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L’Italia, la Germania e la Spagnola

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Tempo di lettura: 3’. Leggibilità ***.

Tragedie e canzoni.

L’andamento degli ultimi dati mostrano che la Spagna tende a superare il nostro Paese per numero di contagiati ufficiali, raggiungendo il per nulla ambito primato di prima nazione in Europa per malati da coronavirus.

Eppure la pandemia diffusasi un secolo fa, che provocò nel periodo 1918-1920 milioni di morti nel mondo, è passata alla storia come Spagnola solo perché la sua esistenza fu riportata per prima dai giornali spagnoli. La nazione iberica non aveva preso parte alla prima guerra mondiale e la sua stampa non era soggetta a censura, come avveniva invece nei paesi belligeranti, i cui mezzi d’informazione riportavano notizie sull’epidemia come circoscritta a quel Paese. Insomma, un esempio di gestione della comunicazione d’epoca, come dimostra l’infondata formulazione evocativa di una nazione in cui per prima è circolata la notizia e non l’epidemia.

Qualche anno prima (1906) un musicista napoletano (V. Di Chiara) aveva scritto un ben altro riferimento alla Spagna in quello che sarà il suo maggior successo intitolato per l’appunto La Spagnola, dal contenuto finemente maliziosoispirato dal fascino femminile iberico. Gli espliciti riferimenti sensuali della canzone (“Stretti stretti nell’estasi d’amor/la spagnola sa amar così, bocca a bocca la notte è il dì”) richiamano comportamenti che, in epoca di distanziamento sociale, sono impraticabili, non moralmente, ma ex lege.

Sussidi impliciti 

Oggi il legame del Belpaese con la Spagna si ripropone con forza sul piano politico. Insieme ad altri popoli calienti, come i cugini francesi, i portoghesi, i greci etc., richiamano i partner europei sulla necessità di comportamenti solidali e unitari (ovvero “stretti stretti” pur senza “estasi d’amor”) per fronteggiare i disastrosi effetti economici e sociali del virus.

Gli algidi paesi nordici, capitanati dalla Germania, sono però riluttanti e mantengono le distanze. Qualche osservatore ci fornisce le spiegazioni “razionali” di questo atteggiamento: in estrema sintesi l’emissione condivisa di titoli (“Coronabond”) o l’utilizzo senza condizionalità del capitale del Mes (“Fondo salvastati”) per prendere a prestito fondi sul mercato comporterebbe il pagamento di tassi di interessi più bassi per i paesi molto indebitati come l’Italia e più alto per le nazioni nordiche come la Germania.  “Si tratterebbe di un sussidio implicito ai Paesi mediterranei” da parte di quelli nordici ovvero di “sogni che si scontrano con la realtà”(così R. Perotti su Repubblica del 29 marzo 2020).

Un nuovo, ingombrante cittadino

Qui si vuole solo sommessamente ricordare che il virus non fa distinzioni in base a nazionalità, ricchezza o indebitamento, sia esso individuale o collettivo. Il virus e’ diventato il primo cittadino europeo, che applica a pieno titolo il Trattato di Shengen sulla libera circolazione. Anzi è diventato il primo cittadino universale. Apolide, Anarchico, Assoluto.

Ciò comporta come è noto uno shock economico simmetrico che investe i diversi membri dell’Unione Europea e non solo. In questo caso la Banca Centrale Europea ha avviato un’azione di politica monetaria apprezzata dagli osservatori (a parte l’incertezza comunicativa iniziale), la cui efficacia nasce proprio dal fatto che in materia monetaria, di competenza di un’unica Autorità, la cooperazione è istituzionalizzata. Ma è la solita questione del rapporto tra politica monetaria e politica fiscale. Con la prima non si può tutto. È risaputo.

Per questo motivo, la risposta in termini di iniziative di politica economica non può che essere anch’essa simmetrica e coordinata, pena effetti “asimmetrici” per i diversi Paesi membri e, comunque, alla lunga egualmente e “simmetricamente” dannosi per tutti.

Tolleranza sì, ma condizionata 

Siamo certi che la questione si risolverà con qualche negoziato, che possa far annunciare ad entrambi i gruppi di contendenti di aver ottenuto ciò che volevano. Vale a dire che a noi e ai nostri cugini qualche tolleranza sarà concessa. Lo ha fatto capire anche Klaus Regling, Managing Director allo SME, in questa intervista rilasciata al Financial Times dopo quella di Draghi.

È da leggere per gli interessanti riferimenti alle organizzazioni, alle procedure e ai mezzi finanziari già in condivisione messi in piedi dall’Europa durante questi anni, per le azioni possibili a vantaggio di tutti.

Facilitazioni più o meno corpose che otterrà l’Europa del Sud, su un punto ci dobbiamo fin da subito convincere, fa capire Regling.

Che noi, che soffriamo del virus cronico del debito pubblico, ci troveremo molto più indebitati di prima e che, pur con qualche beneficio, dovremo caricarci da soli questo peso. A ognuno i suoi Corona bonds, insomma. Nessuno si presterà a farci da buon cireneo, aiutandoci a portare le nostre colpevoli croci finanziarie. E ciò, pur essendo appena cominciata la settimana di Pasqua.

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