che stiamo vivendo ci insegna che nulla può essere tenuto sotto controllo.
L’offerta e la domanda dei preziosi elementi della natura, è l’eterna battaglia degli uomini tra di loro e con l’ambiente nel quale abitano. Deng Xiaoping nel 1992, disse : “Il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le Terre Rare”. Praticamente la Tulipomania si è solo spostata geograficamente e merceologicamente.
Questa viene chiamata la “maledizione delle risorse”; secondo la quale un paese ricco di materie prime non rinnovabili tende ad avere nel tempo una minore crescita economica rispetto ad un paese con meno risorse. La possibilità di evitare la maledizione delle risorse sta nel costruire un governo solido e trasparente nelle pratiche commerciali effettuate. La scelta di un’efficace diversificazione economica e di una politica volta a migliorare le condizioni di vita dei propri abitanti, nel rispetto dei diritti umani e dell’ambiente nel quale essi vivono, può aiutare.
Probabilmente questa crisi economica globale porterà un rallentamento della domanda complessiva di materie prime e dei prodotti finiti, ma potrà dare l’opportunità di un clima cooperativo con l’obiettivo di stabilire un quadro strutturale di lungo periodo per fissare le condizioni di mercato e di prezzo delle risorse naturali, delle energie rinnovabili e tecnologie alternative.
Le terre rare in questo senso sono il nodo gordiano del quale occuparsi.
Un nodo che prima o poi doveva vedere la luce, visto che Europa e USA sono anni che si rimbalzano a vicenda il problema da affrontare.
Nel 2002, la miniera di Mountain Pass, in California fu chiusa per ragioni ambientali, ed anche perché i prezzi che non rendevano più conveniente l’attività.
Tre anni dopo, la Unocal, la società proprietaria continuò a condurre certe proprie operazioni come Union Oil Company of California: Chevron. Nel 2008 la Chevron vendette definitivamente le attività a Molycorp Minerals LLC, che nel 2016 dichiarò fallimento. Da quel momento la Cina, divenne il gigante mondiale di Terre Rare.
Alla ricerca di nuovi equilibri
Non fu previsto in Occidente che la veloce crescita economica cinese degli ultimi anni, il miglioramento della qualità di vita, avrebbero dato l’accesso a beni tecnologici costruiti grazie alle terre rare, portando ad aumentare in modo sempre più significativo la domanda interna e riducendo drasticamente le loro esportazioni.
La Cina è arrivata a dominare il mercato perché è stata in grado di estrarre con procedimenti più economici e vincoli ambientali quasi inesistenti rispetto ai concorrenti, il neodimio, il disprosio ed il terbio che sono i protagonisti principali della tecnologia impiegata in tutti i settori energetici e in quelli militari più all’avanguardia.
Forse è arrivato il momento di sciogliere i nodi, forse potremmo veramente rivoluzionare il concetto di “tecnologia verde”, permettendo a questa espressione di assumere concretezza, cessando di oscillare come un pendolo tra utopia e realtà. L’economia circolare ce ne dà una grande e obbligata opportunità.
Grazie al riciclo delle terre rare recuperabili da diversi prodotti, cioè dal trattamento dei cosiddetti RAEE (Rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche) si può ridurre l’impatto ambientale, e se la sfida del futuro è nello sviluppo della green technology, l’azione del riutilizzo diviene fondamentale per gli equilibri internazionali delle ricchezze, del potere e degli stati di pace. Una geopolitica rivisitata attraverso una gestione intelligente di recupero di questi elementi dovrebbe scongiurare comportamenti opportunistici o bolle speculative. Potrà nascere una nuova economia reale e non finanziaria.
Gli equilibri socio-economici-ambientali dovrebbero dunque scongiurare gli esiti che le terre rare assomiglino ai tulipani, il “fiore che fece impazzire gli uomini”.
La quarantena ci ha dato la certezza che ognuno, in ogni campo, dipende dai comportamenti degli altri e quindi anche le rivoluzioni pacifiche a vantaggio dei più non dovrebbero essere più un’utopia. Chi vivrà, vedrà.
Articolo che fa pensare per i tanti quesiti che pone, la speculazione sempre in agguato e descritta benissimo per i tulipani, la maledizione del vincitore per le terre rare, la nostra pandemia quotidiana che ci assale. Non ho risposte ovviamente. Spesso ripenso al Dialogo tra la Natura e un Islandese di Leopardi. Lo trovo attualissimo perché fa capire che noi e la Natura siamo due mondi distanti e la Natura ci presenta periodicamente il conto perché è totalmente disinteressata a noi. Pensa a sè e non certo a noi.Quindi sarebbe di buon senso per noi piccoli e avidi umanoidi essere più attenti a quel che facciamo. Eh si che di batoste ne abbiamo ben prese ma non impariamo mai.
Gentile Elena,
mi piace la narrazione della maledizione delle risorse rare (paradosso dell’abbondanza) “immaginario” ma appartenente alla vita reale, con il quale vuole illustrare un insegnamento morale. Continuiamo a parlare di un argomento senza mai arrivare al dunque, oppure cerchiamo di cambiare discorso per evitare un argomento sgradito.
Pensate che il secolo d’oro (Gouden eeuw; /’xʌʊ̯dən e:w/ in olandese) è un periodo nella storia dei Paesi Bassi, nei secoli XVII e XVIII gli olandesi erano la nazione europea più ricca economicamente che gli derivava dal commercio degli schiavi (con 10 000 navi negriere in porto).
Diciamo le cose come stanno: anche se vantano un settore agricolo tra i più sviluppati, infatti, è il secondo paese al mondo per esportazione di prodotti alimentari, primeggiando nell’export di alcuni prodotti agricoli pomodori, peperoni e cetrioli “pur non vedendo quasi mai l’estate”. È il primo esportatore al mondo di fiori e bulbi. La pia illusione della calura estiva dura il tempo di una settimana. Sette, o forse dieci giorni tutti di seguito, in cui l’Olanda raggiunge improvvisamente temperature di 30°C. La cosa strana è che a giugno e luglio si aspettiamo una media di 20 gradi, con punte di 26 al massimo. Ma esiste l’estate in Olanda? Sì, esiste. Un po’ per il buco dell’ozono, un po’ per i cambiamenti climatici. Così, ci si ritrova a passare dal vestito estivo agli stivali, dalla sera alla mattina.
Concordo, indipendentemente da questa emergenza da pandemia il giudizio negativo sugli Olandesi “che assumono per partito preso le opinioni e gli atteggiamenti contrari a quelli della maggioranza “bastian contrario”, e oltre tutto, danno alle industrie “altrui” agevolazione fiscali molto allettanti. Ma la vera ricchezza è ottenuta grazie alla capacità altrui di saper fare industria, giustamente come gli ha ricordato lei.