Tempo di lettura: 3’. Leggibilità ***.
Gottfried Wilhelm von Leibnitz, tedesco vissuto tra seicento e settecento, è stato filosofo, matematico, scienziato, logico, teologo, linguista, diplomatico, giurista, storico. Inoltre è considerato precursore dell’informatica, della neuroinformatica e del calcolo automatico (inventò una calcolatrice meccanica detta Macchina di Leibniz); alcuni ambiti della sua filosofia aprirono addirittura alla dimensione dell’inconscio che Sigmund Freud esplorerà nel XX^ secolo.
Insomma, la sua applicazione a tante discipline del sapere ne rende l’opera vastissima e studiata ancor oggi. In altre parole, Leibnitz è tra i massimi esponenti del pensiero occidentale, se non addirittura un “genio universale”.
Ma anche Leibnitz ebbe i suoi detrattori, che circoscrissero l’importanza della sua filosofia. Il principale fu Voltaire, che nel celebre pamphlet Candido o l’Ottimismo, sbeffeggiò la sua visione del mondo. Il bersaglio fu la concezione del tedesco, secondo la quale viviamo nel migliore dei mondi possibili. Il francese confutò la tesi mediante sarcasmi, ironie e paradossi, citando le disavventure che avevano colpito Candido, nonostante le teorie ottimistiche del professor Pangloss. Possiamo dire che la razionalità illuminista sia un lascito culturale più profondo e duraturo della metafisica di Leibnitz.
Eppure vi è un luogo rimasto convintamente leibniziano. E’ il Paese della autoreferenzialità. Apodittica, deduttiva, non contestabile, in quanto promanante dalle sue stesse autorità.
Allora ecco che i più prestigiosi esponenti del settore ci raccontano di un Paese che ha le banche più solide del mondo e la vigilanza creditizia più efficace. I fallimenti bancari ci hanno purtroppo raccontato un’altra storia e le ferite di risparmiatori e contribuenti non sono ancora chiuse.
Oppure ci dicono che siamo una realtà piena di eccellenze nel campo della ricerca che il mondo ci invidia. Siamo stati i primi a isolare il virus, hanno gridato i media! Non è stato proprio così. Anche altri lo hanno fatto con i nostri stessi tempi. Nel contempo importanti virologi di famosi centri di ricerca e ospedali specialistici si sono detti a lungo convinti che trattavasi di normale influenza. Non è stato purtroppo così!
Da ultimo, con la pandemia in crescita, ci siamo autocertificati che il nostro sistema sanitario rappresentava una eccellenza mondiale e che gli altri paesi elogiavano il modo con il quale avevamo affrontato l’emergenza, venendo a copiarci le varie iniziative.
Eppure il virus, arrivatoci dall’Oriente o dalla vicina Germania, oramai conta poco saperlo, sembra che si sia propagato soprattutto tramite le strutture ospedaliere e i centri di assistenza degli anziani. Carenze di dotazioni sanitarie e confusione di indirizzi gestionali potrebbero essere cause non secondarie dei nostri ventimila morti ufficiali. La magistratura, come la civetta di Hegel, è già all’opera per la verità.
Nei prossimi giorni ingaggeremo, armi in resta, l’ultima tenzone europea, nella quale facciamo trasparire con cauto ottimismo che saremo vincitori, essendo le nostre rivendicazioni irrefutabilmente nel giusto. E non v’è dubbio che le cose giuste appartengano al migliore dei mondi possibili. Intanto però ci siamo già trovati una giustificazione, se torneremo con le pive nel sacco. Sarà stata colpa di una minoranza cattiva e disfattista.
Nessuno, si grida a gran voce, può costringerci a infamanti compromessi! I quali nel caso di specie ammonterebbero alla bella somma di almeno 34 miliardi di euro, da indirizzare alla nostra debole sanità, concessi dal Fondo Salva Stati senza condizioni, salvo l’obbligo della restituzione. Mica poco come aiuto condiviso!
Noi invece preferiamo innalzare sull’altare dell’eroismo medici e infermieri, dopo averli esposti ai massimi rischi, piuttosto che abbassarci ad accettare risorse finanziarie in grado di farci recuperare il disastro della sanità.
Siamo il Paese più orgoglioso del mondo, perché, lo ripetiamo senza sosta, il mondo ci deve i nostri assoluti primati artistici e culturali! Cioè, senza di noi, il pianeta non sarebbe il migliore dei mondi possibili.
Potremmo fare altri esempi, imitando la dialettica a’ la Voltaire, con l’elenco delle infrastrutture cadenti, delle città male amministrate, delle regioni in conflitto con lo stato, dei sistemi scolastici evanescenti, delle organizzazioni malavitose, della scarsa predisposizione al pagamento delle tasse.
Sia chiaro! Noi non intendiamo denigrare il paese dove viviamo.
Vogliamo sommessamente chiedere che i suoi rappresentanti si rendano meno spacconi, prendendo atto delle nostre incongruenze e delle loro inadeguatezze.
Perché se è certo che non sarà un atteggiamento propagandistico più prudente a porre concretamente rimedio ai nostri deficit, almeno non continueremo a raccontarci balle! E a vantarci di quello che non siamo.
In filosofia, alla metafisica noi preferiamo, senza ombra di dubbio, illuminismo e pragmatismo.
“Vuoi essere grande? Comincia con l’essere piccolo. Vuoi erigere un edificio che arrivi al cielo? Costruisci prima le fondamenta dell’umiltà”. E’ un suggerimento di Sant’Agostino citato in un articolo scritto da Luca D’Elia, intitolato “Ripartiamo dall’umiltà, valore che spinge alla curiosità e alla crescita” (https://www.centodieci.it/2017/10/importanza-dell-umilta-valore-di-crescita/), che rafforza ancor di più i contenuti dello scritto del duo Corsini-Coppola.