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Fine di una eccellenza?
L’ottimo e drammatico articolo delle due giornaliste del Corriere della Sera Gabanelli e Ravizza sul disastro della sanità lombarda e la notizia dell’aumento dello spread a 230 hanno la data di oggi, 15 aprile 2020.
Segnano un importante parallelismo tra spiaggiamento del sistema sanitario e della nostra classe politica. Perché meravigliarsi? La sanità è la priorità più nobile delle tante scelte politiche che si possono fare. Inutile anche soffermarcisi. Lo Stato moderno nasce nel momento in cui si prende cura della salute dei propri cittadini. Basti pensare alla scelleratezza di alcune politiche in altre parti del pianeta che portano, ad esempio, l’intero continente africano a disporre di appena 5000 terapie intensive in tutto, mentre in occidente ve ne sono 5000 per milione di abitanti. In Africa, quindi, non vale neanche la pena di preoccuparsi. Se vi arriva il virus, si morirà come mosche.
Tornando alla nostra situazione, per la corrispondenza d’amorosi/interessati sensi che sussiste tra politica e sanità pare di assistere a un suicidio in due atti, entrambi molto tragici. La causa dei due gesti inconsulti è l’incapacità di governare che porta a distruggere in contemporanea sanità e governo, diciamo pro tempore perché da noi i governi non durano mai un’intera legislatura (in dieci anni sette d’ogni colorazione).
L’articolo del Corriere fa piazza pulita di mezze verità timidamente sussurrate, di ritualità televisive quotidiane che stancamente ci aggiornano sulla triste contabilità dei morti e dei contagiati. Il dissesto, impensabile, del sistema sanitario lombardo chiama in causa i vertici della Regione, non certo medici e personale sanitario, da elogiare per l’assoluta abnegazione. La dimensione del disastro è visibile anche nelle sue propaggini, cioè presso le strutture che ormai hanno nomi sinistri: le RSA – Residenze sanitarie assistite. Introdotte per la prima volta negli anni novanta proprio in Lombardia evocano ricordi di mazzette e tangenti, oltre che l’obiettivo del prendersi cura di vecchietti e lungodegenti.
Nord e Sud
All’analisi lucidissima del Corriere vorremmo però aggiungere un altro aspetto. La débâcle lombarda è simile al deragliamento di un locomotore che trascina con sé gli altri vagoni, cioè gran parte delle regioni che si erano avvinghiate ai servizi sanitari, soprattutto oncologici, del milanese. Centinaia di milioni spesi ogni anno dalle regioni meridionali per pagare cure ai propri cittadini in strutture sanitarie settentrionali, rinunciando a costruire un po’ alla volta le proprie entità di cura.
Un’assurdità economica e logistica e una ferita assoluta al principio di un sistema nazionale unico ed universale, che vuole che il cittadino possa accedere a gran parte delle cure nel luogo di vita. Esso, in molte aree del Paese, garantisce invece solo una parte delle prestazioni. Per curarsi veramente per la gente del Sud c’è soltanto il Nord!
Questo è l’effetto di una situazione alimentata da anni, che oggi si misura con lo sfascio della sanità pubblica di base (debole al Nord come al Sud) e specialistica (privata e carissima al Nord). Questo è lo scambio nefasto tra politica e sanità. Responsabilità centrali e regionali si sprecano. Dalla mancata programmazione degli organici del personale medico e paramedico, alla chiusura di ospedali, dalla assenza di dotazioni, alle spese degli appalti sanitari senza controllo (il costo della siringa, avete presente?).
Si tagliava il più possibile e nel contempo si sprecava il più possibile. L’importante era che il patto di stabilità, austero cerbero, lasciasse sempre qualche manciata di miliardi per spese clientelari da distribuire ai sudditi sotto forme diverse.
Passata l’epidemia, la nostra sanità sarà da ricostruire ovunque e non si sa con quali risorse, visto che non vogliamo accedere al Fondo Salva Stati, come si dirà fra poco.
Il naufragio della politica
A quanto sopra, si associa in modo quasi speculare il naufragio non tanto del Governo Conte bis, in parte prevedibile, ma del sogno italiano di potercela cavare ad ogni costo con qualche artificio da ultima spiaggia.
Tanto, male che vada, andremo a bussare alla porta di un Salvator Mundi che miracolisticamente ci terrà a galla.
Intanto ci accapigliamo come comari dentro e fuori il governo, quando sono disponibili decine di miliardi per la spesa sanitaria diretta e indiretta.
La politica italiana ha dunque al proprio interno la capacità di distruggere i governi, cioè se stessa. E questo accade perché sono governi deboli, di coalizione che non hanno la legittimazione popolare del voto. Chi governa non ha un mandato popolare, ma si basa su contratti posticci che valgono solo per rendere presentabile una squadra, che si sa essere, appena nominata, di dubbia durata.
Fine della storia! Con la pandemia si chiude una pagina tristissima della storia politica e sanitaria. Un suicidio che abbiamo preparato negli anni e commesso con spietata scelleratezza. Restano i cocci, la polvere che le mani dei vivi cercano nel deserto che è diventata la nostra società, ricordandoci di Ungaretti. Ma non è ancora tutto.
La soluzione
Si farà avanti un ex banchiere centrale che per il bene di tutti si impossesserà della cosa pubblica, sì, proprio così si impossesserà, perché nessuno lo ha mai votato nè penserebbe giammai di votarlo. Darà un giro di vite, tanto per svolgere il suo mandato da uomo della provvidenza, ma senza soluzioni strutturali!
Noi abbiamo bisogno di medici, di industriali, di ingegneri, di economisti, di amministratori pubblici con visione e senso di responsabilità, di tutti costoro abbiamo bisogno, tranne che di ex banchieri centrali! Quando lo capiremo per il benessere della nostra società e della nostra democrazia?